07 giugno 2014

Venezia 8/ Peter Eisenman e lo “Yenikapi project”. Istanbul ancora in scena nell’unione tra antico e contemporaneo, stavolta a Zuecca Projects Space

 

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rendering digitale dell'area dove sorgerà il nuovo museo archeologico, nella zona di Yenikapi. Copyright: Parsa Khalili
Metti che durante gli scavi per un tunnel ferroviario esca fuori una città neolitica, e i resti di 35 navi bizantine con ancora le merci a bordo, che si fa?
Era successo a Istanbul, nell’area di Yenikapi, una delle porte della città, che anticamente collegava l’Europa con l’Oriente, altra porta di una città che (nata 8mila anni fa), da sempre è stata l’incrocio perfetto delle culture dell’est e dell’ovest. Succede però che a Istanbul i lavori non si fermino, e che anzi si indica un concorso che viene vinto da uno dei più grandi architetti del mondo, Peter Eisenman, in collaborazione con i colleghi turchi Aytaç Architects.
Zuecca Project Space, alla Giudecca, mette in scena per la sua prima mostra di architettura tutte le fasi dello “Yenikapi project”, a cura di Maurizio Bortolotti, esplorando anche un nuovo aspetto nella sua continua ricerca sulla storia culturale di Venezia rivolta ad Oriente. 
Chi si aspetta mega-installazioni o grandi rivoluzioni in realtà resterà un po’ deluso: si tratta di un’esposizione molto classica, intorno al grande progetto architettonico: gli spazi di Zuecca sono stati ridisegnati da una serie di ambienti che portano le linee di Eisenman e che vogliono sottolineare la caratteristica di “palinsesto” che avrà lo spazio dove sorgerà il nuovo museo. 
Disegni, plastici, video e animazioni di quella che sarà la stratificata area dove usciranno 3 stazioni di una linea metropolitana (di cui 2 già aperte), il grande museo e un parco, raccontano i concetti fondamentali: di visione urbana, progetto urbano, e progetto architettonico. 
Ma quel che resta più interessante, anche all’occhio meno esperto, è forse la relazione intrinseca che la metropoli turca riesce a mantenere costantemente con la sua storia, nonostante il suo continuo correre a folle velocità verso una modernità decisamente poco rispettosa. Cosa significa dunque progettare un museo assolutamente contemporaneo su un’area “sacra” della storia ma già invasa di infrastrutture? Davvero ha senso operare, trasportare, costruire intorno a 8mila anni di storia sedimentati? O forse è l’unico modo per rendere la storia “patrimonio condiviso” e non sterile elemento di una cultura troppo lontana dalla popolazione? L’idea di Istanbul vi darà una mano, e “Yenikapi project” potrà rafforzare o smorzare le vostre teorie di conservazione o sviluppo. 

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