07 agosto 2000

Post Scriptum: la nuova norma del 5 luglio

 
Le recenti vicende legislative mi costringono a tornare, a distanza di qualche giorno, sull’argomento della gestione dei musei...

di

Questa aggiunta è d’obbligo, dato che le nuove direttive sembrano quasi interpretare alcune delle istanze che in quell’articolo ebbi a esprimere; e ciò senza la presunzione di aver avuto alcun merito di preveggenza, dato che l’argomento è di schietta attualità e motivo di acceso dibattito. Semmai è da rilevare con moderata soddisfazione che la politica culturale dei piccoli passi, seppur rischiando di aumentare il gap che l’Italia paga nei confronti degli Stati più all’avanguardia, sembra stia riuscendo a rimettere in moto una macchina ferma da troppo tempo.
Il Sole 24 Ore del 9/7/2000 ha pubblicato un intervento del Ministro Melandri che rende conto dell’approvazione al Senato, il 5 luglio scorso, di una norma connessa alla Finanziaria 2000. Tale norma “stabilisce che le erogazioni liberali in favore delle istituzioni culturali possano essere dedotte dall’imponibile”. Come sottolinea il Ministro, si tratta di “un primo significativo segnale che va nel senso del rafforzamento dei canali di finanziamento indiretto alla cultura nel nostro Paese”.
Il cambio di rotta, rispetto alla cultura del finanziamento pubblico a tutti i costi, verso una concreta politica a favore del finanziamento privato, è evidente. Ma è anche un principio di fondo che muta con la presa di coscienza che, almeno nel mondo moderno, utopica e fallimentare è l’idea che la purezza e l’appartenenza alla collettività del patrimonio culturale nazionale non possa in alcun modo coniugarsi con le politiche di promozione commerciale delle imprese. L’auspicio è che, almeno questa volta, l’Italia sappia, con un occhio agli indirizzi culturali dei più aggiornati paesi europei (Germania) ed extraeuropei (U.S.A.), inaugurare una strada nuova nel campo della gestione dei beni culturali, facendo leva sulle storiche, straordinarie potenzialità di cui dispone sul territorio, mai compiutamente valorizzate.
Ancora il Ministro: “Nel merito, sono due le novità introdotte che vanno incontro alle esigenze più volte manifestate dal mondo delle imprese nei confronti della cultura. Fino a oggi, le spese per sponsorizzazioni (se ritenute tali) erano deducibili con un regime diverso e migliore di quello ammesso per le erogazioni liberali. Con la nuova norma, questa incertezza viene superata: le imprese potranno ottenere lo stesso trattamento fiscale sia per una sponsorizzazione vera e propria sia per un’azione di mecenatismo, a condizione che non sia una forma surrettizia di pubblicità per singoli marchi o prodotti, ma abbia unicamente una ricaduta di immagine per l’opera di “responsabilità sociale” svolta a sostegno della cultura”.
Riguardo a questa prima parte dell’intervento del Ministro appare evidente il salto di qualità rispetto al passato, mentre lascia una qualche perplessità l’ultima annotazione che concerne la sottile distinzione tra “pubblicità” e “ricaduta di immagine”; si ritiene infatti abbastanza velleitario credere di vigilare coerentemente e continuativamente affinché i limiti citati siano rispettati, se non altro per l’esile linea di confine che divide le competenze di uno o dell’altro dei termini di questo bisticcio verbale. Piuttosto il timore viene dalla possibilità che questa clausola diventi uno dei soliti cavilli burocratici che hanno finora scoraggiato i finanziatori privati. Forse sarebbe stato il caso di disciplinare con maggior rigore quest’aspetto, impedendo, di fatto, la nascita di equivoci che potrebbero fare il gioco di chi spesso, da questi cavilli, ha saputo trarre vantaggio, da una parte e dall’altra, a discapito dell’equità di trattamento.
Continuando nella citazione dell’intervento del Ministro Melandri, “la seconda novità riguarda l’applicazione della deducibilità dai costi d’impresa a molte più attività di quelle precedentemente riconosciute. Con il termine “progetto culturale”, il Governo intende, infatti, incentivare l’intervento delle imprese non solo in singoli interventi isolati (ad esempio restauri), ma anche a sostegno di attività continuative promosse da istituzioni culturali riconosciute (cartelloni teatrali o intere stagioni espositive eccetera). Le istituzioni culturali, pubbliche e private, potranno così – se sapranno muoversi correttamente nella nuova logica di organizzazione per “progetti” – trovare numerose fonti di finanziamento. Insieme a questo nuovo tipo di mecenatismo, associato all’immagine complessiva dell’impresa e non al singolo evento promozionale, non va comunque dimenticata un’altra importante risorsa per la cultura: le Fondazioni ex bancarie.
Sfruttando appieno questi strumenti, potremo avvicinarci sempre di più a un modello di funzionamento delle istituzioni culturali sulla diversificazione e sull’ottimizzazione delle fonti di finanziamento: dalla vendita dei servizi al pubblico al finanziamento statale, dal mecenatismo “volontario” delle imprese a quello “obbligato” delle Fondazioni ex bancarie; o ancora dalle sponsorizzazioni tradizionali ai finanziamenti degli enti locali o dalle altre istituzioni dello Stato (per coproduzioni, ovvero per lo sfruttamento dell’utilizzo dei contenuti sulle diverse reti di comunicazione)”
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La conclusione del Ministro sulle novità introdotte dalla decisione del Senato è, sulla carta, un’ottima dichiarazione di volontà fatta sulla base della decisione legislativa. Il pensiero, infatti, manifesta il desiderio che quanto stabilito sia soprattutto di stimolo alle imprese per considerare la cultura come una reale opportunità di investimento, specie nell’ottica aziendale di una programmazione strutturata in un arco di tempo che superi il singolo evento, rivolta a progetti collaborativi duraturi. L’opportunità di poter realizzare progetti di collaborazione pluriennale garantisce non solo la possibilità di superare certi ostacoli che condizionano in particolar modo le amministrazioni locali, troppo spesso limitate nel loro intervento dalle scadenze elettorali, ma invita anche le imprese a pianificare le proprie strategie promozionali, ottimizzando le risorse. Va da sé che questo genere di rapporto stabilisce che un procedere metodico e rigoroso nel perseguimento di obiettivi, standard qualitativi, tempi previsti, ecc., dovrà essere trasmessa dalle imprese ai soggetti che sono chiamati a realizzare e a dirigere i progetti culturali: solo così si può immaginare una vera comunione di intenti e risultati.

Alfredo Sigolo

[exibart]

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