06 aprile 2013

Dai multipli low cost al design che fa tutto esaurito. Ecco uno sguardo su Milano, all’inizio del suo week end dell’arte, fuori dalla fiera

 

di

Folla in Triennale, per l'opening de -La Sindrome dell'influenza-

Stasera il tramonto su Milano è stato insolitamente roseo, primaverile, dopo una giornata piovosa che ha contribuito a portare a miart un pubblico davvero ampio per essere “solo” un venerdì. E in città? Cosa bolle in pentola in occasione di questa fiera e nel preludio di quello che è il salone del Mobile? Per cominciare ufficialmente il week end dell’arte vi segnaliamo tre iniziative, molto diverse tra loro. Per cominciare andiamo da Rossana Ciocca, nella sua nuova casa-galleria, dove ha deciso di inaugurare una nuova serie di appuntamenti molto particolari “A ciascuno il suo” è il titolo di una serie di presentazioni – e vendita- di multipli d’artista. Il prezzo delle opere a tiratura illimitata e firmate dai vari creativi solo in occasione di questi tre giorni (anche domani e domenica) di “opening”? Cinquanta euro. Roba da far impallidire tutte le Affordable Art Fair del mondo, con un progetto che allo stesso tempo invita al collezionismo per tutte le tasche, e stavolta per davvero, proponendo però un oggetto dal valore d’arte e non “artistico”. Si comincia con Arianna Vanini e i suoi I numeri sono poetici. Ci sono poi due mostre, invece, che a modo loro muovono, in maniera senz’altro differente, la loro nascita dal progetto. Si tratta de La sindrome dell’influenza, alla Triennale, ovvero il sesto progetto del Design Museum, presentato in mattinata e che poche ore fa ha fatto registrare un pienone degno dei migliori tempi, con lo scalone d’accesso al primo piano dell’istituzione milanese completamente stipato di pubblico in fila.
Per conoscere come il progetto italiano abbia avuto la capacità di leggere sollecitazioni di diverso tempo, in un percorso tutto site specific, dove gli allievi hanno dialogato con i Maestri, e una menzione speciale non può che andare al confronto Paolo Ulian, in relazione con Vico Magistretti, in una sala, tra le dieci, di impalpabile bellezza. E dall’utilizzo di materiali industriali e di una forza evocativa senza pari, con riferimenti allo Spazialismo di Fontana o, in maniera completamente algida alle Plastiche di Aberto Burri, i lavoro del giovane tedesco Nikolas Gambaroff al suo primo show italiano da Giò Marconi, Quality Interiors, che dedica all’artista tutto il primo piano della galleria. Peccato per il fantomatico dialogo con i manichini di Nina Yashar, amica e collega di Gambaroff, alle cui figure si imputa una funzione doppia sia di spettatore sia di entità osservate, anche rispetto al sistema dell’arte e ai suoi stilemi. I manichini si osservano, questo è vero, ma più che altro per la loro capacità di distogliere l’attenzione da una sala “di ghiaccio” ma non per questo fredda, anzi, ancora più affascinante. Intuizione geniale o meno, forse al termine di questa notte del week end dell’arte milanese, non è così importante. Perché le termoplastiche di Gambaroff riscrivono  Moderno e Contemporaneo, perché aprono un mondo poetico attraverso quel materiale rivoluzionario, nel bene e nel male, che è stata la plastica. E  perché l’arte, a Milano, sembra oggi aver preso un buon passo. Un abbaglio? O forse la più sincera risposta di una città ad un’offerta che rinasce sotto spoglie più intelligenti e vicine al nostro tempo?

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui