24 febbraio 2025

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 24 febbraio al 2 marzo

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 24 febbraio al 2 marzo, in scena nei teatri di tutta Italia

S di Philippe Kratz, ph Novkovic

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 24 febbraio al 2 marzo.

Danza e teatro

Nuovo Trittico di danza contemporanea del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo Trittico di danza contemporanea del Teatro dell’Opera di Roma, in coproduzione con EUR SpA, in un’unica serata, con tre creazioni: S di Philippe Kratz In Esisto di Vittoria Girelli, due lavori del 2023 che arrivano in Italia per la prima volta, e Creature di Francesco Annarumma, una prima assoluta. Gli interpreti sono Étoiles, Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo della Fondazione Capitolina (a La Nuvola, dal 2 al 5 marzo).

Per S, Kratz si è ispirato al mito di Sisifo, condannato a spingere un masso fino alla cima della montagna per vederlo puntualmente ricadere giù e quindi ricominciare la scalata. Sulla musica di Soundwalk Collective, la ripetitività dell’impresa diventa spunto per una riflessione sulla progressiva sostituzione dell’uomo con la macchina e sull’invadenza della tecnologia nella vita umana.

Per Creature, Annarumma si è lasciato ispirare completamente dalla musica Sonata n.1 The 12th Room di Ezio Bosso e dai danzatori, veri protagonisti sotto forma di creature. Sono uccelli, animali liberi che, in una situazione in cui si percepisce qualcosa di cupo, riescono a vedere la luce e a farla vedere al pubblico. È un balletto che parla di relazioni, di leggerezza e di emotività.

Vittoria Girelli ha creato In Esisto nel 2023 sull’omonima musica appositamente composta da Davidson Jaconello. L’ispirazione è nata dal movimento artistico anni Sessanta Light and Space, che incentrava la ricerca sull’influenza che le forme geometriche e l’uso della luce possono avere sull’ambiente e sulla percezione dello spettatore.

In Esisto, di Vittoria Girelli © Roman Novitzky – Stuttgarter Ballett

La Sagra della Primavera indiana di Seeta Patel

Per Danza in Rete Festival della Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, la compagnia Seeta Patel Dance, fondata dalla coreografa di origini indiane naturalizzata britannica Seeta Patel (attualmente associata al Sadler’s Wells di Londra), sarà in scena il 27 febbraio al Teatro Comunale, con due creazioni: Le Moire, in prima nazionale, e a seguire La Sagra della Primavera, un’originale versione Bharatanatyam, la danza classica tradizionale indiana, del titolo di culto per la musica e il balletto del Novecento, un lavoro che diventa per la giovane coreografa un inno alla vita, un tentativo di gettare un ponte tra le culture di Europa e Asia per creare un luogo di incontro, attraverso la danza, in cui i pregiudizi possono annullarsi.

Le Moire è un breve passo a tre, avvolto in un’atmosfera oscura ed inquietante. Sulle note di Prokof’ev, tre figure enigmatiche si muovono e attraversano la scena, per predire il futuro e tracciare percorsi ancora da svelare.

 

The rite of Spring-Seeta Patel Dance – Ph Foteini Christofilopoulou

Josef Nadj a Scenario Pubblico

La luna piena, fine e inizio del suo ciclo, si fa struttura ritmica, tempo ballato, e simbolo di rinnovamento e trasformazione. Poi il jazz, il blues e gli spirituals, con la loro componente di danza spesso dimenticata e la loro comune radice africana. Il coreografo ungherese Josef Nadj parte da qui e crea Full Moon, uno spettacolo ammaliante e viscerale che rende implicitamente omaggio a grandi musicisti jazz come Charles Mingus, Cecil Taylor, Anthony Braxton e l’Art Ensemble of Chicago.

A tenere insieme la luna e la musica c’è la marionetta: un contrappunto del corpo vivente dei danzatori, una figura che è vitalità disordinata e imbrigliata nella forma, che ricorda come la creazione sia sempre imperfetta e che è necessario accettarne il gioco.  Full Moon (a Catania, Scenario Pubblico, l’1 e 2 marzo) riunisce sette dei otto ballerini di Omma per continuare, ampliare e approfondire l’esplorazione iniziata con questo lavoro. E Josef Nadj ha scelto di unirsi a loro sul palcoscenico.

Full moon

Due coreografie della Vertigo Dance Company

La compagnia israeliana Vertigo Dance Company arriva a Roma (Teatro Argentina, dal 26 febbraio a 2 marzo), con un dittico di spettacoli: Mana riallestimento di una coreografia storica del 2009 di Noa Wertheim, e Makom, l’ultima creazione coreografica.

Mana, pone al centro della scena la sagoma di una casa a simboleggiare il confine che separa il dentro e il fuori, il pubblico e il privato; mirando ad analizzare l’individuo nella sua quotidianità, nelle sue emozioni contrastanti. In molte lingue della Melanesia e della Polinesia “mana” significa “forza sovrannaturale”. Fonte di ispirazione della coreografia è lo Zohar, o Libro dello Splendore, il principale scritto della tradizione cabalistica medievale che racconta la sublime bellezza delle caratteristiche metafisiche del creato.

A partire da questa fascinazione, la coreografa si chiede cosa sia venuto prima, se il buio o la luce, e propone Mana come un viaggio filosofico e mistico tra questi due spazi opposti, dove il movimento stesso cerca di decodificare questa e molte altre dicotomie fisiche: linea e cerchio, maschile e femminile, interno ed esterno, libertà e prigionia.

Makom in ebraico significa “luogo”, ma indica anche un rifugio spirituale, e invita in un viaggio profondo alla ricerca dell’unità in mezzo al caos e del conforto dentro di sé. «Questo pezzo – spiega Noa Wertheim – è una continua ricerca di un ritorno al luogo che si avvicina a noi stessi. Esplora la tensione tra il centro e le estremità, e tra forma e contenuto, rispecchiando le complessità dell’esperienza umana».

La musica scritta da Ran Bagno sarà eseguita dal vivo da Hila Epstein (violoncello) e Galia Hai (violino).

Vertigo, Mana, Photo Efrat Mazor

I 30 anni di Spellbound Contemporary Ballet

Con Recollection of a Falling, composto da Forma Mentis di Jacopo Godani e Daughters and Angels di Mauro Astolfi, la compagnia Spellbound Contemporary Ballet celebra i suoi primi 30 anni nella Roma che l’ha vista nascere e svilupparsi fino ad essere apprezzata in tutto il mondo (dal 25 febbraio al 2 marzo al Teatro Vascello).

Forma Mentis è un atto di fiducia nel futuro, un lavoro affidato a giovani danzatori che partecipano alla creazione di un manifesto artistico per le nuove generazioni. Godani ricerca un equilibrio tra la presentazione di un formato d’arte contemporanea definito da un terreno etico e la creazione di un dispositivo che possa fungere da sostegno per giovani artisti, per trasformare la loro creatività in idee concrete e progettualità, un invito a esplorare, a sognare e a creare.

Rilegge il passato, in questo caso la Storia, Astolfi con Daughters and Angels, un lavoro ispirato dalla lettura di Knowledge and Powers di Isabel Pérez Molina, un testo di riferimento per tutto il settore degli Women’s Studies, l’immaginario legato alle “streghe”, che va oltre la spettacolarità della cinematografia e alla patina della magia ma che affonda di più nei costrutti culturali, negli stereotipi di genere e di linguaggio, negli gli abusi di potere radicati ancora oggi. Astolfi rielabora storia, sensazioni e percezioni personali, per mettere in evidenza l’automatismo folle che porta a trasformare in violenza, negazione e annichilimento tutto ciò che non si conosce.

Daughters and angels, Ph Cristiano Castaldi

Le Baccanti di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa

Nel quarantennale della loro avventura artistica (1985-2025), i Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa ritornano alla tragedia greca in una sorta di fil rouge nella loro produzione. Per celebrare questo anniversario, debutteranno con Istruzioni per l’uso del Divino Amore: mana enigmistico. LE BACCANTI di Euripide che “precipitano” a contatto col reagente Marcido una riscrittura integrale di Marco Isidori da Euripide.

La vicenda è riletta attraverso la lente del grottesco: la via dell’antica catarsi è percorsa da una spiccata dimensione ludica; trionfa il gioco del Teatro, affidato alla voce di un coro tragico che diventa Coro Marcido, catalizzatore di un’energia scenica travolgente, una voce sola, un tutt’uno con la macchina scenica che campeggia sul palco. Questa volta è il Palazzo di Penteo, l’ultima delle straordinarie invenzioni della scenografa Daniela Dal Cin: gli interpreti lo scalano, lo assediano, s’inerpicano sopra e dentro l’architettura aprendo botole e svelando meccanismi nascosti, nel segno di quella fantasia sorprendente che è il simbolo più vivo e più conosciuto del teatro dei Marcido. “Istruzioni per l’uso del divino amore: mana enigmistico.

Baccanti di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa

LE BACCANTI di Euripide che “precipitano” a contatto col reagente Marcido, traduzione di Marco Isidori, con Paolo Oricco, Maria Luisa Abate, Valentina Battistone, Ottavia Della Porta, Alessio Arbustini, Vincenzo Quarta, L’Isi, regia Marco Isidori, luci Fabio Bonfanti, scene e costumi Daniela Dal Cin. Produzione Teatro Stabile Di Torino – Teatro Nazionale, Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa. A Torino, Teatro Gobetti, dal 25 febbraio al 9 marzo.

Mario Perrotta nel racconto intimo di Domenico Modugno

Il nuovo monologo in parole e musica Nel blu – avere tra le braccia tanta felicità dell’attore, autore e regista Mario Perrotta (a Modena, Teatro Storchi, il 28 febbraio e 1 marzo, poi al Dadà di Castelfranco Emilia il 2, e all’Arena del Sole di Bologna dal 4 al 9 marzo, prodotto da Permar / Compagnia Mario Perrotta ed Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale), si ispira alla figura del grande cantautore Domenico Modugno che con la sua voce, corpo, storia e arte ha incarnato meglio di chiunque altro lo spirito di quell’epoca carica di speranze che furono gli anni a cavallo del 1958, subito prima e dopo l’inizio del boom economico.

Accompagnato dai musicisti Vanni Crociani, Giuseppe Franchellucci e Massimo Marches, Perrotta porta in scena il racconto intimo di un uomo di una terra dimenticata da Dio, quella Puglia che sarebbe rimasta «Alla periferia del regno ancora per decenni, almeno fino a quando anche io la lasciai per cercare una vita artistica altrove», commenta Perrotta.

Un uomo che parte all’avventura per “fare l’attore” e si ritrova, dopo pochi anni, a suggerire a tutto il mondo una possibilità per “volare”. Proverò ad accostare la sua storia con tutta la cura possibile, per non tradire un uomo della mia terra, e la mia terra stessa. Un racconto di un’esistenza guascona e testarda in cui i musicisti/compositori con me sul palco sono l’altra voce di Modugno, quella voce che le parole non riescono e non possono rappresentare».

Mario Perrotta in Nel blu Ph Luigi Burroni

La Thérèse di Émile Zola secondo Stefano Ricci

Confrontandosi con Thérèse Raquin, il celebre romanzo naturalista di Émile Zola, Stefano Ricci, che firma testo e regia, dirige Donatella Finocchiaro conducendola in un sistema orbitale antropologico che parte dalla figura di Thérèse e, attraverso il Tempo, fotografa le fragilità del nostro quotidiano. La torbida storia di adulterio, delitto e rimorso, che Zola definiva un «Grande studio psicologico e fisiologico», nel quale ha fatto «Su due corpi vivi ciò che i chirurghi fanno su dei cadaveri», assume nello spettacolo di Ricci le caratteristiche di un’indagine dei nostri giorni, un vagabondaggio nell’acre coscienza di poter sopravvivere dopo la tragedia in un mondo privo di intelaiatura emotiva.

Ricci destruttura l’opera di Zola per raccontare il tempo che abitiamo oggi, a partire dal senso di colpa che condiziona i comportamenti dei personaggi come un’affezione, un’attitudine corporale e febbrile.

Thérèse ph Rosellina Garbo

“Thérèse”, ispirato a Thérèse Raquin di Émile Zola, testo e regia Stefano Ricci, con Donatella Finocchiaro, Alberto Carbone, Giulia Eugeni, Alessandra Fazzino, operatore di camera Giulio Magazzù, movimenti Stellario Di Blasi, musiche Andrea Cera, scene Eleonora De Leo, costumi Gianluca Sbicca, light designer Gianni Staropoli. Produzione Teatro Biondo Palermo. A Palermo, Teatro Biondo, fino al 2 marzo; poi al Rossetti di Trieste, dal 4 al 7 aprile, e al Teatro Remondini di Bassano del Grappa il 9 e 10.

Carlo Cecchi ne La leggenda del santo bevitore

Con La leggenda del santo bevitore, il poetico testo di Joseph Roth sulla vita del senzatetto Adreas Kartak, che nel 1939 fece breccia nel cuore dei lettori di tutta Europa, il grande maestro del teatro Carlo Cecchi si consegna alla regia di Andrée Ruth Shammah per ripercorrere la parabola del protagonista verso un’inquietante discesa nel delirio, un’esistenza perduta dietro alle occasioni della vita ma protesa fino alla morte verso l’adempimento di un dovere morale.

Portentosi colpi di fortuna, imprevedibili incontri, inaspettati guadagni, stupefacenti rinvenimenti che si dissolvono nell’alcool, sono raccontati con profonda e fragile umanità, da Cecchi, allo stesso tempo protagonista e narratore.  La società e la storia non figurano, vivono nella mente dell’autore e appaiono attraverso proiezioni fantasmatiche, che rimandano lontano nel tempo, alla storia d’Europa, ma anche a quella dell’uomo, dei suoi desideri, delle sue traversie. Lo stesso bar dove si svolge la vicenda è una suggestione visiva.

Le immagini entrano nello spettacolo come memoria e fantasia, sostenute da una colonna sonora che va da Stravinskij al jazz, dalle melodie yiddish e russe alla musica parigina.

La leggenda del Santo bevitore Carlo Cecchi con Giovanni Lucini Ph Francesco Bozzo

“La leggenda del santo bevitore”, di Joseph Roth, adattamento e regia Andrée Ruth Shammah, con Carlo Cecchi, e con Claudia Grassi e Giovanni Lucini, con le suggestioni visive di Luca Scarzella e Vinicio Bordin, spazio scenico Gianmaurizio Fercioni, luci Marcello Jazzetti, costumi Barbara Petrecca. Produzione Teatro Franco Parenti. Roma, Teatro India, dal 25 febbraio al 2 marzo.

L’universo femminile di Abbondanza/Bertoni

Un quartetto in lingerie color carne e bionde parrucche per raccontare l’universo femminile nel terzo millennio. L’immaginario cui fa riferimento Femina, l’ultima produzione di successo della Compagnia Abbondanza/Bertoni, è immediato già nel titolo latino. Ma la distanza dagli avi però è abissale: la domanda che si pongono gli autori è «Come sia l’universo femminile oggi e quale la sua rappresentazione».

In uno spaccato coreografico dirompente in cui dall’omologazione bamboleggiante si passa, per contrasto, al vissuto vero, il lavoro gioca tra serialità e sospensione, tra resistenza ed efficienza. Coreograficamente firmato dalla sola Antonella Bertoni, Femina (a Reggio Emilia, Fonderia, il 25 febbraio) si svolge in un ambiente algido e senza connotazione: quasi uno studio di posa fotografico dove donne top e pop model danzano la loro esistenza con impeccabile e algido scarto marionettistico.

«Uno spazio – spiega Michele Abbondanza che ha curato la drammaturgia – di traduzione e allucinazione in un quadro scenico di possibili forme e nomi del donnesco e femmineo mondo contemporaneo».

Femina di Abbondanza-Bertoni

Indagine sulla società dell’incertezza

Il focus di drammaturgia fisica CARNE, diretto dall’artista associata a ERT Michela Lucenti, fa tappa nel Ridotto del Teatro Storchi di Modena dal 26 febbraio al 2 marzo, con I’m not a hero, Indagine sulla società dell’incertezza ideato, diretto e scritto da Emanuela Serra con la coreografia di Alessandro Pallecchi. Le domande che scavano nel vuoto che accomunano tutti gli esseri umani sono il terreno fertile d’indagine da cui i due artisti partono per la creazione di questo allestimento, che li vede insieme in scena anche come interpreti, e che segna un ulteriore tappa nella loro ricerca artistica nell’ambito della drammaturgia fisica.

I’m not a hero cerca una nuova verità espressiva attraverso l’uso del corpo e della parola, col disegno sonoro eseguito dal vivo da Guido Affini. Ispirato al concetto giapponese “Gaman”, un invito a conservare la dignità nei momenti difficili e nelle sfide della vita, mostrando maturità emotiva, autocontrollo, pazienza, resilienza ed empatia.

I’m not a hero Ph Simona Scaduto

Fiore di tenebra. La danza Butoh

Fiore di tenebra. La danza Butoh è il primo appuntamento del 2025 di #tuoCarmine, progetto internazionale tra teatro, arte, architettura, vita che dal 21 febbraio al 9 marzo, presso il Monastero del Carmine di Bergamo, inaugura il ciclo dei momenti di approfondimento e riflessione che il Teatro Tascabile alle differenti forme dell’arte, ai maestri teatrali del ‘900, al teatro di gruppo, al teatro e alla danza orientale e occidentale, alla letteratura, il cinema, le arti circensi, alla pedagogia e formazione dell’attore.

Tra gli spettacoli, il 28 febbraio Geynest Under Gore di e con Alessandra Cristiani. La perfomer e danzatrice prende spunto da un viaggio a Sarajevo, città dalla forza toccante delle sue rovine di guerra, e attraverso la danza ricerca l’essere umano nella sua matrice mitologica indagando una memoria mai risolta, fatta di desideri semplici e di segreti ingenui.

Il 29 la prima italiana dello spettacolo di Taketeru Kudo The Candy Explosion basato su La Tragedia, primo suo lavoro presentato a Tokyo nel 1992, adattato al contesto storico contemporaneo. Lo spettacolo, in cui Kudo collaborando con artisti di altre discipline tende ad un “teatro totale”, descrive la lotta di un uomo intrappolato nel dilemma tra la terra desolata della modernità e l’antica tradizione. L’opera è stata presentata in anteprima a Tokyo nel 2020 e ha viaggiato in tutto il mondo.

 

Fiore di tenebra. La danza Butoh Ph Fabio Massimo Fioravanti

ENTERTAINMENT. Una commedia in cui tutto è possibile

Lo spettacolo della compagnia Menoventi ENTERTAINMENT. Una commedia in cui tutto è possibile, per la regia di Gianni Farina (a Milano, PimOff, il 2 e 3 marzo), è un’arguta riflessione sui limiti e le possibilità della finzione teatrale, tratta dal testo dell’autore Ivan Vyrypaev, pluripremiato autore russo.

Lo spettacolo ribalta ogni prospettiva teatrale: in una platea vuota un uomo e una donna – Tamara Balducci e Francesco Pennacchia – assistono ad uno spettacolo. Ma la donna, poco avvezza ai meccanismi del teatro, interroga il compagno sui meccanismi dell’intrattenimento. I due sono allo stesso tempo spettatori, ma anche protagonisti dello spettacolo che vanno a vedere. E poi, un terzo personaggio assente, una donna che si intromette tra le rispettive coppie.

Allora le domande si moltiplicano, con un interrogativo in particolare: si può amare qualcuno che non c’è? Reiterando questa domanda, il testo di Vyrypaev ci accompagna ai confini della rappresentazione; entertainment indica un meridiano non segnato sulla carta della realtà, un ambiente in cui attori, spettatori e personaggi innescano un cortocircuito che confonde i ruoli: senza di te io non esisto. Il varco per entrare nel gioco delle parti viene aperto dall’amore, forza generatrice che unisce i giocatori e confonde gli scenari.

Entertainment, ph Fabio Fiandrini

RMX, Una riflessione sul mito di Narciso

Con una declinazione in chiave contemporanea sul mito di Narciso, la performance RMX, di Francesca Santamaria e Vittorio Pagani, si focalizza sulla relazione tra l’essere umano e lo specchiarsi con la propria immagine rappresentata. Utilizzando i propri smartphone come dispositivo drammaturgico, i performer mutuano una pratica scenica che genera e manipola contenuti audiovisivi (sfruttando i tools offerti dai social network: stories, reel, filtri, loop, ecc.) componendo immaginari estetico-formali tematici.

Concepito come un’immersione nelle profondità dell’immagine, il racconto diventa una metafora della mediazione tra il reale e il virtuale, indagando i concetti di sovrapproduzione e spaesamento nell’era digitale. Nell’epoca del web 3.0 tale pratica assume un significato particolare per via dell’accessibilità universale ai mezzi di produzione, fino a scalzare la creazione originale.

Nei media odierni i contenuti vengono prodotti sempre meno da un élite creatrice e sempre più per generazione spontanea, tanto da rendere indistinto il confine tra attività di produzione e consumo. Nella società della performance siamo tutti autori e fruitori, produttori e consumatori. In una parola coniata da Alvin Toffler siamo tutti Prosumer di uno spettacolo al centro del quale scegliamo di rappresentare l’immagine di noi stessi.

RMX, Vittorio Pagani e Francesca Santamaria Ph Michela Grandolfo

“RMX”, concept Pietro Angelini e Karlo Mangiafesta, creazione e azione Pietro Angelini, Francesca Santamaria, Vittorio Pagani, regia Pietro Angelini, sound design Filippo Lilli, light design Marco D’Amelio. Produzione 369gradi. A Spoleto, il 27 febbraio, Creative Hub Cantiere Oberdan; al teatro del Lido di Ostia (Rm), l’1 marzo.

Il desiderio di scoperta in Lost Nights

Lo spettacolo Lost Nights che il coreografo inglese Robert Robinson, primo vincitore del bando di residenze Citofonare PimOff, presenta in anteprima, il 25 febbraio al PimOff di Milano, indaga l’impatto della pandemia sulle abitudini sociali delle nuove generazioni e sul loro sviluppo. In particolare, mira a scoprire le ripercussioni del distanziamento sulle modalità di interazione nel contesto del clubbing. Il coreografo accompagnato da due danzatori esplorerà il tema dell’essere giovani e del raggiungimento della maggiore età, attraverso il confronto tra le loro vecchie esperienze di vita notturna e quelle dei giovani d’oggi.

Attraverso la danza, Lost Nights prova a catturare aspetti essenziali da sempre associati all’idea di giovinezza, quali la connessione con sé stessi e il desiderio di scoperta, ma in un mondo cambiato dagli eventi degli ultimi anni. Appassionato di film, fotografia e danza, Robinson, fondatore nel 2014 del BalletWorks, e dal 2023 direttore del Festival Origen in Svizzera, con il suo lavoro cerca un modo per mescolare insieme questi mezzi espressivi.

Lost nights

Bidibibodibiboo ritratto al vetriolo sul mondo del lavoro

A inaugurare la 12/ma edizione di Materia Prima Festival di Firenze, l’evento dedicato al panorama teatrale e performativo contemporaneo, a cura di Murmuris (dal 1 marzo al 4 aprile), è Bidibibodibiboo, spettacolo vincitore agli Ubu 2024 come miglior nuovo testo italiano, di Francesco Alberici. L’autore traccia un ritratto al vetriolo della disastrosa situazione in cui versa il mondo del lavoro ai giorni nostri tramite le traversie di un giovane impiegato.

Dipendente a tempo indeterminato di un’importante multinazionale, Pietro è inspiegabilmente preso di mira da un superiore e inizia a vivere un incubo. Il fratello Daniele, drammaturgo teatrale, sceglie di raccontarne pubblicamente la vicenda, trasformandola nel soggetto di uno spettacolo, mettendo in discussione ogni certezza e distinzione tra realtà e finzione, in un intreccio che intende scardinare l’idea stessa di autenticità in un continuo scambio di ruoli e di identità, creando confusione tra persona e personaggio, alla ricerca forse di un riscatto, seppur immaginario e solo in “un mondo di fantasia”.

BIDIBIBODIBIBOO @ Masiar Pasquali

Bidibibodibiboo”, regia e drammaturgia Francesco Alberici, con Francesco Alberici, Maria Ariis, Salvatore Aronica, Andrea Narsi, Daniele Turconi, scene Alessandro Ratti, luci Daniele Passeri. Produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione in coproduzione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Ente Autonomo Teatro Stabile di Bolzano. A Firenze, Teatro Cantiere Florida, 1 marzo.

La Cenerentola di Fabrizio Monteverde per il Balletto di Roma

Nel riallestimento di C’era una volta Cenerentola non cambiano l’atmosfera, il sapore, l’ambientazione e i valori di una coreografia del repertorio del Balletto di Roma, firmata da Fabrizio Monteverde. Secondo il coreografo quella di Cenerentola è una storia apparentemente semplice: rivalità tra sorelle, desideri inespressi che finalmente si realizzano, la virtù premiata anche se vestita di stracci, la punizione per i malvagi e gli sfruttatori. In realtà sotto questa superficie lineare e apparentemente trasparente si nascondono dei complessi sentimenti inconsci, che sono poi alla base del successo della storia di Cenerentola nel corso dei secoli.

È una fiaba che continua a parlare di adolescenza, della fatica di crescere, specialmente per chi è ai margini, delle prove da superare per raggiungere l’autonomia, ma soprattutto del ruolo effimero dell’immagine esteriore, come parametro considerato ieri come oggi – il “c’era una volta”, ma che oggi c’è ancora – fondamentale per potersi affermare nella vita e nelle relazioni sociali. Il 25 febbraio, al Teatro Comunale di Bolzano; il 26, al Teatro Zandonai di Rovereto.

C’era una volta Cenerentola di Fabrizio Monteverde

La Grande Menzogna su Paolo Borsellino

Lo spettacolo, di Claudio Fava La Grande Menzogna, che dirige l’attore David Coco, è il furto di verità che il nostro Paese ha subito sulla morte di Paolo Borsellino, ridotta ormai a un garbuglio di menzogne, finti testimoni, amnesie, sorrisi furbi, processi viziati, infiniti silenzi e sfacciate, sfacciatissime menzogne. Il testo non porta in scena la narrazione minuziosa del depistaggio, perché non vuole essere un’operazione di teatro pedagogico della memoria: è anzitutto un’invettiva.

E protagonista ne è lui, Borsellino: raccontato non più – come cento volte si è fatto – nell’agonia e nella morte, ma nella condizione risolta di chi non c’è più. E vuol riepilogare le cose accadute, con il divertito distacco di chi è ormai oltre e altrove.

Un Borsellino picaresco, sfrontato, rabbioso, lucido, imprevedibile, mai mesto. La sua invettiva non ha come obiettivo mafie e manovali mafiosi, bensì noi. Il buon pubblico dei vivi, dei giusti, degli addolorati, dei falsi penitenti, degli irrimediabili distratti. Alla banalità del male, la voce del giudice sostituisce la banalità del bene, la sua ovvietà, il comodo rifugio di chi inventa eroi ed eroismi per non accorgersi che della verità viene fatto scialo sotto i suoi occhi.

«In questo paese fa comodo a tutti pensare che dietro la mafia ci sia solo mafia. Che le ombre sono solo macchie di luce. Che dopo ogni notte ritorna il giorno, e si porta via i pensieri storti, i sospetti, i silenzi…», dirà Borsellino, tra le ultime battute, in un dialogo immaginario con noi e con sua figlia Fiammetta.

Al Teatro Belli di Roma, dal 25 febbraio al 2 marzo. Produzione Nutrimenti Terrestri.

David Coco in La Grande Menzogna

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