31 maggio 2025

Anna Karenina, distruttrice di mondi: la riscrittura di Luca De Fusco

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Luca De Fusco, con l’adattamento drammaturgico firmato insieme a Gianni Garrera, porta il classico tolstojano al Piccolo Teatro di Milano: dove finisce l’amore, comincia l’ombra

Anna Karenina, regia di Luca De Fusco, ph. Antonio Parrinello
Anna Karenina, regia di Luca De Fusco, ph. Antonio Parrinello

Nel buio che si accende lentamente sulla scena, tra i tagli di luce che definiscono presenze, assenze e derive interiori, si consuma il destino personale e universale di Anna Karenina. La nuova regia di Luca De Fusco, con l’adattamento drammaturgico firmato insieme a Gianni Garrera, restituisce al palcoscenico non solo la potenza tragica del grande classico tolstojano ma soprattutto la sua più intima e lacerante lettura intrapsichica. È uno spettacolo che guarda alla grande tradizione per rinnovarne la forma, senza rinunciare all’anima.

Anna Karenina, la trama

Anna Karenina, moglie del rigido e formale Karenin, madre sinceramente affettuosa e presenza brillante nella alta società di Pietroburgo, si innamora visceralmente del conte Vronskij. Il loro amore travolge ogni convenzione e la spinge verso l’isolamento, la rinuncia agli affetti, la rottura sociale e infine la rovina. Attorno a lei, altre esistenze si intersecano: quella del fratello Stiva Oblonskij, emblema della leggerezza e della superficialità etica; quella di Levin, sempre tormentato dalla ricerca di senso e dalla fede. Percorsi paralleli che si intrecciano solo per far risaltare, in contrasto, la caduta verticale e tragica di Anna.

La regia: dalla pagina al palcoscenico

De Fusco non ci offre una riduzione teatrale ma fa esplodere, direttamente dal palco, il dramma psichico di Anna. Il dispositivo scenico è complesso: proiezioni, interventi sonori, entrate e uscite dei personaggi regolate con azioni di raffinata illuminotecnica. Gli attori passano dal dialogo diretto al racconto rivolto al pubblico, come un coro moderno che espone, riflette, anticipa.

È un teatro di emersione drammatica dove le tensioni intrapsichiche si alimentano e crescono dal loro stesso consumarsi. Stiva, il superficiale, canta Il mio tesoro incanto dal Don Giovanni per consolare o canzonare la moglie tradita, un gesto dolcemente assurdo che spiega più di ogni parola la vacuità affettiva. È senz’altro una citazione colta ma situata in bocca a chi della cultura coglie solo l’aspetto amusant e leggero.

Anna Karenina, regia di Luca De Fusco, ph. Antonio Parrinello

La carne e la visione

La scena erotica tra Anna e Vronskij, mostrata come visione in bianco e nero nello stile del fotografo giapponese Nobuyoshi Araki, genera nello spettatore una forte sensazione di liberazione e di verità realizzatrice. L’erotismo, spogliato da ogni orpello romantico, diviene il corpo stesso di Anna, l’unico o più vero ma impossibile corpo che ella possa vestire.

La drammaturgia restituisce e rivitalizza l’interiorità dei personaggi. Anna, divisa tra Es e Super-Io, come sottolinea lo stesso regista, vive un conflitto senza tempo che Tolstoj tratteggia con la precisione crudele di un profeta inconsapevole. Il regista osserva: «Tolstoj credeva di aver creato un’antieroina. In realtà, ha dato vita a una delle figure più luminose e contraddittorie della letteratura».

Anna Karenina, regia di Luca De Fusco, ph. Antonio Parrinello

La scena finale è di un realismo spiazzante: una locomotiva, quasi a grandezza naturale, avanza sulla scena, schiacciando con il suo peso simbolico e fisico il corpo e il sogno di Anna. È un gesto di abbandono, di chiusura al mondo che non apprezza né giustifica la scelta di verità e non semplicemente d’amore, di Anna. Anna si avvia al patibolo non per negare la propria verità ma per separarsi dalla menzogna del mondo. Quel mondo non vuole o non sa accettare il corpo-amante di Anna e Anna, con atto rituale e sacro – «è come da bambina, quando mi buttavo in piscina e mi facevo il segno della croce» – distrugge il mondo che non sapeva ruotare attorno al suo nuovo corpo.

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