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Ruins in Reverse è il risultato di una collaborazione curatoriale tra la Tate Modern di Londra e il Museo de Arte MALI di Lima, in Perù. Un percorso espositivo con sei artisti internazionali che debutterà dopo domani, con gli interventi di Pablo Hare, José Carlos Martinat, Haroon Mirza, Eliana Otta, Amalia Pica e dell’artista italiana Rä di Martino che, prendendo in prestito il titolo da Robert Smithson, e dal saggio pubblicato nel 1967 A Tour of the Monuments of Passaic, la mostra esplorerà la dimensione archeologica attuale, dove è offuscata la linea sottile tra realtà e finzione e dove i monumenti storici sono sopraffatti dalle finzioni, dai simulacri -per usare un termine caro agli anni ’90 di Baudrillard- mentre gli oggetti ordinari e i segni che li caratterizzano acquisiscono un significato monumentale. Curata da Flavia Frigieri, assistan curator alla Tate, i lavori saranno un’esplorazione doppia tra i segni delle rovine a Londra e a Lima, come nel caso del lavoro di José Carlos Martinat, mentre Pablo Hare, in Monument, si focalizza sulla proliferazione della nuova statuaria pubblica in Perù, tema affrontato anche da Amalia Pica, in un doppio confronto con l’ubiquità della statuaria equestre attraverso lo studio del trattato di Jean Jacques Rousseau An Education. Eliana Otta invece presenta un sondaggio del declino dell’industria discografica peruviana, stagione d’oro negli anni ’60 e ’70, contrapposti al boom edilizio in corso ora nella capitale. Rifiuti e monumenti-fake legati alla tecnologia per Haroon Mirza, mentre in Star Wars, 2010, Rä di Martino interpreta la parte di un archeologo che scopre i detriti contemporanei del settore cinematografico. I set abbandonati di Star Wars nei deserti del Nord Africa, appaiono ora come un luogo archeologico, un monumento non ufficiale al glorioso passato di Hollywood. Battuto dal vento e dal sole, stilema e tomba di un’epoca.
Attivo dal 2011, il programma dei Project Space alla Tate continuano a presentare tematiche attraverso una serie di collaborazioni con istituzioni culturali di tutto il mondo, riunendo curatori emergenti selezionati dal no-profit Gasworks. E dopo Amman, Lagos, Istanbul, Città del Messico, Varsavia e Il Cairo sarà proprio la volta della partnership con Lima e, in seguito, New Delhi. Per un museo che indichi non solo le tendenze più internazionali del contemporaneo, ma anche la complessità di operare con l’arte in un contesto ampiamente globale.












