11 marzo 2025

A Villa Medici di Roma la fotografia a colori dà vita a un’orgia visiva

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Chromotherapia, curata da Maurizio Cattelan e Sam Stourdzé, racconta la storia di autori e autrici capaci di dar vita a potenti narrazioni attraverso il mezzo fotografico a colori. L’esposizione, ospitata a Villa Medici, è in corso fino al 9 giugno 2025

Martin Parr

Circondarsi dai colori attiva una diversa percezione della vita; alcuni di essi possono sviluppare i nostri talenti, altri renderci più tranquilli e riflessivi, spronare la nostra creatività, la guarigione, fino a connetterci con la nostra spiritualità.

In questo balsamo visivo sgargiante prendono piede i protagonisti inaspettati di immaginari a tratti disorientanti, che divertono chi li osserva e sovvertono le regole del buon gusto; ingredienti che non mancano nella mostra Chromotherapia. La fotografia a colori che rende felici un inno alla storia della fotografia a colori curata da Maurizio Cattelan l’artista italiano più controverso (con indosso uno sgargiante vestito rosa durante il vernissage) e da Sam Stourdzé, il direttore dell’Accademia di Francia a Roma.

L’Accademia di Francia, a Villa Medici, è il fulcro della vita culturale romana ed europea, complesso rinascimentale di rara bellezza nella quale prende forma la mostra attraverso lo sguardo senza filtri di diciannove artisti. L’itinerario espositivo, articolato in sette sezioni, si snoda dalle sale espositive per poi estendersi al grande scalone trasportando il visitatore in mondi vibranti e saturi in cui il colore colpisce la retina e mette in gioco l’intelletto. Soprattutto sono i soggetti ritratti, le situazioni paradossali, i connubi disattesi, le grandi stampe con protagonisti disorientanti, ad attirare l’attenzione.

© Daniele Molajoli

La fotografia a colori ha permesso ai fotografi di sbizzarrirsi, di mettere mano alla loro tavolozza per ridipingere il mondo, liberati dai vincoli documentaristici del mezzo fotografico per esplorare le comuni radici dell’immagine e dell’immaginario, flirtando con gli eccessi del pop, il surrealismo, il kitsch e il barocco.

In questo stadio cromo-iniziatico la mostra si apre con le pioniere della fotografia a colori omaggiando Madame Yevonde (Londra, 1893-1975), la fotografa suffragetta e anticonformista che utilizzava i colori servendosi della tecnica Vivex, richiestissima per i suoi ritratti alle star; Erwin Blumenfeld (Berlino, 1897-1969) artista dalle influenze dadaiste che ha rivoluzionato la fotografia di moda.

In questo scenario giocano da padrone le connessioni con la moda, la voce innovativa e il lavoro visionario del fotografo francese Guy Bourdin (Parigi, 1928-1991) che ha catturato l’immaginario di un’intera generazione. Ampiamente considerato per aver cambiato per sempre il volto della fotografia di Vogue esaltando le riprese da angolazioni sperimentali, l’uso di oggetti di scena, le luci dure, i colori vivaci, rappresentando con tratto distintivo gli aspetti sinistri ed erotici della vita quotidiana sconfinando tra l’assurdo e il sublime.

Non è da meno Harold Edgerton (Fremont, Nebraska, 1903-1990) che trasformò “il movimento in magia”; mise a punto la fotografia stroboscopica, che consiste nel registrare su pellicola una successione di movimenti ravvicinati, tradotti in immagini multiple con l’ausilio di numerosi lampeggiatori elettronici sincronizzati che scattano varie volte al secondo in un ambiente buio.

Arriviamo ai fotografi contemporanei, in cui svetta l’immaginario inquietante e ricercato di Alex Prager (Los Angeles, 1979): inclusa nel 2023 nella mostra New Photography 2010 del MoMA, Prager è stata nominata anche tra i “25 nuovi volti del cinema indipendente”, ha collaborato con Toiletpaper e ha recentemente realizzato una campagna fotografica per Zara dimostrando di essere duttile e di non perdere la sua riconoscibilità anche nelle commissioni commerciali. Maestra dell’artificio, sono le donne ritratte le indiscusse protagoniste delle sue storie che strizzano l’occhio ai classici del cinema del novecento.

A catturare l’attenzione è anche il lavoro di Sandy Skoglund (Stati Uniti, 1946) nota per l’unicità della sua ricerca e del suo linguaggio. Realizza scenografie la cui ambientazione è curata in tutti i dettagli, popolate da sculture di terra cotta e resina dipinte di varie misure, che saturano stanze nelle quali compaiono anche figure umane, quasi come fossero spaesate comparse di un altro mondo. Spesso sono gli animali gli indiscussi protagonisti ripetuti in tante copie, come in Gathering Paradise esposta alla mostra, nel cui giardino rosa di una villetta si materializza un “esercito” di scoiattoli blu.

© Daniele Molajoli

Unico e beffardo Martin Parr (Epsom, 1952), che riesce a introdurre la finzione all’interno della realtà. Una realtà che scade nell’assurdo, senza filtri e fuori dalla retorica, raccontata con pungente sarcasmo; sono i particolari e i grandi formati delle fotografie che evidenziano ancora di più le situazioni ridicole, ed i protagonisti eccessivi, contraddistinti dall’uso contrastato e saturo del colore.

Infine, una divertente sessione è dedicata alla storia della ritrattistica dei cani e dei gatti; con la serie di felini sui fondi dai colori saturi di Walter Chandoha (New Jersey, 1920 -2019) il più grande fotografo di animali domestici del XX secolo, talmente legato dall’empatia con i felini da inventare un genere. La particolare tecnica di illuminazione utilizzata caratterizzata dal fare risaltare la nitidezza dei particolari e del morbido manto dei gatti, definisce un vocabolario visivo del ritratto degli animali.

Chromotherapia

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