28 giugno 2003

Arte e architettura, ancora dibattiti sulla sistemazione dell’Ara Pacis a Roma

 

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Si è svolto pochi giorni fa a Roma la presentazione del volume Arte architettura città, forum progetti e altro a cura di Manuela Crescentini, Enrico Crispolti e Paola Rossi. La pubblicazione per i tipi di Prospettive accoglie trentotto proposte di artisti ed architetti coordinati da critici per la sistemazione della piazza e del mausoleo di Augusto. Interventi suggeriti al ridosso dell’annosa questione della sistemazione dell’Ara Pacis affidata a Richard Maier ma, soprattutto, riconfermanti la volontà di allineamento e congiunzione d’intenti tra artisti plastico visivi ed architetti.

I lavori vanno da vere e proprie ri organizzazioni dello spazio urbano a delle complesse manipolazioni del singolo manufatto archeologico senza tralasciare l’aspetto apparentemente simbolico dei cilindri concentrici, che nel suo aspetto attuale è stato lo scenario delle disseminazioni installative di Fausto Delle Chiaie come ci ricorda l’artista Mauro Folci in un intelligente ed anomalo intervento.
Il rudere, il suo isolamento in epoca fascista ha sollevato il problema della valorizzazione tramite intervento di artisti contemporanei e così, in un viaggio che muove dal 1999, l’Archivio Arte Contemporanea Crispolti e L’Ordine degli Architetti della Provincia di Roma hanno fornito l’argomento di riflessione critica sul non facile rapporto tra un patrimonio antico e la produzione artistica recente.
Quando studiavo alla Facoltà di Conservazione di Beni Culturali di Viterbo quest’argomento era all’ordine del giorno e l’insegnamento della Storia del Restauro del compianto e bravissimo Michele Cordaro ci apriva ad argomentazioni teoriche includenti anche l’assetto urbanistico. Allo spostamento minimo del restauro si oppone lo spostamento massimo della re – invenzione di un contesto urbano, così come è stato negli anni Trenta per l’Ara Pacis tanto che la demolizione di quegli anni, oltre ad aprire una vacuità fisica nel tessuto della Capitale, ha centralizzato il rudere cilindrico dell’Augusteo come se fosse il perno di un’articolazione apparentemente assente ma, in verità, pre – esistente nel tracciato urbano romano e confutabile attraverso emergenze ancora visibili. In definitiva la “non piazza” fascista sembra contenere le risonanze concentriche del rudere. Il cilindro romano, sotto l’afa estiva m’è parsa la stanca effige di un problema annoso di onuste stratificazioni non solo architettoniche ma burocratiche che affliggono la Città Eterna, che proprio per questa caratteristica riflessiva di eternità rischiano di rimanere irrisolte. L’asse architetto – artista è quindi lecito che si muova autonomamente ed agevolmente seguendo, a mio avviso, con discrezione la natura del manufatto archeologico che non è solamente un contenitore di memoria, “è” la memoria. (marcello carriero)

[exibart]

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