10 marzo 2025

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 10 al 16 marzo

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 10 al 16 marzo, in scena nei teatri di tutta Italia

Too late, nella foto, Irene Petris, Anna Bonaiuto @Francesca Lucidi

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 10 al 16 marzo.

Teatro e danza

Jon Fosse, troppo tardi per fare i conti con il passato

Debutta in prima nazionale, al Teatro Gustavo Modena, il 12 marzo, Too late di Jon Fosse (coproduzione Teatro Nazionale di Genova con TPE – Teatro Piemonte Europa). Nasce come progetto, ideato da Thea Dellavalle e Irene Petris, a partire da un testo inedito con una radice non puramente teatrale (un libretto d’opera) da cui trapelano atmosfere che vanno oltre il tempo e lo spazio e, nella maestria della scrittura di Fosse, si evocano fantasmi o accenti del teatro di Henrik Ibsen, ma anche di Čechov e Samuel Beckett.

Benché l’autore norvegese abbia più volte sottolineato che non bisogna «Leggere i suoi testi per la trama» e che «Scrivere dischiude dimensioni dell’esistenza che non si possono spiegare», Too late ritorna ai temi di Ibsen, immaginando un ritorno alla di Casa di bambola, con una Nora anziana che fa i conti con le scelte di una vita, scoprendo che il “troppo tardi” le fa scoprire che i conti con il passato e i frammenti di una vita non sempre si ricompongono.

Le ombre si allungano, ma, sono ombre che appartengono a tutti. La vita, i rapporti, i momenti, le fratture si ripetono: abbandoniamo e siamo abbandonati, siamo egoisti per noia o per necessità interiore, amiamo e non siamo ricambiati, spesso non riusciamo a non mentire, raramente ci sentiamo compresi. Il titolo lo dice, è troppo tardi (“c’è qualcosa per cui è troppo tardi?”).

Anna Bonaiuto e Roberta Ricciardi Ph FedericoPitto

“Too late”, di Jon Fosse, traduzione e regia Thea Dellavalle, con (in o.a.): Anna Bonaiuto, Irene Petris, Roberta Ricciardi, Emanuele Righi, Giuseppe Sartori, suono Franco Visioli, scene Francesco Esposito, costumi Marta Balduinotti. Produzione Teatro Nazionale di Genova, TPE – Teatro Piemonte Europa. A Genova, al Teatro Gustavo Modena, dal 12 al 23 marzo, a Torino, Teatro Astra, dal 25 al 30 marzo.

Lo Stabat Mater di Artemis Danza

Per la Stagione di Danza al Teatro Rossini di Pesaro debutta in prima assoluta, il 14 marzo, Stabat Mater della coreografa ferrarese Monica Casadei per la compagnia Artemis Danza, nuovo lavoro dedicato all’opera di Gioachino Rossini. Lo spettacolo, un tributo corale all’anima delle donne, al loro amore universale, incarnato dalla madre per eccellenza, rappresenta l’evoluzione di un percorso di ricerca pluriennale che la coreografa ha dedicato all’incontro fra danza e musica religiosa.

Stabat Mater è una preghiera collettiva, senza tempo per una mater dolorosa, un cuore di donna infranto dal dolore, una mater lacrimosa che cristallizza nell’istante del compianto la tragedia della perdita di un figlio. Il corpo diventa il mezzo per raccontare l’esperienza emotiva di chi affronta la trasformazione del legame primordiale tra madre e figlio. La performance si fa grido e sussurro, fragore e silenzio, dando voce a un amore che trascende la perdita e che non cessa mai di illuminare.

Stabat Mater offre un profondo affresco della maternità, in una tensione profonda e lirica tra dolore e speranza, che rende la sofferenza della madre un simbolo universale di empatia e resilienza. La potenza della composizione di Rossini gioca un ruolo cruciale nel veicolare l’intensità emotiva del testo e la dinamicità musicale eleva la narrazione da lamento a canto di speranza. Le suggestive immagini create da Giuliano Del Sorbo si materializzano in un live painting dal tratto potente.

STABAT MATER Ph Claudio Montanari

Parallax, una saga famigliare ungherese

Il regista ungherese Kornél Mundruczó è per la prima volta al Piccolo Teatro di Milano (dal 13 al 15 marzo), con uno spettacolo che affronta i temi dell’identità di genere e dell’appartenenza etnica, nel contesto dell’Europa orientale.

Tre generazioni di una stessa famiglia, in un piccolo appartamento, a Budapest. La nonna rifiuta una medaglia d’onore, conferitale in quanto sopravvissuta all’Olocausto; la madre deve fornire una prova della propria identità ebraica, per ottenere un posto a scuola per il figlio, nella loro nuova dimora di Berlino; il figlio adulto è in cerca della propria dimensione di uomo omosessuale. Tutti si pongono le stesse domande: possiamo liberarci dai condizionamenti identitari che abbiamo ereditato? Quando l’identità è un privilegio e quando è invece un peso? Tutto dipende dal punto di vista.

Con Parallax (il termine descrive il cambiamento apparente della posizione di un oggetto, se osservato da diverse angolazioni), Mundruczó, con la sua compagnia indipendente Proton Theatre, porta in scena una saga familiare, dipingendo un quadro profondamente toccante dei condizionamenti esercitati dalle convenzioni, tra l’ebraismo dell’Europa orientale e la comunità LGBT+, vittima in Ungheria di innumerevoli restrizioni.

Scena da Parallax al Piccolo Teatro di Milano

Il malloppo di Joe Orton

Una dark comedy dai toni farseschi e dalla comicità dissacrante. È Il malloppo di Joe Orton il cui dialogo serrato, iperbolico e surreale, mutuato dal teatro dell’assurdo, mette in campo una critica spietata alla società inglese degli anni Sessanta. Ma Orton, con il suo stile anarchico, contro le forme della “buona società borghese”, anticipa i toni della cultura underground e della rivoluzione punk.

Due ladri inesperti decidono di svaligiare la banca accanto all’impresa di pompe funebri in cui lavorano, ma sono costretti a nascondere la refurtiva…nella bara della madre appena deceduta di uno di loro. Così tra furti, omicidi, intrighi amorosi e indagini, inizia una rocambolesca sequela di situazioni spassose e assurde tipiche dell’umorismo nero britannico.

Il Malloppo è infatti uno egli esempi più famosi e divertenti della dark comedy in cui con ironia e cinismo si attaccano i capisaldi della società borghese: le forze dell’ordine, il matrimonio, il culto della morte. Il testo – scritto negli anni ’60 – divenne un successo clamoroso, arrivando a vincere il premio come migliore commedia dell’anno e lanciando il suo giovane autore Orton come la nuova stella del panorama teatrale inglese. Da allora ha mietuto successi nel West End londinese e a Broadway.

Scena da IL MALLOPPO

“Il Malloppo”, di Joe Orton, traduzione di Edoardo Erba, regia Francesco Saponaro, con Gianfelice Imparato, Marina Massironi, Giovanni Franzoni, Giuseppe Brunetti, Davide Cirri, scene Luigi Ferrigno, costumi Anna Verde, disegno luci Antonio Molinaro. Produzione La Pirandelliana. A Milano, Teatro Elfo Puccini, dall’11 al 16 marzo.

Il teatro comico di Carlo Goldoni oggi

Spericolato reality ante litteram, Il teatro comico scritto da Carlo Goldoni nel 1750 è un vero e proprio manifesto poetico in cui l’autore “mette in commedia” la sua idea di riforma teatrale, proiettandoci nel dietro le quinte di una compagnia teatrale impegnata a provare una vecchia farsa e svelando i meccanismi della costruzione di uno spettacolo insieme alle difficoltà che, da sempre, gli artisti devono affrontare.

Ma Il teatro comico di Carlo Goldoni che oggi porta in scena Invisibile Kollettivo riscritto apposta per la compagnia nel 2024 da Valentina Diana, non è quello di Goldoni. Grazie alla sua penna ironica e poetica ne è venuto fuori un testo del tutto originale dove, nel rispetto dei personaggi e delle situazioni descritte da Goldoni, le riflessioni artistiche devono fare i conti con le possibilità economiche e gli obblighi narrativi sono dettati dai bandi di finanziamento, tra sussulti amorosi, piccioni, drammi di personaggi che appartengono a un vecchio mondo e spese al discount.

Il teatro comico di Carlo Goldoni © Laila Pozzo

“Il teatro comico di Carlo Goldoni”, di Valentina Diana, da Carlo Goldoni, regia e interpretazione Invisibile Kollettivo, con Nicola Bortolotti, Lorenzo Fontana, Alessandro Mor, Franca Penone, Elena Russo Arman, luci Cesare Agoni, collaborazione alla scena Michele Sabattoli, collaborazione ai costumi Bruna Calvaresi, produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro dell’Elfo, in collaborazione con Invisibile Kollettivo. A Brescia, Teatro Renato Borsoni, dal 7 al 16 marzo; a Milano, Teatro dell’Elfo dal 18 marzo al 13 aprile.

Coup fatal, il ritorno di un progetto indimenticabile

Il secondo appuntamento di Torinodanza Extra, il percorso multidisciplinare tra danza e teatro performativo all’interno della stagione del Teatro Stabile di Torino, è con lo spettacolo Coup fatal, di Fabrizio CassolAlain PiattoRodriguez Vangama. Dopo il suo primo debutto al Wiener Festwochen nel 2014, prodotto originariamente dai maggiori festival europei, tra cui Torinodanza, lo spettacolo è stato riallestito nel 2024, prodotto dalla Comédie de Genève, e sarà in scena a Torino dal 13 al 16 marzo.

«Coup Fatal (colpo fatale): un’orchestra, un gruppo, uno spettacolo, un concerto, un viaggio? Questo progetto – scrive Véronique Timsit – non può essere definito da una singola categoria; è plurale per natura. È ciò che la poesia fa al meglio: incantare senza essere sdolcinata. Ci sono voluti quattro anni di discussioni rigorose tra Vangama, Cassol, Kakudji, Platel e decine di musicisti perché l’opera fondesse e catalizzasse, in modo “naturale”, profondo ed esuberante, le partiture barocche di Monteverdi, Händel, Gluck o Bach e le molte interpretazioni non tipiche della musica congolese, tradizionale o popolare, senza dimenticare il rock e il jazz. Coup Fatal è un manifesto di resilienza, insolenza vitale e orgoglio. Queste eroine e questi eroi contorti dell’antichità barocca – Cleopatra, Tolomeo, Orfeo – che non smettono mai di maledirsi, amarsi, tradirsi a vicenda, sublimarsi e reinventarsi nella musica e nell’arte di vivere senza compromessi dei congolesi».

Coup Fatal © Zoé Aubry

Moby Dick alla prova, da Orson Welles

Orson Welles portò al debutto il suo testo Moby Dick alla prova, il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra. Lo mise in scena in un palco praticamente vuoto, scegliendo di non dare al pubblico né mare, né balene, né navi. Solo una compagnia di attori e se stesso in quattro ruoli, Achab compreso. E vinse la sfida di portare in teatro l’oceanico romanzo di Melville gettando un ponte tra la tragedia di Re Lear e Moby Dick: l’ostinazione del re – che la vita, atroce maestra, infine redimerà – si rispecchia in quella irredimibile, fino all’ultimo istante, dell’oscuro e tormentato capitano del Pequod.

Splendidamente tradotto per il Teatro dell’Elfo dalla poetessa Cristina Viti, il copione di Welles portato in scena da Elio De Capitani, restituisce con forza d’immagini la prosa del romanzo, in uno spazio dominato da un fondale enorme, eppure leggero, cangiante e mutevole, capace di evocare l’immensità del mare e la presenza incombente del capodoglio.

«Il testo di Welles, inedito in Italia, è un esperimento molteplice – sottolinea il regista – Blank verse shakespeariano, una sintesi estrema del romanzo, personaggi bellissimi, restituiti in modo magistrale e parti cantate. Noi abbiamo realizzato questo spettacolo “totale”, con in più la gioia di una sfida finale impossibile: l’apparizione del capodoglio. E con un semplice trucco teatrale siamo riusciti a crearla in scena».

Moby Dick alla prova, Costabile, DeCapitani, Curcuru, ph Marcella Foccardi

Casanova secondo Ruggero Cappuccio

Debutta, al Mercadante di Napoli, il nuovo testo di Ruggero Cappuccio sul mito di Casanova. Scrive l’autore e regista: «La notte tra il 3 e il 4 giugno del 1798, Giacomo Casanova sospetta di dover morire. È ospite da 13 anni nel castello di Dux, in Boemia, dove il conte di Waldestein gli ha assegnato il ruolo di bibliotecario di palazzo. Dalle prime ore dell’alba una sequenza di indizi, che la sua intuizione mette in ordine, sembra annunciare l’avvicinarsi di un passaggio fatale.

La regia si muove su un binario onirico e senza tempo, costruendo un “luogo di confine” popolato da personaggi femminili apparentemente freddi ma pieni di carnale ambiguità. Il testo dà vita ad una velenosa, partita a scacchi in cui brilla l’identità di uno degli uomini più discussi, amati e denigrati del XVIII secolo. Il velo di seduttore vanesio che ricopre Casanova presso l’immaginario collettivo cade inesorabilmente e rivela un grande autore, un uomo che scrive con rarissima e affilata modernità, che ama le donne e ne incontra sessualmente un numero di gran lunga inferiore rispetto alla superficiale moltiplicazione attribuitagli.

Soprattutto, Casanova si manifesta attraverso la sua grande capacità di ascolto, l’assenza di ogni gelosia, la straordinaria inclinazione a scegliere creature che padroneggino la propria espressività erotica, e mirino ad un piacere esente da conflitti e limitazioni mentali borghesi. Il confronto con il mondo femminile nella stanza remota del castello di Dux innesca tenerezze e autoironie, mentre Casanova insegue, in quello che potrebbe essere l’ultimo appuntamento con la sua vita, l’idea di un se stesso che si realizza solo attraverso la condivisione del profondo con gli altri».

Ruggero Cappuccio

“Casanova, dell’infinita fuga”, scritto e diretto da Ruggero Cappuccio, con Claudio Di Palma, voce (registrata) delle donne Sonia Bergamasco, e con Emanuele Zappariello, Francesca Cercola, Viviana Curcio, Eleonora Fardella, Claudia Moroni, Gaia Piatti, Estelle Maria Presciutti, Maria Anzivino, Sara Lupoli, Marianna Moccia, Viola Russo, coreografie aeree FUNA, musiche Ivo Parlati, costumi Carlo Poggioli, scenografi Paolo Iammarrone e Vincenzo Fiorillo. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. A Napoli, Teatro Mercadante, dal 12 al 23 marzo.

Il Ballet Junior de Genève a Danza in Rete

A Danza in Rete Festival, il festival della Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, arriva il Ballet Junior de Genève, un nutrito ensemble noto per il suo repertorio dinamico e innovativo, con sede a Ginevra, che riunisce giovani e talentuosi ballerini, di età tra i 17 e i 23 anni (il 12 marzo al Teatro Comunale).

La formazione giovanile dell’omonimo balletto svizzero, che da oltre 40 anni forma nuove generazioni di interpreti, mettendoli alla prova con coreografi di fama mondiale, presenta tre creazioni: Touch base di Marne Van Opstal, Tenir le temps di Rachid Ouramdane e Rooster di Barak Marshall.

Il primo riverserà sulla scena un’interazione di e fra i corpi dei danzatori, intervallata da assoli complessi e di grande effetto. Il secondo è uno dei pezzi più danzati dell’artista indipendente e coreografo franco-algerino. Si parte da un interrogativo che l’autore pone a sé stesso e rilancia agli spettatori: chi controlla ciò che accade nella nostra società che, sempre più, corre a diverse velocità?

La terza creazione, del 2009, del coreografo israeliano, è basata sul racconto dello scrittore ebraico Isaac Leib Peretz Bontshe il Silenzioso, la storia di un uomo che viene processato nell’aldilà per non essersi mai ribellato alle continue ingiustizie subite durante la sua vita. Partendo dalla traccia narrativa, Marshall crea una coreografia per 12 danzatori e un cantante d’opera, un lavoro di teatro-danza con riferimenti alla mitologia greca, ad Aspettando Godot, e alla Bibbia.

© Mark Henley/Panos Pictures. All Rights Reserved.

Una fantasia alpinistica tratta da una storia vera

Il tema di Toccando il vuoto, del drammaturgo scozzese David Greig, rappresentato per la prima volta in Italia per la regia di Silvio Peroni, è quello delle scelte, etiche e non, tra passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza.

Tratto da una storia vera, la pièce è ambientata nel 1985 durante la scalata nelle Ande Peruviane, dove gli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates restano vittime di un incidente durante la fase di discesa che provoca la caduta di Joe in un dirupo. Simon, per non rischiare di precipitare assieme al suo compagno, è costretto a tagliare la corda da arrampicata. La storia si ambienta tra passato e presente, tra passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza, in un tempo e spazio che si fondono costantemente, ponendo il pubblico in un interrogativo costante: «Cosa avremmo fatto al posto di Simon?».

Uno dei temi centrali del testo è quello delle ossessioni: raggiungere vette sempre più alte, superare i limiti, confrontarsi continuamente con le proprie paure. Queste ossessioni possono portare a compiere scelte rischiose, che possono diventare tragiche, come nella vicenda di Simon e Joe. E qualche volta anche nelle nostre vite.

Il testo vuole raccontare le emozioni e le relazioni umane in uno spazio ostile e isolato come quello della montagna. Nel corso della storia, emergeranno segreti e tensioni tra i personaggi, mentre l’ambiente impervio e separato dal resto del mondo li metterà a dura prova. Sacrificare la vita di un amico per salvare la propria è forse tra le scelte più dolorose che esistano, da cui può scaturire un senso di colpa eterno e duraturo.

Il cast di Toccando il vuoto

“Toccando il vuoto. Una fantasia alpinistica basata sul memoir di Joe Simpson”, adattamento di David Greig, traduzione Monica Capuani, regia di Silvio Peroni, con Lodo Guenzi, Eleonora Giovanardi, Giovanni Anzaldo, Matteo Gatta, scene Eleonora De Leo, disegno luci Gianni Bertoli, musiche originali Oliviero Forni. Produzione Infinito, Argot Produzioni e Accademia Perduta/Romagna Teatri. A Torino, Teatro Gobetti, dall’11 al 16 marzo; il 20 marzo al Teatro delle Briciole di Parma; il 21 e 22 al Teatro delle Celebrazioni di Bologna; dal 28 al 30 al Teatro Rifredi di Firenze.

Come affogare in un monologo polifonico

Dino Lopardo, che firma drammaturgia, regia, scene e luci, dirige gli attori Mario Russo e Alfredo Tortorelli in Affogo, un monologo polifonico che fa parte di un progetto più ampio, la Trilogia dell’odio. Affogo – dall’11 al 20 marzo, al Teatro Franco Parenti di Milano, produzione Gommalacca Teatro – è un’indagine scenica su diversi temi: solitudine, genere, rapporti familiari, società corrotta, bullismo.

Nicholas, il protagonista, vive un disagio per un trauma subito nel passato. Vive in casa con degli zii ottusi e dalla mentalità provinciale e sin da bambino conserva un sogno nel cassetto: diventare campione di nuoto, nonostante abbia il terrore dell’acqua. È vittima e al tempo stesso carnefice di atti violenti.

La narrazione si dipana in due arene: un bagno e una piscina. Il bagno rappresenta l’elemento più intimo e familiare, mentre la piscina rappresenta la società. L’attore performer è quindi catapultato in dimensioni diverse per indagare scenicamente l’odio e le possibili relazioni con la famiglia e il sociale. Lo stile è un “tragicomico scorretto”. Nicholas, come tutti i personaggi della Trilogia dell’odio, esibisce la propria immoralità e una sgradevole visione del mondo attraverso un linguaggio denso di suoni arcaici e di slang dialettale. In scena nella sala Tre del Teatro Franco Parenti, dall’11 al 20 marzo

Affogo Ph Simone Galli

Giobbe sotto un cielo sordo

Al Teatro Out Off di Milano, quattro serate d’eccezione con personalità del mondo della cultura per dialogare, da prospettive differenti, intorno ai temi, di grande attualità, spessore e complessità, affrontati nello spettacolo Giobbe, produzione Drama Teatro e Teatro dei naufraghi, che introdurranno lo spettacolo, analizzando le tematiche presenti nella storia biblica: Emanuele Trevi, Enzo Bianchi, Luigi Zoja, Haim Baharier.

Giobbe è un uomo sapiente e ricco. Possiede molte terre, molti animali, servi, figlie e figli. Un giorno Satana propone a Dio una scommessa: se gli permetterà di toccare i beni di un uomo, qualunque uomo, anche il migliore – quell’uomo lo maledirà. Dio è d’accordo e affida a Satana Giobbe. Satana toglie a Giobbe ogni cosa e lo affligge di una malattia che gli procura dolore atroce in tutto il corpo. Tre personaggi arrivano da lontano per portargli conforto. Ma il loro proposito fallisce.

Nello spettacolo di Olivetti, Giobbe giace sotto un cielo sordo, senza speranza, divorato dall’angoscia, dalla rabbia e dallo sdegno. Insieme a Giobbe, sono in scena un ragazzo e un uomo che non accettano la sua condizione e che vedono la sofferenza dell’uomo, innanzitutto, come un errore. E la salute, conseguentemente, è vista come un dovere.

Scena da Giobbe

“Giobbe”, regia e drammaturgia Federico Olivetti, con Paolo Musio, Francesco Sferrazza Papa e Flavio Dolcetta, costumi e scenografia Emanuela Dall’Aglio, luci Carmine Marino, suono Claudio Tortorici. Produzione Drama Teatro e Teatro dei naufraghi A Milano, Teatro Out Off, dal 13 al 16 marzo.

Delitto e castigo all’Officina Pasolini

La programmazione di marzo di Officina Pasolini, a Roma, prosegue il 12 marzo, sul palco del Teatro Eduardo De Filippo, con Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij nell’adattamento teatrale di Francesco Giuffrè, che firma anche la regia e dirige gli attori, diplomatisi a Officina Pasolini, Angelica Accarino, Gabriele Vincenzo Casale, Claudia Muzi, Giacomo Rasetti, Francesco Savino.

Apparso nel 1866 sul mensile russo Russkij Vestnik, Delitto e castigo resta uno dei romanzi più influenti della letteratura mondiale, mostrandosi come summa dei punti di vista religiosi ed esistenzialisti del celebre autore. Raskolnikov giovane studente che fatica a pagarsi gli studi, con l’animo di un novizio Napoleone progetta di uccidere e derubare una vecchia vedova dedita all’usura. Dopo il delitto, il rimorso e la paura lo spingono a confessare le sue colpe alla dolce Sonja, ragazza dall’animo puro che per motivi di indigenza è costretta a prostituirsi. Sarà proprio la potenza dell’amore a salvare Raskolnikov, che dopo aver confessato i propri delitti sarà punito con i lavori forzati.

Il protagonista del romanzo è un uomo “nudo” e vulnerabile, che vuole lottare contro quello che pare il suo fallimentare destino credendosi un uomo forte, superiore, che può arrogarsi il diritto di cambiare la sua vita e la sua sorte. L’eterno dolore sarà però non solo il senso di colpa, ma anche la consapevolezza di essere uno dei tanti uomini che scomparirà dal mondo senza lasciare traccia del suo passaggio.

Delitto & Castigo Ph Francesco Colosimo per Officina Pasolini

L’Agnello del Collettivo Kinaros

Una performance provocatoria e surreale che fonde circo, danza e teatro per indagare le complessità psicologiche del nostro mondo moderno. Lamb, in italiano Agnello, del Collettivo Kinaros (il 15 marzo, Teatro Café Müller di Torino, produzione blucinQue Nice).

In un mondo dominato dall’eccesso, dalla disuguaglianza e dall’alienazione, un manipolo di personaggi – ognuno dei quali incarna un’anima plasmata da uno dei sette peccati capitali – si riunisce attorno a un tavolo per condividere le proprie storie personali e le proprie lotte interiori. Sono figure sia mostruose, sia umane, che diventano espressione di desideri incontrollati, squilibri di potere, così come della tranquilla routine della vita quotidiana. Attraverso il movimento e la fisicità evocativa, emergono le tensioni, le contraddizioni e i difetti nascosti dentro di noi.

Lamb sfida letteralmente il suo pubblico e gli chiede: C’è ancora possibilità di salvezza? Chi sei quando nessuno ti guarda? A dare corpo a questi personaggi cangianti, Alexandre Duarte, Cristina Cigüela, Aurora Morano e Wout Deneyer, accompagnati dalla musica di Beatrice Zanin.

Lamb Collettivo Kinaros

Il piacere, di Gabriele D’Annunzio

Aveva solo 26 anni Gabriele D’Annunzio quando pubblicò il suo primo e celebre romanzo, un piccolo gioiello del decadentismo: Il piacere, che mette in scena il suo alter ego, il giovane raffinato e sensuale Andrea Sperelli, innamorato di una donna che non può più amarlo. Prima dell’evoluzione vitalistica e politica, che hanno bloccato lo scrittore pescarese in pesanti giudizi e stereotipi, la sua scrittura aveva il sapore di una sperimentazione assoluta, che Andrea Adriatico rilegge nella prima tappa di un progetto dedicato a questo romanzo.

Si inizia infatti con Il piacere – I, concentrato solo sul primo capitolo, sull’attesa del ritorno dell’amata nella casa piena di ricordi e oggetti ricercati. In scena, a moltiplicare in un’inedita coralità il testo, sono sei attori.

locandina de IL PIACERE, regia Andrea Adriatico

“Il piacere – I”, di Gabriele D’Annunzio, riletto di Andrea Adriatico, con Nicolò Collivignarelli, Sofia Longhini, Michele Balducci, Innocenzo Capriuoli, Alessio Genchi, Massimo Giordani, scene e costumi Andrea Barberini, Giovanni Santecchia, suono Eric Benda, Lorenzo Fedi, immagini e allestimento Anas Arqawi, Giulia Serinelli Produzione Teatri di Vita. A Bologna, prima nazionale a Teatri di Vita, dal 14 al 16 marzo; al Teatro Libero di Palermo il 28 e 29; al Teatro Fontana di Milano dal 13 al 15 aprile.

Lost Movement in tour

Parte da Piacenza, il 15 marzo al Teatro Trieste 34, all’interno del festival Insincronia, il tour che vedrà impegnata sino a dicembre Lost Movement, compagnia Under35 nata nel 2011 a Milano, tra Emilia Romagna, Campania, Puglia, Lombardia, Piemonte, Abruzzo, Veneto, Sardegna e Lazio, proponendo coreografie di Nicolò Abbattista e Giovanni Careccia.

Lost movement propone un doppio programma: From C to You di Giovanni Careccia dà corpo e voce a pensieri inconfessabili di un uomo qualsiasi, un flusso di coscienza in movimento che sfida il voyeurismo del pubblico; a seguire A lot of, produzione liberamente ispirata alla figura del leggendario coreografo e danzatore Vaslav Nijinsky e alla sua relazione tormentata con la moglie Romola de Pulszky e con l’amante-impresario Sergej Pavlovič Djagilev, sulle note de L’Après-midi d’un Faune di DebussyLe Sacre du printemps di Stravinskij rielaborati e decostruiti in chiave elettro acustica da Filippo Ripamonti.

SEHNSUCHT, Lost Movement, ph. Christian Consalvo

Lenz Fondazione a Bologna

Lenz Fondazione, di Parma, presenta la prima parte delle creazioni site-specific per i Musei dell’Università, che, nel 2025, ospiteranno le tre performance di Altro Stato, cui seguiranno Haiku_Dove prima era bosco e Haiku_Dove prima era acqua, ricreate in dialogo con le collezioni di Palazzo Poggi e del Museo Selmi, con l’obiettivo di valorizzare e dinamizzare il patrimonio museale.

Dal 12 al 14 marzo, nella Sala della Scuola di Ostetricia 5 del Museo di Palazzo Poggi, Altro Stato da La vita è sogno di Calderón de La Barca, è una performance, interpretata dall’attrice sensibile Barbara Voghera, che ha come temi portanti la predestinazione al maschile e la differenza tra sogno e realtà. Il lavoro, che ha debuttato alla Biennale Teatro di Venezia nel 2021, prende ulteriore forma nella sala che ospita la collezione settecentesca di modelli in cera, tavole anatomiche e strumenti chirurgici del medico bolognese Giovan Antonio Galli, risignificandone, attraverso l’atto artistico, il valore storico-scientifico, in una nuova visione-esposizione dell’umanità segnata dalla differenza.

«Nel lavoro scenico, il corpo di Barbara Voghera instaura un’istantanea vicinanza emotiva, una fulminante alleanza psichica con lo spettatore: Barbara non si oppone all’essere vista per quello che è, ma sovrappone allo sguardo/schermo/schema dello spettatore una potenza espressiva imprevista e inimmaginata che ci attraversa, scardinando, ridefinendo il nostro concetto di bellezza, grandezza umana e artistica», chiarisce la direttrice artistica di Lenz, Maria Federica Maestri.

Lenz Fondazione – Barbara Voghera in Altro Stato

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