31 dicembre 2025

Riportare il cinema in città: l’esperimento di SottoTraccia a Benevento

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Nato come festival di arte contemporanea, SottoTraccia presenta una rassegna che mette in dialogo cinema e videoarte e fa riflettere sulla carenza di sale nelle città italiane

Ciao bambino, 2025, regia di Edgardo Pistone

Non c’è mai stata una tale abbondanza e disponibilità di immagini in movimento – film e serie tv di ogni genere, documentari, cortometraggi, animazioni e altro ancora, fino ai reel dei social network – eppure i luoghi di fruizione per eccellenza di questo linguaggio sembrano trascinarsi un una lunga agonia. Le produzioni proseguono – anche se in Italia, nell’ultima legge di bilancio si segnala una riduzione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nell’audiovisivo – ma i cinema languono. E in molti casi chiudono e i motivi possono essere tanti. Succede nelle grandi città – a Roma, 30 sale attualmente chiuse, molte delle quali nel centro storico, rischiano di scomparire del tutto se passerà la proposta di legge sulla semplificazione urbanistica della Regione – e in quelle più piccole, come Treviso che, fino a due anni fa, allora in piena candidatura per la Capitale della Cultura 2026, non aveva cinema all’interno del perimetro cittadino. Dunque, riportare il cinema al centro delle mappe diventa un gesto che è insieme culturale e politico.

La rassegna di film e videoarte promossa dal collettivo SottoTraccia al Teatro De La Salle di Benevento si inserisce in questo vuoto. Fino al 5 gennaio 2026, il progetto metterà in dialogo immagini in movimento e comunità, rivendicando il diritto alla fruizione culturale come pratica quotidiana, tra cortometraggi, titoli d’autore e videoarte. Nato nell’estate 2025 come festival dedicato ai linguaggi dell’arte contemporanea, SottoTraccia amplia ora il proprio raggio d’azione. In questa intervista, gli organizzatori della rassegna – Daniele Bonavita, Piero Fallarino, Carlo Pedata, Saverio Pepiciello, Antonio Spina – raccontano il senso di una programmazione cinematografica in una città priva di cinema, approfondendo le ragioni, le scelte e le prospettive future di una rassegna che prova a restituire centralità allo sguardo e allo spazio pubblico. 

Benevento è una città che da anni non ha più sale cinematografiche nel centro storico. Che significato ha, oggi, riportare il cinema proprio lì, e farlo attraverso una rassegna gratuita?

«I cinema storici della città sono chiusi ormai da diversi anni, con la crisi degli anni ‘10 che ha giocato un ruolo cruciale in queste chiusure. Per fortuna, però, Benevento sta vivendo un momento favorevole di rinascita culturale, che passa soprattutto dalla riapertura di alcuni teatri storici comunali. Proprio con lo scopo di riattivare questi spazi nasce SottoTraccia. L’idea di una rassegna cinematografica nasce dalla voglia di dare un’alternativa alla programmazione dei multisala, portando titoli che ci hanno particolarmente colpito nel panorama indipendente italiano nel centro della città, senza prevedere alcun biglietto di ingresso. Il fatto che la rassegna sia gratuita rispecchia la vocazione popolare del collettivo, che mette l’accessibilità economica e culturale al primo posto».

In che modo l’assenza strutturale di spazi per il cinema ha influenzato la vostra idea di programmazione? Avete pensato questa rassegna come una risposta simbolica – ma anche pratica – «a questo vuoto?

La rassegna non può essere una risposta pratica e definitiva a questo vuoto: si tratta di un’iniziativa temporanea, in un’ottica progettuale con inizio e fine, da sola non basta. La nostra volontà è da un lato continuare a proporre progetti artistici in sinergia con le realtà culturali e con i singoli artisti presenti sul territorio, andando a creare una piattaforma stabile di ricerca e rigenerazione urbana. Dall’altro la speranza è di poter inspirare queste stesse realtà a utilizzare di più i teatri comunali della città che, seppur riaperti, soffrono di un sotto-utilizzo rilevante».

Ogni serata accosta videoarte e cinema d’autore. Che tipo di dialogo cercate tra queste due forme di immagini in movimento e cosa può offrire questo incontro a un pubblico non necessariamente abituato a entrambi i linguaggi?

«Il confine tra videoarte e cinema sperimentale è oggi più sottile che mai. Da un lato molta della videoarte contemporanea, lontana dai concettualismi delle sperimentazioni degli anni 70, sembra volersi riappropriare di una dimensione narrativa e testuale. Dall’altra, il cinema d’autore si muove sempre più verso binari non-rappresentativi, rinunciando ad una struttura o a nuclei concettuali portanti. La nostra volontà non è tanto quella di tracciare una linea tra due forme d’arte distinte, ma quella di riconciliare due realtà produttive diverse: quella cinematografica e quella dell’arte contemporanea. Per farlo, vogliamo proporle insieme, sperando di far scattare un cortocircuito “virtuoso” tra i due linguaggi».

SottoTraccia nasce nell’estate 2025 come festival dedicato ai linguaggi dell’arte contemporanea. Questa rassegna di cinema e videoarte sembra una trasformazione naturale ma anche un cambio di asse. Come e perché siete arrivati a questa nuova declinazione?

«SottoTraccia nasce da due istanze principali. La prima è quella di sviluppare e incentivare itinerari di ricerca transdisciplinari, tesi alla sperimentazione e contaminazione tra linguaggi. La seconda è mettere l’accessibilità al primo posto, proponendo iniziative gratuite e tentando di superare quel velo di snobismo culturale che ha allontanato le pratiche artistiche contemporanee da un discorso sociale condiviso nel corso del Novecento. La rassegna si inserisce dunque in questo contesto: titoli più accessibili sono accostati a progetti più sperimentali, il cinema è contaminato dalla videoarte. Anche durante il festival estivo abbiamo avuto modo di proiettare dei corti e di installare diverse opere video, ma quest’inverno abbiamo avuto la fortuna di distribuire anche dei lungometraggi, cosa che continueremo sicuramente a fare».

La rassegna nasce da un lavoro di ricerca tra festival e realtà indipendenti di città come Napoli, Roma e Milano. Quanto è importante per voi costruire ponti tra Benevento e altri contesti culturali, evitando l’isolamento?

«Cerchiamo sempre di conciliare l’attenzione per le realtà locali con un discorso geograficamente e socialmente più ampio e variegato: ci sembra anzi l’unico modo per prendersi veramente cura di un territorio. Durante il festival estivo siamo riusciti ad invitare ospiti da tutta Italia, e la nostra volontà futura sarebbe quella di inserirci in collaborazioni con realtà europee simili alla nostra. Benevento ha sofferto per diversi anni di un senso diffuso di provincialismo e isolamento culturale, la generazione z sta provando a fare qualcosa a riguardo!».

Guardando al futuro: questa rassegna è un episodio isolato o immaginate una continuità del lavoro sulle immagini in movimento? SottoTraccia resterà un progetto fluido, capace di cambiare forma, o state già pensando a una direzione più strutturata?

«SottoTraccia si concretizza in un approccio alla ricerca artistica prima che in un collettivo. L’obiettivo è di praticare un’apertura radicale all’inatteso, dall’ideazione dei progetti alla disseminazione. Lavoriamo, infatti, tramite open call gratuite, integriamo un pubblico quanto più ampio possibile (senza scadere nel generalista e nel “premasticato”), coinvolgendo e facendo collaborare le realtà indipendenti che nascono e crescono nel territorio. Per forza di cose, quindi, SottoTraccia è fluido e si apre a variegate possibilità di esperienze artistiche e culturali. Sicuramente cambierà forma e contenuto ma mai metodo e pratica».

La rassegna si è aperta il 28 dicembre: prima la proiezione dell’opera di videoarte Somiglianze invisibili di Antonio Zotti e Francesco Olla, poi il film Ciao Bambino (2024) di Edgardo Pistone. Il secondo incontro, il 30 dicembre, ha proseguito su questa linea di dialogo tra immagini. La serata si è aperta con la videoarte Dea Bona di Damiana, seguita dalla proiezione di Una cosa vicina (2025), film diretto da Loris G. Nese. Il 2 gennaio, ore 21, serata cortometraggi: Alla Svizzera (2025), Domenico Pizzullo; Steve & Jim (2018), Irene della Casa; Savana (2025), Riccardo Amato; 22 (2024), Federico Giovanni Sardi de Letto; Interferenze (2008), Beatrice Mancini; Cafèsigaret (2019) – Agostino Devastato. Il 3 gennaio, l’opera di videoarte Vitriolage di Libero Matteo, e il film Ekstasis (2024) di Alessio del Donno. Chiusura il 5 gennaio, sempre in dialogo tra videoarte e film, con Test, di Mario Adamo, e n-Ego (2024), di Eleonora Danco

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