04 giugno 2019

Non è Leonardo. La curatrice del Metropolitan contro l’attribuzione del Salvator Mundi

 

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Il cerchio si stringe intorno al Salvator Mundi, che potrebbe passare alla storia non solo come il bluff più costoso al mondo ma anche come casus belli tra musei e case d’asta. L’opera, attribuita a Leonardo Da Vinci, fu battuta all’asta di Christie’s New York nel 2017 per 450 milioni di dollari e, acquistata dal principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, sembrava dover essere destinata al Louvre di Abu Dhabi. Ma, a oggi, se ne sono perse le tracce, rinfocolando il dibattito, per la verità mai sopito, sulla paternità del Genio vinciano. 
Già il Louvre di Parigi aveva specificato che l’opera non sarebbe stata esposta in occasione della grande mostra dedicata al cinquecentenario della morte di Leonardo. Adesso ha preso posizione anche Carmen Bambach, esperta di fama mondiale del maestro del Rinascimento e curatrice della sezione Disegni e stampe rinascimentali al Metropolitan Museum of Art, ribadendo la sua ferma convinzione: l’opera è stata realizzata da Giovanni Antonio Boltraffio. Che, per quanto stimabile esponente del Rinascimento lombardo e tra gli allievi prediletti di Leonardo, non è riuscito a superare il maestro, facendo tristemente scendere la quotazione del dipinto, da 450 milioni di dollari a 1,5.
Nel suo libro su Leonardo, di imminente pubblicazione, Bambach sostiene che il grande artista sarebbe responsabile solo di piccoli ritocchi. Una tesi che la studiosa aveva perorato anche nel 2008, quando fu invitata dalla National Gallery a studiare l’opera che, in seguito, nel 2011, fu esposta nella mostra che il museo londinese dedicò al periodo milanese di Leonardo. In una nota inviata ad Artnet News, la National Gallery ha comunque difeso la scelta, in quanto «è stata un’occasione importante per testare una nuova attribuzione mediante il confronto diretto con opere universalmente accettate come quelle di Leonardo». Qualcuno si sta arrampicando sul proverbiale specchio?
Come se non bastasse, alla voce Salvator Mundi nel catalogo di Christie’s, pubblicato prima della vendita da record, la casa d’aste elencava Bambach tra gli studiosi concordi nell’attribuzione leonardesca. Insomma, un falso nel falso, che ha fatto andare su tutte le furie la studiosa. Di certo Christie’s, per quanto non perseguibile per una eventuale erronea attribuzione dell’opera, non ne esce poi così bene, anche se persevera: «L’attribuzione a Leonardo fu stabilita quasi 10 anni prima della vendita da una giuria di studiosi e fu riconfermata al momento della vendita nel 2017. Riconosciamo che questo dipinto è un argomento di discussione ma anche dopo l’asta nessun nuovo studio ci ha indotto a rivedere la nostra posizione», ha detto un portavoce della casa d’aste. Insomma, loro ne sono convinti, almeno fino al 25 giugno, quando Bambach pubblicherà i quattro volumi di Leonardo da Vinci Rediscovered, editi da Yale University Press che faranno chiarezza una volta per tutte, forse.

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