18 maggio 2023

Il progetto del Padiglione Brasile alla Biennale di Architettura raccontato dai curatori

di

"Terra", a cura di Gabriela de Matos e Paulo Tavares, mette il pubblico in contatto diretto con la tradizione dei territori indigeni, tra abitazioni e cerimonie

Ayrson Heráclito, The Shaking of the Casa da Torre and of the Maison des Esclaves in Gorée, 2015, video installation. Courtesy of the artist

Terra, presenta un’esplorazione su come il passato può informare il futuro, concentrandosi sul ruolo della terra nel plasmare la nostra comprensione del patrimonio e dell’identità. I curatori Gabriela de Matos e Paulo Tavares ci raccontano la genesi del progetto, il dialogo che si crea con le tematiche della Biennale di Architettura 2023, il legame con il visitatore e non solo.

In che modo la curatela del vostro padiglione si relaziona con i temi di Lesley Lokko in relazione alla 18. Mostra Internazionale di Architettura?

La nostra proposta per la Biennale è stata profondamente ispirata dai temi di Lesley Lokko, enfatizzando la diaspora africana come elemento chiave per dare forma al Laboratorio del Futuro. Abbiamo esaminato questa idea attraverso la lente del Brasile, una nazione con una storia sfaccettata che dispiega ricche narrazioni sulla decolonizzazione, l’identità nazionale, la diaspora, i sistemi di conoscenza indigeni e il modernismo. 

Gabriela de Matos and Paulo Tavares, curators of the Brazilian participation in the Biennale Architettura 2023 © Levi Fanan and Diego Bresani / Fundação Bienal de São Paulo

Qual è l’intento del padiglione e come sono stati scelti gli artisti? 

Il nostro padiglione riflette sul Brasile come terra: terra come suolo, fertilizzante, terreno e territorio. Ma anche la terra nel suo senso più globale e cosmico, come pianeta e casa comune di tutta la vita, umana e non umana. Infine, la terra come memoria, che contiene lezioni dal passato che possono informare il nostro presente e il nostro futuro di fronte alle più pressanti questioni urbane, territoriali e ambientali contemporanee. Abbiamo scelto artisti come Juliana Vicente e Ayrson Heráclito, che potessero affrontare i temi centrali del nostro Padiglione, ovvero “terra” e “territorio”. Tuttavia, è essenziale chiarire che la nostra esposizione non è strettamente limitata a singoli artisti. La maggior parte delle opere esposte nel Padiglione sono, infatti, il risultato di siti del patrimonio indigeno e quilombola, prodotti collettivi di intere comunità. Questi prodotti riflettono l’uso sociale dello spazio, coltivato da questi collettivi e tramandato per generazioni come conoscenza e tecnologia. Per questo motivo, il Padiglione non segue strettamente il formato tradizionale di una mostra di architettura o di arte. Abbiamo invece scelto di esporre pratiche spaziali, forme di design e alcune caratteristiche architettoniche che racchiudono la saggezza collettiva e le tradizioni delle comunità indigene e quilombola. Crediamo che queste pratiche rimangano straordinariamente contemporanee, in quanto indicano un percorso verso un futuro più sostenibile ed egualitario.

Fish trap (cacuri) placed on the rocks of Cachoeira do Iauretê, a place known by the Tukano, Arawak and Maku indigenous peoples, 2008. Photo © Vicent Carelli

Quale rapporto intendete creare con i visitatori? 

Vogliamo coltivare un ambiente introspettivo per i visitatori, incoraggiandoli a contemplare il loro legame con l’ambiente . L’intero padiglione è pieno di terra e invitiamo i visitatori a calpestarla e a sentirsi in contatto non solo con il suolo, ma anche con un luogo, in quanto abitanti di un comune pianeta Terra. Allo stesso modo, speriamo che i visitatori se ne vadano con una percezione rinnovata del Brasile, che riconosca il suo paesaggio, la sua architettura e il suo patrimonio intricato, vario e pluralistico.

7. Indigenous swidden by Uaupés river, Alto Rio, Negro, Amazonia, 2022 © Fellipe Abreu

Gli spazi espositivi attraversano un Brasile contemporaneo, uno antico e uno futuro: come si intersecano questi elementi? 

Il nostro obiettivo è capire come queste temporalità possano informarsi a vicenda e come possano essere utilizzate per immaginare e creare futuri potenziali. In questo contesto, abbiamo unito alcuni elementi delle tipiche abitazioni brasiliane, in contrasto con caratteristiche più moderniste, come le recinzioni con il simbolo sankofa. Questo simbolo, che fa riferimento a un sistema di scrittura africano chiamato Adinkra, realizzato dal popolo Akan dell’Africa occidentale, è presente nella maggior parte delle città brasiliane. Significa “guardare alla conoscenza dei nostri antenati per costruire un futuro migliore”. La mostra sottolinea l’importanza di imparare dal “vecchio” Brasile, richiamando l’attenzione sulle pratiche e le conoscenze delle comunità indigene e afro-brasiliane. È scientificamente provato che le loro terre sono i territori meglio conservati del Brasile. Le loro pratiche, tecnologie e usanze sono ancora profondamente radicate nella terra e portano con sé conoscenze ancestrali che dobbiamo sfruttare per ridisegnare il presente e il futuro.


Record of a visit by researchers and Indigenous experts Lucas Alves Bastos (Tukano), Nildo Fontes (Tukano), Guilherme Tenório (Tuyaka), Tarcísio Barreto (Tukano) and Oscarina Caldas Azevedo (Desana) to the Ethnological Museum in Berlin in 2019, as part of the project to digitally repatriate the collections of artifacts and plants that were collected in the Amazon by European scientists in the 19th century. The project includes the repatriation of artifacts from the collection of Richard Spruce, held at the Royal Botanic Gardens at Kew in London, and from the collection of Theodor Koch-Grünberg, held at the Berlin Ethnological Museum [Royal Botanic Gardens, Kew, photo: Mark Nesbitt]

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