04 maggio 2019

Houston, abbiamo un problema. L’opera di Trevor Paglen si è persa nella spazio

 

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Un’opera di Trevor Paglen è andata smarrita durante il trasporto solo che, in questo caso, sarà piuttosto difficile ritrovarla, a meno di ipotizzare uno scenario quantomeno fantascientifico, da Interstellar in su. Non si tratta infatti di una semplice tela o di una scultura, visto che stiamo parlando di Orbital Reflector, il pallone aerostatico a forma di diamante, lanciato in orbita il 3 novembre 2018, a bordo di un razzo di Elon Musk, che avrebbe dovuto circumnavigare lo spazio intorno alla Terra per circa tre mesi, prima di rientrare nell’atmosfera e andare incontro al suo bruciante destino. Fatale è stato il government shutdown più lungo del solito, che ha paralizzato le amministrazioni e le agenzie governative degli Stati Uniti, tra le quali anche la NASA e la North American Aerospace Defense Command, che dovevano monitorare gli spostamenti del satellite artistico. 
Il progetto era stato sviluppato da Paglen, in collaborazione con il Nevada Museum of Art, ed era piuttosto ambizioso. Per la realizzazione dell’opera, Paglen aveva iniziato con il raccogliere 76mila dollari su una campagna Kickstarter, coinvolgendo poi il multimilionario Musk e la sua agenzia spaziale, la SpaceX. L’opera, un pallone di polietilene di 30 metri, ricoperto di biossido di titanio e a forma di diamante, sarebbe apparsa come un punto luminoso nella nostra orbita, come una stella nell’Orsa maggiore. 
Diversi astronomi criticarono piuttosto aspramente il progetto, accusando l’artista americano, che già in molte occasioni ha affrontato temi di natura scientifica e fantascientifica e i loro risvolti politici e sociali, di voler riempire lo spazio di immondizia, oltre che di disturbare l’osservazione. Ma il problema dell’interferenza visiva vale per tutti i numerosi satelliti già in orbita e, considerando la natura effimera di Orbital Reflector, l’impatto sarebbe stato più che trascurabile. In quanto all’ipotesi di riempire lo spazio intorno alla Terra di chiassose opere d’arte – peraltro già abbastanza affollato di satelliti militari e di scarti di razzi – non è che spedire una scultura in orbita sia proprio alla portata di tutti. 
Di fatto, come ogni storia pionieristica che si rispetti, la vicenda si è chiusa con una disfatta che, però, non è dipesa da guasti, malfunzionamenti o epici interventi alieni. Bensì, più prosaicamente, dalla procedura di blocco che coinvolge il settore esecutivo, adottata dal sistema politico statunitense quando il Congresso non approva la legge di bilancio, recante il rifinanziamento delle attività amministrative. Cioè il Government Shutdown. «Do la colpa completamente allo Shutdown. Per aprire il pallone, avremmo dovuto coordinarci con la Federal Communications Commission i militari e la NASA, ma la FCC e il settore delle forze armate di cui avevamo bisogno sono stati chiusi. Quindi non c’era letteralmente nessuno che potessimo chiamare», ha commentato amaramente Paglen. 
Con il satellite perso per sempre nelle profondità dello spazio, i sostenitori del progetto Kickstarter hanno almeno ricevuto spille e cartoline. Di certo a Paglen spetterà il record difficile da battere, di opera più distante da una galleria d’arte.

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