03 ottobre 2021

La creatività delle donne. Al festival Natura Dèi Teatri

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Venticinque anni di Festival Natura Dèi Teatri, e una serie di artiste a dare forma e sostanza a una nuova edizione che continua ad indagare le ragioni etiche che muovono il fare estetico. Intervista a Maria Federica Maestri e Francesco Pititto

Festival Natura Dèi Teatri 2021

Pluralità di mondi performativi, lingue sceniche, universi sensibili e modi di fruizione, interpretati dalle opere performative e visuali di artiste di diverse generazioni e provenienze. Intervista ai direttori artistici Maria Federica Maestri e Francesco Pititto.

Il focus di questa venticinquesima edizione del festival (al Lenz Teatro di Parma, dal 7 ottobre, al 26 novembre) è sulla creatività femminile. Saranno presenti donne di diversa generazione e provenienza. Nella loro selezione, quale criterio vi ha mosso? Che cosa siete andati a cercare che rispondesse a una vostra idea di linguaggio scenico, di ricerca artistica, di pensiero contemporaneo?
La prima spinta è stata di natura confidenziale, affettiva, umana. In questi venticinque anni sono state davvero tantissime le artiste che hanno partecipato alle diverse edizioni del festival e molte di loro sono tornate ciclicamente a Parma per presentare i propri lavori o per realizzarne ad hoc, stimolate dal tema concettuale che di volta in volta caratterizzava il festival. A dare forma e sostanza a questa edizione saranno proprie le artiste con cui abbiamo dialogato con più continuità ed intensità, quelle con le quali pur nella differenza e distanza linguistica abbiamo percepito affinità e similitudini di fondo, nitide assonanze con le ragioni etiche che muovono il fare estetico.

Lenz Fondazione, Iphigenia in Tauride – ph. Maria Federica Maestri

Nei vostri lavori, la rilettura del “tragico” è un tema ricorrente, una modalità d’indagine sempre rinnovata. Qual è stato l’approccio nei due lavori previsti quest’anno, ovvero “Iphigenia in Tauride”, che aprirà il festival, e “Orestea”, summa di un progetto scenico quadriennale?
Ifigenia in Aulide, Ifigenia in Tauride, #Nidi per Agamennone, #Latte per Coefore, #Pupilla per Eumenidi, la saga degli Atridi, l’autorità e il potere degli dèi risolutivo, il pareggio della Polis a testimoniare lo stallo. Erinni per Eumenidi, Eumenidi per Erinni, il teatro non può salvare il mondo e quel che rimane oggi è la ferocia sulla quale il mondo si è formato. Si è forse fermata la guerra? La progressiva distruzione del pianeta? Nemmeno in un sogno idilliaco, e forse solo negli incubi può resuscitare l’origine bestiale che vive dentro ogni essere umano, uomo e donna, singolo e in gruppo, e in particolare nel clan, nella famiglia. E qui bisogna tornare, il mondo ristretto tra le mura domestiche è, come sempre, il teatro dei sentimenti e comportamenti umani scoperti, veri e diretti, nel bene e nel male. Il potere, l’affetto, l’amore, l’odio, la vendetta sembrano rimanere intatti dentro il nucleo ereditario, in parte refrattari a quanto accade al di fuori; anche se strettamente legati all’ordine dato, alla norma democratica della partecipazione, diritti e doveri sì ma prima quelli del di dentro, lì il cittadino è prima figlio, madre, padre, zio, nonno e così via. Da questo pur semplice corso delle cose possiamo indagare sul senso della citazione, sull’opportunità dell’interpretazione, della riscrittura, della messa in scena di questa trilogia. Non può esserci rappresentazione tragica senza la presenza di quelli che amiamo chiamare “attori sensibili”, dotati di quella forza espressiva illimitata che permette loro di dire la verità, anche la più cruda. Hanno un respiro senza tempo, vocalità antiaccademica e anti-sperimentale, eco di un altrove del pensiero, postura naturale senza affettazione, gestualità funzionale. Abbiamo escluso l’immagine, non abbiamo avvertito l’esigenza di aggiungere all’antimateria portata dalle attrici figure virtuali, epifanie del mondo reale: già loro erano, oltre ai corpi, immagine vera, sincera, materica.

Lenz Fondazione, La Creazione – ph. Francesco Pititto

Ancora una volta un’immersione nei testi sacri, col debutto del vostro nuovo progetto La Creazione, scrittura performativa, sonora e per immagini ispirata ai testi della Genesi, dei Salmi e al poema Paradiso perduto di John Milton, con la musica dell’opera di Haydn Die Schöpfung e ispirati dalla scrittura sonora di Andrea Azzali. La dimensione del sacro è un vostro “oggetto” esplorativo. Che concetti sottostanno ad esso? Cosa vedremo in scena?
Il forte impatto visivo, quasi cinematografico della partitura di Die Schöpfung di Haydn, che tra recitativi, arie, pezzi d’insieme e cori porta a esplosioni orchestrali originarie, all’apparire della prima luce, alla precisa descrizione della Natura e degli animali, ai poetici duetti amorosi di Adamo ed Eva fino al ringraziamento finale a Dio, tutto questo Caos linguistico, compresi gli effetti potenti beethoveniani e le raffinatezze mozartiane rende La Creazione di Haydn un’opera assolutamente contemporanea. Le figure – gli Arcangeli, Adamo e Eva – sono portatrici di innumerevoli stimoli linguistici. Per altro i temi sviluppati sono tuttora presenti, proprio perché senza tempo, nell’arte e nella cultura contemporanei. Mettere in relazione il limite della “prospettiva umana”, la dimensione umana del tempo e le ultime ricerche scientifiche sull’origine dell’Universo, o degli universi, nonché sulla comparsa del primo uomo e della prima donna sulla Terra è argomento drammaturgico di notevole interesse e complessità. Però, al pari della ricerca scientifica e teologica, pensiamo che la ricerca artistica possa contribuire a sviluppare nuovi orizzonti di conoscenza, di profonda esperienza intellettuale sia tramite l’esperienza dell’atto concreto sia tramite la messa in musica del canto. La dimensione del sacro è presente nella nostra storia artistica, gli approfondimenti sulle coplas e canciones di Juan de la Cruz sono già immersioni profonde nello scuro dell’essere, nel buio cercando la Luce, l’Estasi, il Carmelo, sulla “conoscenza sperimentale di Dio” come scrive Agamben. Mettere in primo piano, per i prossimi anni, la questione del sacro significa interrogarsi sulla necessità del teatro, del rito, della comunità in un tempo nel quale sembra prevalere, spesso in sostituzione del corpo fisico, la potenza dell’immagine, la convivenza con il virtuale, la rinuncia alla socialità.

Antonella Bertoni, C’è vita su Venere – ph. Andrea Macchia

Una sezione importante del festival è dedicata alla danza contemporanea. Il panorama coreografico di performer donne è molto vasto. La scelta è caduta su artiste rigorose e visionarie come Cristina Kristal Rizzo, Silvia Rampelli, Doris Uhlich, Gloria Dorliguzzo, Antonella Bertoni. Cosa avete individuato nella loro danza?
La tensione intellettuale, lo sforzo concettuale che guida il loro danzare. L’irriducibile necessità di interrogarsi sul senso del proprio agire artistico, l’indifferenza alle maniere e alle tendenze, la volontà instancabile del proprio ricercare: la danza come atto di pensiero.

Lenz Fondazione, Orestea – ph. Maria Federica Maestri

Quale messaggio politico e culturale vuole far emergere questa 25° edizione del festival?
Questa edizione tematicamente dedicata al Toccare/Sforzo, ispirazione dall’opera del filosofo Jean-Luc Nancy, purtroppo recentemente scomparso, vuole dare voce a una differenza, quella femminile, che ribadisce la propria soggettività nei modi di abitare il mondo, di fondare linguaggi, alla ricerca di autenticità singolari e uniche. Rispondiamo citando le note e le interrogazioni di Silvia Mei, curatrice del Seminario che il 20 novembre presenteremo al nostro festival, “Ci si può quindi comportare da donna, come sollecita l’espressione inglese woman up, ma nei termini di una presa di parola sulla propria condizione, che non sia cioè solo una questione di coscienza o un’azione di rivolta? Strette in un paradosso, tra il superamento dei generi e la discriminazione sessista, sentiamo, da donne, di ribadire questa nostra differenza e di partire da lì per reclamare uguaglianza, al di là di vuote formule e quote. Ci sentiamo promotrici di utopie comunitarie, di messaggi ecologisti, di sfide umane e umanitarie. Sappiamo del resto che è difficile affrontare simili questioni senza correre il rischio di posizionamenti ideologici o di assumere toni radicali. Partiremo allora dalle evidenze, da particolari irriducibili: ovvero da poetiche, pratiche, biografie, modelli e aspirazioni. Partiamo dalla realtà di quello che siamo e che siamo state per continuare a essere quello che desideriamo”.

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