10 giugno 2018

Dialoghi al femminile. A Noli, la Chiesa di San Francesco diventa spazio del contemporaneo

 

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Una folla di gente immersa tra fritti di pesce, focaccia e arte contemporanea. Per tre giorni, il via vai che contraddistingue i vicoli dell’antica repubblica marinara di Noli è stato più intenso del solito, movimentato da uno stuolo di esperti intenti a soddisfare ogni curiosità sui fatti e misfatti legati ai temi del contemporaneo. Con l’incursione del festival Dialoghi d’Arte, ideato e diretto da Gloria Bovio, oltre alla buona aria di mare s’è respirata arte contemporanea in libera uscita da schemi istituzionali e che, per un fine settimana, ha invaso in maniera capillare le ambientazioni più pittoresche di una località a vocazione prepotentemente turistica. La cornice perfetta per un evento focalizzato sul rapporto arte/pubblico, spesso sbilanciato e dove il secondo il più delle volte gioca un ruolo da “non protagonista”. 
Sicuramente non sarà così fino alle 23 di questa sera, quando ogni spettatore pronto a varcare la soglia della piccola e preziosa Chiesa di San Francesco verrà impropriamente “messo in mezzo”, immerso tra una schiera di braccia sospese, aperte e libere di incrociarsi nella loro ieraticità non canonizzata, apocrifa, una piena padronanza della gestualità che si fa ancor più simbolica, dato il contesto sacro. 
Collage vivant, installazione mediata tra dimensione fotografica, pittorica e scultorea, è il contributo di Marta Dell’Angelo alla tre giorni rivierasca. L’opera non è nata pensando espressamente a quell’ambiente ma lo sposa perfettamente, perché – come afferma Francesca Pasini, curatrice del progetto – «un’opera se valida sta bene in qualunque spazio la si inserisca». Le braccia di Dell’Angelo «interferiscono col lavoro di Marina Ballo Charmet» commenta Pasini. Nello stesso ambiente – sempre fino alle 23 di oggi – Ballo Charmet entra con un lavoro meno collegato all’architettura come spazio simbolico, più intenzionata a proiettarsi fuori dal luogo-chiesa per abbracciare una condizione emotiva comune a tutte le località di mare: il passaggio dalla notte all’alba sull’acqua. In un quarto d’ora, quasi ipnotico nel riprendere a camera fissa il canale della Giudecca, Le ore blu ratifica gli istanti topici di quest’intersezione utilizzando il mare ed i suoi bagliori come cartina di tornasole; specchio riflesso di una mutazione registrata dal basso, con un punto d’osservazione tanto schiacciato – «quello che potrebbe essere d’un bambino» spiega Pasini – da lasciare solo una sottile striscia d’orizzonte. Una linea di confine minima ma che ancora c’è, quasi a dare forma corroborante a una parte audio pressante tra la contemporaneità delle imbarcazioni in transito, su cui s’installano sonorità ancestrali come lo sciabordio dell’acqua o il verso dei gabbiani. Un racconto molto specifico ma che, più universalmente, si applica a un vissuto quotidiano di cui il borgo in provincia di Savona sa qualcosa. All’esterno, sulla facciata della chiesa, è intervenuta Faiza Butt. Impermanence, intervento installativo curato da Andrea Canziani, è la gigantografia di un’opera sviluppata secondo una prassi tipica dell’artista, crossando tra media, unendo la classicità delle miniature Mughal alla modernità dei pixel fotografici. Butt riflette sulla pertinenza sociale e persistenza delle immagini, il piccolo rifugiato siriano che ha riprodotto è una presenza con cui si entra in contatto senza preavviso. Una figura estratta dalla mischia e non più sottomessa agli sguardi distratti di chi naviga in Internet o guarda la televisione ma icona dominante, in cerca di un contatto mentre a sua volta sovrintende la vita che scorre davanti ai suoi occhi. Dall’alto, sull’ingresso della chiesa, dove resterà fino al 31 dicembre prossimo. (Andrea Rossetti
In home: Marina Ballo Charment, Still frame da Le ore blu – h.5,35’ – 16 agosto 2017, Giudecca 
In alto: Marta dell’Angelo, Collage Vivant, Noli, 2018

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