13 febbraio 2023

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 13 al 19 febbraio

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 13 al 19 febbraio, in scena nei teatri di tutta Italia

INK di Dimitris Papaioannou

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal dal 13 al 19 febbraio.

Teatro e danza

INK DI DIMITRIS PAPAIOANNOU
Tra i maggiori protagonisti della scena internazionale grazie al suo talento visionario e alla sua capacità evocativa, Dimitris Papaioannou crea in questo spettacolo un mondo unico, del tutto originale, in cui antichi miti sono evocati e visti attraverso una lente contemporanea. Anche in “Ink”, infatti ci trasporta in un mondo dove l’acqua, materia primaria, ci regala immagini e suoni magici, facendo da sfondo a un incontro/scontro tra due personalità molto diverse per età, colori, storie personali. Entrambi presenti in scena creano una lotta tra padre e figlio, una relazione esoterica tra vecchio e nuovo, paternità ed eredità. Un’interdipendenza quasi cannibalesca tra due personaggi che, grazie alla presenza dell’acqua, si trovano ad agire in un mondo fantastico. In “Ink” riconosceremo la passione per il cinema horror, la poesia di Andrej Tarkovskij e molte altre citazioni pittoriche, fino all’uso delle musiche di Antonio Vivaldi.

«È uno stato emozionale molto diverso dai miei lavori precedenti – racconta Papaioannou – Io cerco di capire la vita e di materializzare sul palcoscenico il mio sentire e le mie domande sulla vita e allora incontro gli archetipi. E quando inciampi sugli archetipi, incontra il Mito. Perché questo è ciò che i Miti fanno, visualizzano e raccontano temi universali».

INK di Dimitris Papaioannou

INK (2020) play for two”, creazione, ideazione, regia, scene, costumi, luci Dimitris Papaioannou, interpreti Dimitris Papaioannou e Šuka Horn, musica Kornilios Selamsis, sound design David Blouin, disegno luci Lucien Laborderie, Stephanos Droussiotis. Co-realizzazione Teatro di Roma – Teatro Nazionale eFondazione Musica per RomaFestival Equilibrio. A Roma, Teatro Argentina, dal 16 al 19 febbraio.

IL CIGNO DEL BALLETTO DEL SUD
Uno spettacolo di ricostruzione e ricerca dedicato al coreografo russo Michel Fokine. Lo spettacolo del Balletto del Sud evocazione nel titolo del più celebre assolo “La morte del Cigno” – che Fokine creò nel 1901 per la grande diva Anna Pavlova – presenta i più significativi brani del suo repertorio: Les Sylphides, Carnaval, Petruska, Lo spettro della Rosa, L’uccello di Fuoco alcuni ricostruiti da Fredy Franzutti ed altri creati dal coreografo in omaggio creativo a Fokine. La figura di Fokine è essenziale e principale non solo nella storia della danza, ma con la sua presenza nei balletti Russi di Diaghilev – la nota e rivoluzionaria compagnia di Parigi – partecipa a quel fermento culturale ed evolutivo che coinvolge attraverso la danza le arti visive e la più intellettuale scrittura letteraria.

Fokine, erede della grande tradizione ballettistica classica russa, apporta significativi cambiamenti alle regole della coreografia tanto da essere considerato il primo coreografo al principio della modernità che si svilupperà dagli anni 30 del’900. Sarà lo stesso Fokine a presentare il racconto, con degli interventi teatrali ideati dal drammaturgo Walter Prete ed interpretati dall’attore Andrea Sirianni. Le musiche di Chopin, Schumann, Čerepnin, Stravinskij, Von Weber, Rimskij-Korsakov, Saint-Saëns, sono eseguite al pianoforte da Scipione Sangiovanni. La produzione, con le scene di Francesco Palma, è ricca di costumi celebrativi dell’epoca ed alterna scene di gruppo ad assoli.

Balletto del Sud, Il cigno, Carnaval, Ph. Giuseppe Distefano

A Lecce, Teatro Apollo, il 18 e 19 febbraio. Domenica 19 alle ore 16,30 conferenza con videocitazioni a cura del critico e studioso di danza Sergio Trombetta.

OTELLO IN TANGO
“Guardatevi dalla gelosia, mio signore! È un mostro dagli occhi verdi che si diletta col cibo di cui si nutre”, è la celebre frase dell’”Otello” di Shakespeare. Dopo il successo di “Romeo y Julieta Tango” la compagnia Naturalis Labor di Luciano Padovani, torna ad esplorare attraverso il linguaggio della danza e del tango Shakespeare in uno dei suoi testi più conosciuti, con un cast di dodici danzatori (italiani e argentini).

«…i danzatori e i tangueros restituiscono forza e presenza fisica a Othello, Desdemona e Jago, vero protagonista di fatto in questo dramma che vede la morte di innocenti e il tormento mai sopito di chi è divorato dal ‘mostro dagli occhi verdi’, la gelosia che spinge alla follia…e così il dramma si consuma in un crescendo di intensità. Luciano Padovani ha colto nel segno: la passione si muove a passo di tango e danza in un connubio che vede il rigore dell’una sposarsi con la fluidità dell’altro grazie ai suoi straordinari interpreti».

Othello tango

“Othello tango”, ideazione, coreografie e regia Luciano Padovani, assistente coreografa: Jessica D’Angelo, scene Mauro Zocchetta e Gloria Gandini, luci Thomas Heuger, costumi Chiara Defant. Produzione Compagnia Naturalis Labor, coproduzione Festival Estate Teatrale Veronese, con la collaborazione Centro Servizi Culturali S. Chiara / Camerata Musicale Barese. A Rovereto, Teatro Zandonai, il 19 febbraio; Bolzano, teatro Comunale, il 21; Aosta, Teatro Splendor, il 24.

NEL LIMBO DI VICTOR DE OLIVEIRA
Nonni europei e africani, bisnonni ebrei portoghesi, indiani e cinesi: quella di Victor de Oliveira – attore e regista nato in Mozambico nel 1971 – che presenta per la prima volta in Italia il suo lavoro in occasione della sesta edizione di FOG, è una storia complessa, che lo rende da sempre orgoglioso delle sue molteplici identità. Eppure, non tutto è stato così semplice. “Limbo” è una “autofiction”, uno spettacolo intimo che attraverso la biografia dell’autore affronta il tema delle origini, il meticciaggio, la schiavitù, il colonialismo e l’esilio: argomenti che spesso vengono tuttora considerati tabù in Portogallo, come in molte democrazie occidentali.

Intenso solo che affonda le sue radici in un mosaico di ricordi personali, interviste, letture e incontri, in “Limbo” il regista e il coreografo interrogano l’uomo, attraversando in un caleidoscopio di riferimenti le ragioni della negazione della storia, le dispute della memoria collettiva, l’esperienza di crescere nell’incertezza.

LIMBO

“Limbo”, ideazione, testo, interpretazione Victor de Oliveira, collaborazione drammaturgica Marta Lança, musica, creazione del suono Ailton Matavela (TRKZ), progettazione video Eve Liot, disegno luci Diane Guérin. Produzione En Votre Compagnie, coproduzione Teatro do Bairro Alto (Lisbona), Théâtre national de Bretagne (Rennes) / con il sostegno di: Roundabout.LX (Lisbona), Le CENTQUATRE-PARIS, La Colline – Théâtre national (Parigi), Le Grand T – Théâtre de Loire-Atlantique (Nantes). A Milano, Teatro Out Off, il 15 e 16 febbraio.

SUL CANTICO
«Siamo nel canto, il canto inaspettato dove il movimento crolla faccia a faccia nello spazio vacuo di una stanza trasparente. Un luogo attraversato e nomade accoglie una danza fatta di gesti incrinati, difonici, rivolti a uno spazio tattile imminente e allo stesso tempo ombroso che si forma dal vento minimo delle cose. Ne emerge una danza cantata che dialoga chimicamente con le molecole dell’aria e del corpo fino alla sparizione». Così Virgilio Sieni descrive il suo nuovo lavoro “Ode Barbara / Sul Cantico”, una delle coreografie che compongono un dittico dedicato al Cantico dei Cantici, in programma per il festival Democrazia del Corpo, a Firenze, Cango Cantieri Goldonetta, dal 17 al 19 febbraio.

COMPAGNIA VIRGILIO SIENI ph. Filippo Manzini

GENOMA SCENICO
Lo spettacolo “Genoma scenico”, performance interattiva di Nicola Galli (a Milano, PimOf, il 19 febbraio), si struttura come una sessione di gioco nella quale le persone sono coinvolte attivamente nella creazione di brevi performance di danza, facendo esperienza del ruolo di autorə e coreografə grazie all’impiego di un dispositivo ludico liberamente ispirato alla ricerca genomica. Così come ogni essere umano possiede un codice genetico unico e inimitabile, allo stesso modo il pubblico è invitato a scoprire l’originale unicità della performance.

Il dispositivo si compone di 33 tessere disposte su un tavolo da gioco: ogni partecipante può scegliere liberamente 7 tra le 33 tessere per generare una personale “stringa genomica” contenente tutte le informazioni che andranno a comporre una breve performance, come il numero di interpreti che agiranno la stringa, lo spazio nel quale dovranno danzare, le qualità di movimento, la durata, la qualità del suono e la direzione della luce.

Genoma scenico di Nicola Galli

L’ARTE DELLA COMMEDIA
La geniale opera di Eduardo De Filippo fa parte della raccolta dei “giorni dispari”, le commedie scritte dal dopoguerra in poi che affrontano le difficili e problematiche questioni del vivere quotidiano, delle relazioni private e pubbliche tra gli esseri umani. Incredibile è la forza e l’attualità del testo che ci porta in maniera implacabilmente diretta a confrontarci con la mortificazione e la censura della cultura attraverso un’ambigua e allo stesso tempo tragica e farsesca commedia in due atti e un prologo. «Mi piace sottolineare che Eduardo, per raccontarci del suo pensiero sull’arte e per sollecitare l’attenzione del fondamentale personaggio del Prefetto – spiega il regista e attore Fausto Russo Alesi -, ci inviti a spiare da un metaforico buco della serratura le storie di esseri umani, cittadini, professionisti che ricoprono un ruolo essenziale nella società e che per questo appunto pretendono di essere ricevuti. E non è ovviamente un caso che i ruoli che qui scrive per la scena diano proprio voce alla cultura, alla sanità, all’istruzione, alla legge e a un rappresentante della Chiesa: tutti riferimenti sociali imprescindibili, tutte priorità sul tavolo su cui e con cui confrontarsi».

Fausto Russo Alesi, ph. Serena Pea

“L’arte della commedia”, di Eduardo De Filippo, adattamento e regia Fausto Russo Alesi, con Fausto Russo Alesi, David Meden, Sem Bonventre, Alex Cendron, Paolo Zuccari, Filippo Luna, Gennaro De Sia, Imma Villa, Demian Troiano Hackman, Michele Schiano di Cola, scene Marco Rossi, costumi Gianluca Sbicca, musiche Giovanni Vitaletti, light designer Max Mugnai, consulenza per i movimenti di scena Alessio Maria Romano. Produzione Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Fondazione Teatro della Toscana-Teatro Nazionale, Elledieffe, si ringrazia per la collaborazione il Piccolo Teatro di Milano -Teatro d’Europa. A Napoli, Teatro San Ferdinando, dal 16 al 26 febbraio.

PILADE DA PASOLINI
L’artista e attivista Giorgina Pi insieme al collettivo Bluemotion si confronta con la figura di Pilade, a partire dalla tragedia di Pier Paolo Pasolini, una delle personalità del Novecento che più hanno influenzato la generazione a cui la regista appartiene. Giorgina Pi prosegue la sua ricerca e il suo lavoro di riscrittura del mito classico, tenendo insieme poesia e politica con l’apertura di sguardo del pensiero queer, per dare voce a personaggi che diventano nella loro complessità emblema di bellezza e rivolta. “Pilade” è una “tragedia del dopo”, dove la temporalità mitica si disgrega: un quarto capitolo dell’Orestea, la trilogia degli Atridi di Eschilo, dove Pasolini immagina cosa succede dopo che Oreste, assolto dal tribunale dell’Areopago ad Atene, torna ad Argo.

Nel sequel, ambientato nell’Italia del dopoguerra, a subire un processo è Pilade, contrario al regime ispirato dal culto della dea della ragione Atena, instaurato in città da Oreste. “Pilade” è una tragedia dolorosa sull’incapacità della democrazia di applicare giustizia ed etica nel sistema capitalistico. Lo spettacolo è parte del progetto ideato da Valter Malosti e Giovanni AgostiCome devi immaginarmi”, dedicato all’intellettuale bolognese.

Pilade, Ph. Guido Mencari

“Pilade” di Pier Paolo Pasolini, uno spettacolo di Bluemotion, regia, scene, video Giorgina Pi, con (in o. a.) Anter Abdow Mohamud, Sylvia De Fanti, Nicole De Leo, Nico Guerzoni, Valentino Mannias, Cristina Parku, Aurora Peres, Laura Pizzirani, Gabriele Portoghese, e con Yakub Doud Kamis, Laura Emguro Youpa Ghyslaine, Hamed Fofana, Marthe Nguepie Fouondjio, Abram Tesfai, dramaturg Massimo Fusillo, ambiente sonoro Collettivo Angelo Mai, musica e cura del suono Cristiano De Fabritiis – Valerio Vigliar, disegno luci Andrea Gallo, costumi Sandra Cardini. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova. A Bologna, Teatro Arena del Sole, dal 16 al 19 febbraio.

PER UN SÌ O PER UN NO
Come possono le parole “non dette” o le intonazioni ambigue provocare malintesi e guastare definitivamente l’amicizia di due vecchi amici? La commedia “Pour un oui ou pour un non” di Nathalie Sarraute, una delle più importanti scrittrici francesi della seconda metà del Novecento e che ha occupato un posto importante nell’alchimia tra teatro dell’assurdo e teatro del quotidiano, mette al centro della scena la forza delle parole in una ragnatela di incomparabile abilità. Due amici che si ritrovano dopo un non motivato distacco si interrogano sulle ragioni della loro separazione e scoprono che sono stati i silenzi tra le parole dette e soprattutto le ambiguità delle “intonazioni” a deformare la loro comunicazione aprendola a significati multipli e variati. Ogni “intonazione” può essere variamente interpretata dalla disposizione d’animo di chi l’ascolta.

Questo è il tema centrale di “Pour un oui ou pour un non” titolo che si può semplicemente tradurre con “Per un sì o per un no” ma che in realtà significa molto di più e che nella nostra lingua ha solo un’apparente valenza speculare. La prosa della Sarraute, nella sua complessità, è un banco di prova per due manipolatori della parola quali Franco Branciaroli e Umberto Orsini che si ritrovano sulla scena dopo tanti anni per dare vita con la loro abilità al terribile gioco al massacro che la commedia prevede.

UMBERTO ORSINI -FRANCO BRANCIAROLI, POUR UN…. Ph. AMATI BACCIARDI

“Pour un oui ou pour un non”, regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi, con Umberto Orsini e Franco Branciaroli. PCompagnia Orsini e Teatro De Gli Incamminati. A Macerata, Teatro Lauro Rossi, il 14 e 15 febbraio; a Roma, Teatro Argentina, dal 21 febbraio al 5 marzo.

IL BACIO DELLA DONNA RAGNO
Pochissime sono le versioni teatrali negli ultimi decenni del romanzo di Manuel Puig Il bacio della donna ragno”. Scritto nel 1976, successivamente sarà lo stesso autore a trarre la versione teatrale, adattato poi, nel 1985, per il grande schermo con William Hurt, in un’interpretazione che gli valse l’Oscar, e ancora dopo diventato un musical di Broadway. A portarlo ora in teatro è il regista Dimitri Milopulos, con protagonisti Samuele Picchi e Lorenzo Volpe.

È la storia di due detenuti il cui destino si incrocia all’interno di una piccola cella in un carcere. Valentin Arregui, incarcerato e torturato perché leader di un movimento politico di opposizione e Luis Molina, omosessuale, arrestato per atti osceni. Per evadere con la mente, unico appiglio di libertà per entrambi, dalla ingiusta e pesante prigionia, Molina trasporta Valentín in un mondo immaginario, dove tutto è possibile, attraverso il racconto di intrecci di trame di film e delle loro protagoniste, donne bellissime, affascinanti e irrequiete. Ma allo stesso tempo mentre i due trovano modi per coesistere, lasciando spazio alla propria libertà, rivalutando possibilità di amicizia e di desiderio, frustrazione e appagamento carnale e morale, dietro le loro spalle il potere del Potere intreccia una ragnatela che li sterminerà. Per due opposti cercare un modo di affrontare la vita insieme e la possibile impossibilità di riuscirci, penso che sia un tema di grande attualità, sia oggi sia sempre.

Il bacio della donna ragno

“Il bacio della donna ragno”, di Manuel Puig, scene, costumi, luci drammaturgia e regia Dimitri Milopulos, con Samuele Picchi e Lorenzo Volpe e la partecipazione straordinaria di Teresa Fallai, traduzione Angelo Morino, costumi Silvana Castaldi. Produzione Associazione Culturale Teatro della Limonaia. A Sesto Fiorentino (Fi), Teatro della Limonaia, dal 17 al 19 febbraio.

LA MANDRAGOLA
Attraversare Machiavelli significa ammainare la bandiera dell’antipolitica e prendere posizione contro il riflusso nel privato. Mandragola è ambigua come la risata che genera. È terapeutico rimedio per infertilire Lucrezia, ma venefico farmaco per il primo uomo che con essa si congiungerà. È inquieta come il quondam Segretario che, allontanato dai pubblici uffici, si getta nell’analisi appassionata della situazione presente, impotente di fronte all’ostracismo in cui è stato relegato. È la sua politica con la maschera dell’umano: se la virtus politica, invece di essere rivolta al benessere collettivo, viene (comicamente?) incanalata in faccende private, perfino la legge risulta un’arma monca e inefficace.

Tutta l’antropologia dispiegata nei cinque atti ci invita a considerare un mondo in cui è assente la conciliazione (per quanto aspra e contrastiva) della politica fatta da uomini eccellentissimi in grado di affrontare ed orientare la natura ferina dell’essere umano. Senza Machiavelli non avremmo una tappa fondamentale nella costituzione della politica come scienza. Non avremmo molto Shakespeare. Non avremmo la più bella commedia del Rinascimento italiano.

La mandragola

“La mandragola”, regia Giacomo Giuntini, con Dario Aita, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen, Emanuele Vezzoli, Pavel Zelinskiy, e con Jacopo Facchini Alto e Maestro Concertatore, Francesca Cassinari Soprano, Roberto Rilievi Tenore, Matteo Magistrali Tenore, Marco Saccardin Baritono e Liuto; costumi Maria Giovanna Farina, maschere Veronica Pastorino, luci Claudio Coloretti. Produzione Fondazione Teatro Due. A Parma, Teatro Due, 14, 17, 18, 19, e 25 e 26 febbraio.

LA CASA DELLE API
Il dramma vede protagonisti un uomo e una donna. L’uomo ricoverato in un ospedale psichiatrico sta per suicidarsi. Essendo un linguista tende ad analizzare ogni evento della sua vita in un modo alquanto paradossale. Cerca di decifrare tutto in modo unico partendo dall’etimologia delle parole, delle sue teorie, cercando di rivelare il senso di ogni oggetto ed ogni fenomeno. Con lui, la dottoressa, che poi si rivelerà essere anch’essa una paziente dell’ospedale. Anche lei porta addosso un forte trauma che è stato il suicidio di suo padre. Rifletterà sulla vita che ha vissuto rimettendo in discussione particolari che le sembravano indiscutibili soprattutto dal punto di vista scientifico.

Lo spettacolo tratta temi sui quali ci interroghiamo da sempre. Ma mantiene una linea di comicità che alleggerisce la tragedia dei due personaggi, dimostrando che in ogni grande tragedia è nascosta una significativa porzione di ironia, umorismo cinico e comicità in cui ognuno potrebbe trovare sé stesso.

Uno degli argomenti trattati è il concetto di lavoro. Cos’è il lavoro? Lo scrittore e critico d’arte francese Remy De Gourmont, lo ha definito così: “Siamo arrivati ad un tal grado di imbecillità, da considerare il lavoro non solo onorevole, ma persino come sacro, mentre non è altro che una triste necessità”. Sicuramente un’opinione discutibile, inaccettabile o addirittura scandalosa, ma è un’opinione che ha diritto di esistere se non essere accettata come una verità.

Marius Bizău, Mariné Galstyan, foto di Nina Kuliscova

“La Casa Delle Api”testo e regia Sargis Galstyancon Marius Bizău, Mariné Galstyan, Manuèl Palumboscenografie Sargis Galstyan, disegno luci Gabriele Planamente, costumi Atelier Mirror. Compagnia InControVerso.  A Roma, Cometa Off, dal 14 al 19 febbraio.

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