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Aveva deciso di “collaborare” con la giustizia, dopo aver nascosto per sessant’anni una delle collezioni più belle d’arte del mondo, trafugate dai musei tedeschi all’epoca del Nazismo. Stiamo parlando di Cornelius Gurlitt, figlio di uno dei più celebri mercanti d’arte sotto il regime, che recentemente aveva firmato un accordo con il governo tedesco che permetteva a quest’ultimo di proseguire le ricerche sulla vera provenienza di oltre 500 opere, tra quelle confiscate lo scorso autunno nella sua casa di Monaco di Baviera. Gurlitt aveva dichiarato che quelle opere, dal valore di circa 850 milioni di dollari, erano la sua unica fonte di piacere, le sue amiche e confidenti, affermando la sua totale innocenza. Per questo motivo e per le precarie condizioni di salute del collezionista, le ricerche avrebbero dovuto concludersi entro un anno, per restituire all’uomo parte della sua raccolta, ovvero i pezzi non “reclamati” dai musei e dai legittimi proprietari. Scherzo del destino, ma nemmeno troppo, non c’è stato tempo: Gurlitt è morto nella sua casa di Monaco di Baviera, a 81 anni. Uomo misterioso e molto schivo, che custodiva nel suo appartamento tedesco e anche in un’altra sua casa a Salisburgo, in Austria, come si era scoperto recentemente, un patrimonio inestimabile, veri e propri capolavori di cui ormai si ignorava l’esistenza. Gurlitt, che viveva come una sorta di homeless, aveva come compagni di stanza Beckmann, Chagall, Dix, Klee, Kokoschka, Liebermann, Kirchner, Marc, Matisse, Nolde, Picasso e molti altri, per un valore di oltre un miliardo di euro. Ora restano le opere, ma scompare colui che avrebbe potuto rivelare una serie incredibili di segreti e misteri. Che purtroppo resteranno tali per sempre.