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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 3 al 9 marzo.
Danza e teatro
Tre coreografi del Novecento al San Carlo di Napoli
In un’unica soirée, al Teatro di San Carlo di Napoli (dal 2 marzo, e con repliche fino al 6) un secolo di danza con tre straordinari coreografi del Novecento: un trittico dedicato a Serge Lifar, Roland Petit e William Forsythe. Impegnati Étoiles, Solisti e Corpo di Ballo del Lirico di Napoli, con la direzione di Clotilde Vayer.
Il programma si apre con Suite en blanc di Lifar per proseguire con L’Arlésienne di Petit, e in chiusura con In the Middle, Somewhat Elevated di Forsythe. Suite en Blanc, creata nel 1943, è una celebrazione del neoclassicismo in cui la purezza delle linee e l’eleganza accademica esaltano la tradizione francese attraverso una coreografia astratta sulla musica che Édouard Lalo compone per il balletto Namouna.
L’Arlésienne, una delle opere più struggenti di Petit, ideata nel 1974, è il dramma di un amore che converge drammaticamente verso la morte: Frédéri e Vivette sono i protagonisti dell’omonima piéce nata dalla penna di Alphonse Daudet e per cui Geoges Bizet realizza le musiche di scena.
Con In the Middle, Somewhat Elevated, creato nel 1987 su commissione di Rudolf Nureyev per l’Opéra di Parigi, William Forsythe spinge i limiti del linguaggio classico con dinamiche estreme, scomposizioni del movimento e un uso innovativo dello spazio, amplificato dalla colonna sonora elettronica di Thom Willems.
November, satira feroce sul sogno americano
Con la regia di Chiara Noschese, anche interprete accanto a Luca Barbareschi, debutta al Teatro Argentina November del premio Pulitzer David Mamet. La commedia di gioca con un umorismo cinico e affilato, tipico dello stile del drammaturgo. Scritto nel 2007, nel pieno della grande recessione, November è una satira feroce e divertente, un affresco esilarante di un Paese in crisi, dove il sogno americano diventa la giustificazione per ogni mezzo, anche il più discutibile.
Ambientata nel novembre dell’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, November segue il presidente uscente Charles Smith, le cui possibilità di rielezione sono minate da un calo dei consensi, da fondi sempre più scarsi e dalla minaccia di una guerra nucleare imminente. Nonostante tutto sembri andare contro di lui, mentre il suo staff ha già gettato la spugna e sua moglie si sta preparando per la sua vita post-Casa Bianca, Chuck non è ancora pronto a mollare. Con una serie di mosse audaci e un evento pubblico inaspettato – il perdono di due tacchini, da graziare dalla macellazione prima del Giorno del Ringraziamento – il presidente tenta di riacquistare la fiducia del pubblico e di salvare la sua carriera.
La commedia non solo esplora la corruzione e la manipolazione che segnano la politica, ma anche la fragilità di un sistema che, pur di mantenere il potere, è disposto a sacrificare ogni principio morale.

“November”, di David Mamet, traduzione Luca Barbareschi, regia Chiara Noschese, con Luca Barbareschi, Chiara Noschese, Simone Colombari, Nico Di Crescenzo, Brian Boccuni, scene Lele Moreschi, costumi Federica De Bona, luci Francesco Vignati. Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale e Cucuncia Entertainment s.r.l. A Roma, Teatro Argentina, dal 4 al 16 marzo.
Torna al Piccolo di Milano Ho paura torero
Dopo il debutto in prima assoluta della scorsa stagione, che ha registrato tre settimane di tutto esaurito, torna in scena, al Piccolo Teatro Grassi, Ho paura torero, del cileno Pedro Lemebel, con la regia di Claudio Longhi e protagonista Lino Guanciale.
Primavera 1986, alle cinque della sera…Santiago è una città di mezza tacca, schiacciata dai pattugliamenti e tutta intenta a spidocchiarsi tra la disoccupazione e il quarto di zucchero preso in prestito all’emporio. Nell’arena tumultuosa di notti marimbe e vagabonde, squarciate dai lampi dei blackout per i cavi elettrici scoperti e cullata dal gracchiare radiofonico di languide canzoni al miele e dulce de leche di Al ritmo del cuore, la Fata dell’angolo (travestito passionale), lo studente Carlos (militante del Fronte Patriottico Manuel Rodríguez), il generale Augusto José Ramón Pinochet Ugarte e la sua fedelissima Doña Lucía, persi nel coro scomposto della città indolente e febbricitante, danzano, sinuosi o impettiti, il loro fatale e grottesco bolero col destino…
Le pagine chiassose e taciturne, arrabbiate e struggenti, ciniche e innamorate di Ho paura torero costituiscono un racconto di formazione, in bilico tra una dimensione privata, intima, sentimentale e una politica, sociale. La prima è quella nella quale volteggia la Fata dell’angolo. L’altra è quella dell’utopia, dell’idealismo, della strenua opposizione al regime di Pinochet, che infiamma azioni e pensieri del giovane studente universitario; approfittando del fascino esercitato sulla Fata, Carlos ne trasforma il ‘nido’ in base e nascondiglio per le riunioni clandestine del Fronte Patriottico Manuel Rodríguez.

“Ho paura torero”, di Pedro Lemebel, trasposizione teatrale Alejandro Tantanian, regia Claudio Longhi, con (in o.a.) Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, Lino Guanciale, Diana Manea, Mario Pirrello, Sara Putignano, Giulia Trivero, scene Guia Buzzi, costumi Gianluca Sbicca, luci Max Mugnai, visual design Riccardo Frati. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa. A Milano, Piccolo Teatro Grassi, dall’8 al 23 marzo; al Teatro Bellini di Napoli, dal 26 al 31, e al Teatro Argentina di Roma, dal 3 al 17 aprile.
Partitura sentimentale per biblioteche
Il nuovo testo di Lucia Calamaro Tipi umani seduti al chiuso. Partitura sentimentale per biblioteche, è ambientato in una piccola biblioteca di quartiere, capace di trasformarsi in tutte le biblioteche del passato, simbolo di tutte le biblioteche del mondo. Un luogo fatto di libri, ma anche di grande umanità.
All’interno si trova una donna, Simona, che di mestiere scrive ma non riesce a farlo a casa sua. Il suo immaginario si riattiva solo e unicamente in biblioteche piccole e poco frequentate. Nella sua mente piccole figure minori, tre bibliotecari con piccole biografie spampanate.
Riccardo, sentimentale e buono senza scampo, ha un figlio in rivolta col mondo. La moglie è via, si è presa una vacanza dalla casa. Torna? Mah. Il nipote è un nostalgico dell’Ottocento, non trova pace o conforto alcuno nella contemporaneità, è fuori tempo. Lorenzo è contento di essere lì e di essere bibliotecario. Classicamente innamorato di una ragazza in lotta dichiarata col sistema che proprio non lo vuole, Susanna, che suona note tristi.
Simona fa arrivare in questa biblioteca-tinello di umori e stati d’animo mesti, lo straniero: cerca lavoro Filippo, curatore d’arte d’improbabili artisti conosciuti solo da lui, colto ma d’impianto inaffidabile. I soliti temi bussano alla sua solita vita. I personaggi vanno e vengono. I toni a volte si alzano, il cuore non sa che farci. Certe note assemblate sgocciolano malinconia. Simona vorrebbe dire altro, ma in una intera esistenza si hanno solo tre o quattro idee sulle cose e sul mondo, che si ripetono in forme diverse e che in lei, oggi, stanno perdendo senso.

“Tipi umani seduti al chiuso. Partitura sentimentale per biblioteche”, testo e regia Lucia Calamaro, con Riccardo Goretti, Lorenzo Maragoni, Cristiano Moioli, Cristiano Parolin, Filippo Quezel, Susanna Re, Simona Senzacqua, scena Alberto Nonnato, costumi Lauretta Salvagnin, luci Nicolò Pozzerle, musiche Susanna Re. Produzione del TSV – Teatro Nazionale. A Treviso, Teatro Del Monaco dal 6 al 9 marzo.
Ma perché è sempre Natale?
Nel suo romanzo epistolare, la scrittrice palermitana Rosemarie Tasca d’Almerita racconta una vicenda privata affrontando il difficile tema della salute mentale, che coinvolge molti giovani e le loro famiglie. Quattro donne esplorano l’inquietudine della protagonista Lucia che, crescendo, si sottrae alle prove della vita adulta. Una vita in movimento, alla ricerca smaniosa di qualcosa che non riesce o non vuole afferrare.
La trasposizione teatrale del romanzo è sospesa tra reale e irreale, tra immagini e ricordi distorti, filtrati attraverso gli occhi e i desideri di Lucia. La scena è una scatola chiusa che, come una prigione, confina la protagonista in un luogo indefinito e claustrofobico. Da questa scatola, che rappresenta la sua stessa mente, riaffiorano flashback della sua tormentata esistenza.
«La storia di Lucia – afferma Tasca d’Almerita – è una storia come tante. È una storia di bellezza e tristezza, come un mare che non conosce sé stesso, ignaro delle proprie maree, incapace di prevedere quando sarà in tempesta o in bonaccia. Eppure, nonostante tutto, quel mare non si arrende mai».

“Ma perché è sempre Natale?” dall’omonimo romanzo di Rosemarie Tasca d’Almerita, adattamento di Micaela De Grandi, Valentina Ferrante, Emanuele Maria Russo, regia Ferrante/De Grandi, con Ginevra Di Marco, Gaia Bevilacqua, Micaela De Grandi, Valentina Ferrante, musiche originali Luca Mauceri, luci Antonio Sposito, scene, costumi e video Banned Theatre. Produzione Teatro Biondo Palermo. A Palermo, Teatro Biondo, fino al 9 marzo.
In tournée l’omaggio a Ennio Morricone
È un omaggio visionario al maestro Ennio Morricone la nuova produzione CCN/Aterballetto, Notte Morricone (a Reggio Emilia, Teatro Municipale Valli, il 4 e 5 marzo, a Pavia, Teatro Fraschini, il 7, a Cremona, Teatto Ponchielli, l’11), firmata dal coreografo spagnolo Marcos Morau.
Cuore pulsante dello spettacolo, sono le musiche cinematografiche che hanno segnato l’immaginario collettivo italiano e internazionale: da Nuovo Cinema Paradiso a Once Upon a Time in America, da Per un pugno di dollari a Scarpe Rotte.
La pièce si svolge nello studio del compositore e, attraverso la scrittura onirica e simbolica di Morau, che intreccia sogno, realtà e suggestione visiva, accompagna il pubblico in un viaggio tra ricordi ed emozioni. Ispirato al cinema, alla fotografia e alla letteratura Morau crea mondi scenici dove immagine, testo, movimento, musica e spazio si fondono in un universo suggestivo dove l’uso evocativo delle luci e delle proiezioni, amplificano la forza espressiva dei danzatori.
Il risultato è un’esperienza immersiva, in cui la danza dialoga con le sonorità senza tempo di Morricone, dando vita a un incontro potente tra arte visiva e movimento.

Giacomo Matteotti (anatomia di un fascismo)
Le quattro e mezza del pomeriggio del 10 giugno 1924. Alcuni testimoni dichiarano di aver assistito a una colluttazione all’interno di una vettura e di aver visto espellere quello che sarà riconosciuto essere il tesserino del deputato on. Giacomo Matteotti.
Matteotti (anatomia di un fascismo) scritto da Stefano Massini e diretto da Sandra Mangini, ripercorre l’ascesa e l’affermazione di quel fenomeno eversivo che Matteotti seppe comprendere, fin dall’inizio, in tutta la sua estrema gravità, a differenza di molti che non videro o non vollero vedere. Matteotti li riconobbe: quelli che al caffè dietro il Duomo, a Ferrara, ordinavano il “celibano” perché non lo sapevano che “cherry-brandy” è inglese; quelli che dicevano di riportare ordine nel disordine, perché il fascismo ha assoluto bisogno di sentirsi in pericolo, di attaccare per non essere attaccato; quelli che, d’un tratto, sfilarono in migliaia dietro al Contessino Italo Balbo e si presero l’Italia intera.
Giacomo Matteotti – l’oppositore, il pacifista, lo studioso, l’amministratore, il riformista, il visionario – prese la parola, pubblicamente e instancabilmente, nei suoi molti scritti e nei suoi moltissimi discorsi: una parola chiara, veritiera, fondata sui fatti, indiscutibile. Una parola che smaschera. Per questo fu ucciso.
A cento anni di distanza è il teatro, è la musica, sono le parole di Stefano Massini, la voce di Ottavia Piccolo, i suoni de I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo a prendersi l’impegno di parlare. Lo spettacolo è in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano dal 4 al 9 marzo.

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore
Debutta in prima assoluta al Materia Prima Festival di Firenze Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, nell’adattamento dall’omonimo racconto di Raymond Carver prodotto dal collettivo tre volte premio Ubu Sotterraneo, che segna l’esordio alla regia in solo di Claudio Cirri, tra i fondatori della formazione. Lo spettacolo è pensato per andare in scena nel contesto di abitazioni private (prenotazione obbligatoria a info@materiaprimafestival.com il 3, 4 e 5 marzo, in tre sessioni per ciascuna giornata alle 18, 19:30 e 21).
Due coppie di amici sedute a un tavolo (Maria Bacci Pasello, Fabio Mascagni, Luisa Bosi, Claudio Cirri) parlano davanti a una bottiglia di gin, si scambiano opinioni sull’amore, discutono di dove andare a cena. Ridono, scherzano. A poco a poco però le parole, i gesti, i silenzi rivelano tensioni che si insinuano nella conversazione e la fanno deragliare.
Un lavoro che rende omaggio alla tensione drammaturgica del grande scrittore americano riprendendone non solo fedelmente il testo, ma anche l’ambientazione con la scelta di andare in scena nelle case delle persone, gli interpreti attorno a un tavolo e il pubblico libero di spostarsi e osservarli.
I personaggi del racconto si mettono a nudo, non hanno niente a cui aggrapparsi, e così è per i quattro attori: nessuna musica di sottofondo, nessun apparato scenografico, nessun coup de théâtre. Solo quattro sedie, una bottiglia e gli occhi dei presenti, per essere complici di un rito che riporta alle origini del teatro.

Saburo Teshigawara e Gisèle Vienne a FOG
Il cartellone dell’ottava edizione di FOG Performing Arts Festival, progetto di Triennale Milano dedicato all’esplorazione delle nuove frontiere delle live art, entra nel vivo questa settimana con quattro debutti internazionali. Tra questi Waltz di Saburo Teshigawara (l’8 e 9 marzo), e Etude 6. On Crowd di Gisèle Vienne (il 7 e 8 marzo).
Le note di valzer provenienti da paesi ed epoche diverse accompagnano il lavoro di Teshigawara, coreografo e interprete tra i più rilevanti della danza internazionale, Waltz è l’incontro tra la gioia del valzer classico e il gesto rituale che scolpisce lo spazio, tra leggiadria e disciplina: un vortice di euforia e libertà che pulsa in un flusso rigoroso. Interpretato insieme alla sua storica collaboratrice Rihoko Sato, racconta una storia nuova, che sfida i limiti del movimento e dell’espressione. Un mondo incantevole e immaginifico, in cui la danza è l’elemento centrale di un’esperienza visiva e sensoriale più ampia, che mostra la potenza e l’incanto dei corpi in movimento. Etude 6. On Crowd di Gisèle Vienne, è la rappresentazione di un rituale: quello della festa, pratica collettiva che appartiene a tutte le epoche e società.
Nella simultaneità allucinatoria di luci, ombre, suoni e corpi in movimento di un rave party, la coreografa e danzatrice delinea una serie di ritratti affascinanti e profondamente umani, in cui affiora qualcosa che profondamente ci riguarda. Sorta di negativo di Crowd, la performance è incentrata sull’esperienza di due personaggi, segnati da una mancanza e da un bisogno vitale di folla.

A Bari, novità dei Kor’sia e del lituano Dovydas Strimaitis
Il 5 marzo alle 21 al Teatro Kismet di Bari, due performance che affrontano temi e linguaggi inediti, presentati dal Centro di produzione ResExtensa-Porta d’Oriente, di Bari, fondato da Elisa Barucchieri: una prima assoluta con Wolf Spider di Mattia Russo, Antonio de Rosa e Giuseppe Dagostino, fondatori e direttori artistici di Kor’sia, e Hairy, una prima italiana del coreografo lituano Dovydas Strimaitis, di base tra Francia e Belgio.
Rievocando l’energia dei riti dionisiaci e la tradizione del tarantismo come terapia musicale (musica originale di Alejandro da Rocha con la voce di Enza Pagliara e alle Tammorre Pagliara e Barucchieri), Wolf Spider esplora il potere ancestrale del corpo in movimento. Un’opera che celebra l’eredità culturale trasformandola in un linguaggio contemporaneo, portando il folklore dal passato al palcoscenico moderno. Hairy è un pezzo che letteralmente fa girare la testa, nel quale i capelli volano, si agitano, frustano l’aria o semplicemente ricadono immobili. Un vero e proprio omaggio alla libertà che con impressionante potenza è ricco di riferimenti culturali identitari e storici della danza.

L’evoluzionismo di Darwin nel racconto di Marco Paolini
Un racconto on the road che mette in luce con humour due gravi criticità del presente, la crisi climatica e il rapporto tra conoscenza e informazione, per riaffermare l’importanza di una voce che deve pesare nel nostro tempo, quella della scienza: è il nuovo lavoro di uno dei protagonisti del teatro civile e di narrazione Marco Paolini, che dopo aver raccontato la storia di Galileo Galilei nello spettacolo ITIS Galileo, torna a occuparsi di una figura cardine del pensiero moderno per raccontare la genesi della più scomoda delle sue teorie, l’evoluzionismo di Charles Darwin. Nel 2001 sono stati rubati dalla biblioteca di Cambridge i taccuini di Charles Darwin. 20 anni dopo, il giorno della Pasqua 2022, i quaderni venivano misteriosamente restituiti, in una busta, con la scritta “Librarian/ HappyEaster/ x”.
Alla teoria dell’evoluzione, rivoluzione scientifica tra le più importanti e controverse, Darwin arrivò con un lungo travaglio di dubbi: 22 anni di riflessioni prima di pubblicare The Origin of the Species, annotate su questi quadernetti. Ma che cosa successe in quei 20 anni?
Ideato con la collaborazione del filosofo delle scienze biologiche Telmo Pievani, del paleontologo statunitense Niles Eldredge e dello storico della scienza britannico James Moore, tra i maggiori studiosi della vita e dell’opera del celebre naturalista, Darwin, Nevada è diretto da Matthew Lenton, il visionario regista britannico della compagnia Vanishing Point, coprodotto da Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro Stabile di Bolzano, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, e Jolefilm.

Al Teatro Bonci di Cesena dal 6 al 9 marzo; al Teatro Arena del Sole di Bologna l’11 e il 12; al Teatro Storchi di Modena dal 13 al 16.
Martin Harriague al Network Internazionale Danza Puglia
Coreografo, scenografo, performer, lighting designer, compositore e musicista e attualmente direttore artistico dell’Opéra du Grand Avignon, Martin Harriague è il prossimo ospite della rassegna di danza contemporanea L’Arte dello Spettatore diretta da Ezio Schiavulli per il Network Internazionale Danza Puglia, con lo spettacolo Crocodile (il 9 marzo, al Teatro Traetta di Bitonto).
In questo spettacolo Harriague, in scena con Emilie Leriche con la quale firma a quattro mani coreografia e drammaturgia, torna ancora una volta alla forma del duo, questa volta regalando una danza d’amore che, a prima vista, potrebbe sembrare lontana dai temi sociali e ambientali che hanno segnato le sue opere precedenti. In questo duo firma una partitura sottile sull’incontro e l’innamoramento. Due corpi concordano, si punteggiano, si interrogano come tante parole unite durante un incontro.
Harriague, artista eclettico e uno dei più interessanti coreografi del panorama europeo, ha danzato per il Ballet National de Marseille con la Kibbutz Contemporary Dance Company a Israele.

Il sesso degli angeli secondo Roberto Castello
Coerentemente con il titolo, non ha alcun argomento. Si limita a collocare in una scena scabra due danzatrici – Erica Bravini e Ilenia Romano – che eseguono una partitura asimmetrica, capricciosa, a tratti spiazzante, che alla fine lascia trasparire, in filigrana, qualcosa di riconducibile alla dimensione angelica.
«L’intento iniziale de Il sesso degli angeli – scrive il coreografo Roberto Castello – era di ironizzare sulla propensione del mondo teatrale a ritirarsi in prudenti silenzi e riposizionamenti tattici nei momenti politicamente più delicati. Una volta iniziate le prove però la vis polemica ha cominciato a spegnersi mentre nel lavoro hanno iniziato ad emergere reminiscenze di anni lontani in cui, tra avanguardismo, teatro povero e influenze orientali, in molti erano alla ricerca della potenza espressiva dei corpi nella loro assoluta, nuda presenza. Un desiderio di centralità dell’umano che, combinando politica, mistica, filosofia e psicanalisi rispondeva a domande di un’altra epoca ma che torna forse ad avere un senso anche oggi».
A Firenze, CANGO, Cantieri Goldonetta, il 7 e 8 marzo, nell’ambito del festival La Democrazia del corpo.

Il Romeo e Giulietta del Bucharest National Ballet
La programmazione di danza del Centro Servizi Culturali S. Chiara prosegue ospitando un simbolo del balletto classico come Romeo e Giulietta, nella versione del Bucharest National Ballet, firmata dal coreografo Renato Zanella, su musiche di Sergei Prokofiev (al Teatro Comunale di Bolzano il 4 marzo).
Scritta da William Shakespeare nel 1593, la tragedia degli innamorati veronesi, sfortunati amanti, che, nonostante la loro giovinezza e la possibile ingenuità, seguono con determinazione e abbandono i loro profondi sentimenti d’amore, indipendentemente dalle conseguenze, è invero una storia d’amore consegnata all’eternità. L’opera debuttò per la prima volta nel 1938 a Brno (Repubblica Ceca) e fu presentato al Teatro Kirov (attuale Mariinskij) di San Pietroburgo solo nel 1940. Da quel momento entrò così a far parte della tradizione del grande balletto classico.
In questa versione del balletto nell’allestimento del Bucharest National Ballet e firmata da Zanella, la storia tragica dei due giovani amanti veronesi ostacolati dalle famiglie che ha ispirato Shakespeare, rivive vestendo abiti e abitudini consone alla sensibilità contemporanea.

Barbablù
I due protagonisti di Barbablù, nuova produzione di Campsirago Residenza con la regia di Michele Losi, non sono le figure di vittima e carnefice ma due testimoni, ispirati ai due gemelli della Trilogia della città di K di Ágota Kristóf, che conducono il pubblico in un viaggio attraverso una moltitudine di stanze di Barbablù.
L’origine della figura di Barbablù, trascritta e resa celebre da Charles Perrault, si perde nella notte dei tempi, nel patrimonio folklorico e nella trasmissione orale; Barbablù appartiene al mondo dell’immaginario collettivo, è un archetipo che incarna metaforicamente il male, si camuffa continuamente, si insinua e imperversa iconoclasticamente rinascendo ogni volta in nuove immagini di sé.
In questa scrittura originale, i protagonisti sono due testimoni che esaminano tanti Barbablù differenti, ciascuno con la propria camera segreta. Come due scienziati osservano, vivisezionano, analizzano e testimoniamo le sconfinate strade di follia e depravazione umana. Tema dello spettacolo diventa così il male assoluto. Quel delitto talmente grave che non può essere espiato attraverso un atto di redenzione. Quale strada diventa allora possibile per l’umanità quando il male supera la soglia dell’incommensurabile e dell’inespiabile, quando eccede la misura umana come nel caso del genocidio?
“Barbablù”, regia Michele Losi, con Benedetta Brambilla e Sebastiano Sicurezza, drammaturgia Sofia Bolognini, scene e costumi Michele Losi e Annalisa Limonta, suono Luca Maria Baldini e Stefano Pirovano, luci Stefano Pirovano e Alessandro Bigatti. Produzione Campsirago Residenza. A Milano, La Cavallerizza – Manifatture Teatrali Milanesi, dal 4 al 9 marzo.
Performance visiva nel mondo dell’arte contemporanea
Un viaggio nello straordinario mondo dell’arte moderna e contemporanea, una performance visiva tra forme metafisiche, misteriose sculture e opere dinamiche. Alter, della compagnia torinese Stalker Teatro, diretto da Gabriele Boccacini (a Teatri di Vita di Bologna, dal 7 al 9 marzo), è uno spettacolo visionario, che racconta, in 6 parti, la magia dell’arte. La prima è dedicata a Particelle veloci di Tony Cragg (1994).
La seconda mescola i riferimenti a 1/25 di Giulio Paolini (1965), La capanna esplosa n. 3 di Daniel Buren (1984) e due opere di Michelangelo Pistoletto: Cento mostre nel mese di ottobre (1976) e Architettura dello specchio (1990). Con la terza scena si entra nei mondi di Marina Abramović, Christian Boltanski, Anselm Kiefer, Tracey Moffatt, Aleksandra Mir, Chen Zhen.
Autoritratto in armatura a manto giallo di Giorgio De Chirico (1958) ci porta nella metafisica insieme a frammenti dalla conferenza Togliamo la maschera al modernismo del pittore. La quinta scena dialoga con Occhi evirati n. 4 di Haim Steinbach (1989/90), mentre a chiudere lo spettacolo saranno i Fragments di Ai Weiwei (2005), a cui è dedicata proprio in questi giorni una grande mostra a Bologna.

Contagio al Teatro Belli
Per Expo-Teatro Italiano Contemporaneo, Rassegna diffusa di drammaturgia italiana contemporanea, ideata da Società Per Attori, da Franco Clavari e Andrea Paolotti, va in scena al Teatro Belli di Roma, lo spettacolo diretto da Andrea Barbati Contagio (dal 4 al 6 marzo). Luca Vergoni, Francesca Blasutig, Pietro Bovi e Andrea Barbati, intrepretano il testo di Enzo Ferraro.
Una grave epidemia si sta diffondendo. Un virus che permette di trasmettere convinzioni politiche, religiose o altri ideali da una persona all’altra semplicemente parlandone, sta creando panico e caos. Tre persone di tre diverse idee politiche vengono rinchiuse, come pazienti (o forse cavie), in un ambulatorio, sotto il controllo di un infermiere incaricato di tenerli sotto osservazione. Costretti a una convivenza forzata, i tre si troveranno a dover affrontare le loro diversità ideologiche ma anche a collaborare, rivelando così l’ostacolo di qualsiasi ideologia: i sentimenti umani. Ciò che porterà i tre a contagiarsi l’un l’altro, sarà stato veramente il virus?
Alla Biennale di Venezia, l’Expositio Sancti Evangelii secundum Iohannem
La Biennale di Venezia presenta il Progetto Speciale dell’Archivio Storico Expositio Sancti Evangelii secundum Iohannem (Commento al Vangelo di Giovanni) di Johannes Eckhart (1260 – 1328 ca.), il teologo e mistico domenicano noto come Meister Eckhart.
Expositio Sancti Evangelii secundum Iohannem è la realizzazione scenica del commento al “quarto vangelo”, opera del magister sacrae theologiaeJohannes Eckhart, il cui pensiero rappresenta uno dei momenti più alti del misticismo occidentale, destinato a riverberarsi fino a noi dopo un lungo oblio. “Maestro di vita e non solo di dottrina” come lo chiamerà Heidegger, Eckhart sceglie di commentare il più personale dei quattro vangeli, quello scritto da Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”.
Pensato in dialogo con il particolarissimo spazio architettonico e artistico, la struttura scenica abbraccia l’atrio in tutta la sua ampiezza con una architettura lignea rettangolare leggermente sopraelevata che allude alla schola cantorum medievale per raccogliere insieme la comunità del pubblico, degli attori e del coro. Tutt’attorno alle pareti corre invece una leggera armatura metallica per le proiezioni video concepite dall’artista e computer graphic Andrew Quinn. Curato dal regista e drammaturgo Antonello Pocetti, l’Expositio affronta in cinque serate cinque dei temi sviluppati dal magister domenicano in quella che è considerata la sua massima opera in lingua latina.
“Expositio Sancti Evangelii secundum Iohannem”, di Meister Eckhart, regia, drammaturgia Antonello Pocetti, voci recitanti Federica Fracassi, Leda Kreider, Dario Aita, Coro della Cappella Marciana, direzione Maestro Marco Gemmani, scene Antonino Viola, video Andrew Quinn, luci Tommaso Zappon, musica e proiezione del suono Thierry Coduys. Portego delle colonne della Scuola Grande di San Marco – Ospedale Civile SS. Giovanni e Paolo, dal 5 al 9 marzo, e dall’11 al 15.