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Fabrizio De Andrè aveva scritto Una storia sbagliata ispirandosi alla vita, e alla morte, di Pier Paolo Pasolini. Ma “una storia da carabinieri” è quella che potrebbe calzare a pennello anche a Luciano Lutring, personaggio della mitologia meneghina scomparso stanotte, a metà tra una carriera di criminale gentiluomo e pittore. Era un personaggio epico Lutring, un bandito romantico che nascondeva le armi nella custodia del violino, strumento della professione che avrebbe voluto intraprendere prima di darsi alle rapine internazionali, che gli costarono anche una sparatoria che gli costò due mesi tra la vita e la morte a Parigi, nel 1965. Altri tempi, dove l’asse Milano-Ville Lumiére correva sui binari di quelle che erano state le avanguardie, e i cui colori avevano ispirato anche i dipinti del “nuovo Lutring”, quello che era stato graziato dai Presidenti Pompidou e Leone, che dopo anni di carcere a Brescia era tornato sotto una veste creativa su cui decine di addetti ai lavori si sono sbizzarriti. Si, perché se anche Luciano Lutring era un personaggio popolare, milanesissimo, intorno a lui e alla sua vita sono passate opere di Carlo Lizzani, che prendendo spunto dal romanzo di Lutring Lo Zingaro, edito in Francia, aveva girato nel 1966 Svegliati e uccidi, interpretato da Robert Hoffmann, Lisa Gastoni e Gian Maria Volontè. Era dall’anno prima che Lutring aveva iniziato a scrivere, mentre scontava qualcosa come 12 anni di carcere che sarebbero dovuti essere 22. Libri che non sono rimasti nel cassetto, ma che hanno trovato anche l’apprezzamento di Longanesi, che pubblicò Il solista del mitra e L’assassino non sciopera, mentre da Acar furono editati Una storia da dimenticare, Catene spezzate, Come due gocce d’acqua e L’amore che uccide. Era un naif Lutring, appassionato di Milano e degli scorci dei Navigli che dipingeva, della musica e delle donne. Una sorta di “Candido” che era arrivato all’arte come redenzione, ma non come espiazione. E che forse per questo oggi va ricordato. Per il suo essere “animale mitologico” nella sub-cultura di una città, personaggio folkloristico e catalizzatore delle attenzioni di chi armeggiava, più che coi mitra, con la letteratura e la poesia. E con tutti quei film italiani di serie B polizieschi, che spesso avevano come sfondo una Milano scomparsa, riammessi nell’olimpo della cinematografia di genere.