18 aprile 2022

Antico, moderno, prezioso, ordinario: intervista a Thomas J Price

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In occasione della sua mostra presso Hauser & Wirth St. Moritz, “The Space Between”, abbiamo raggiunto Thomas J Price per farci raccontare il suo approccio alla scultura contemporanea

Thomas J Price, Sonic Work (Collective Palette #1), 2020-2021.

La ricerca di Thomas J Price attraversa varie discipline, dal film alla fotografia, ma la scultura è il campo prediletto dell’artista britannico. Attraverso le sue opere riflette sulla forza, sulla rappresentazione, sull’interpretazione e sulla percezione, nell’arte così come nella società. Rendendo enormi immagini comuni, Price porta il nostro sguardo sull’ordinario rappresentato in grande scala o con materiali “nobili”, che non siamo abituati ad associare alla quotidianità, all’ordinarietà. Così facendo, la sua scultura scardina quei preconcetti sociali che hanno una storia lunga secoli e che ci portano ad associare determinati forme, dimensioni e materiali al potere, secondo una logica gerarchica che non abbiamo stabilito noi. Abbiamo avuto il piacere di dialogare con l’artista, in occasione della sua mostra presso Hauser&Wirth St. Moritz.

Thomas J Price, Numen (Shifting Votive One), 2016

Thomas J Price: “The Space Between”

Per la personale alla Hauser&Wirth di St. Moritz, “The Space Between”, Price presenta una serie di lavori di varie dimensioni, dal piccolo al grande formato, riconducibili a due decadi della sua produzione artistica. In esposizione anche due opere video che ci mostrano un altro aspetto del suo lavoro. Così, l’artista ci restituisce la sua riflessione sull’antica tradizione della scultura monumentale relativamente alla quale emergono due concetti fondamentali: il potere simbolico e la gerarchia, associati a dimensioni e materiali. Le sculture di Price si rivelano come ritratti psicologici: sono individui osservati, persone comuni rese opere d’arte che fanno riferimento all’antico e al classico, innestando il dubbio.

Thomas J Price, Reaching Out, 2021.

La tua prima personale in Svizzera da Hauser&Wirth St. Moritz si chiama “The Space Between”. Cos’è questo spazio nel mezzo? Ci racconteresti qualcosa di questa esposizione?

Il titolo della mostra è intenzionalmente ambiguo, ma sicuramente parla dell’idea di uno spazio tra oggetti, persone e comprensione. Lo spazio in mezzo potrebbe essere pensato come un potenziale volume per nuove comprensioni. Per esempio, la mia scultura Sonic Work (Collective Palette #01) cattura lo spazio invisibile tra il mondo di fuori e i nostri pensieri più intimi, mostrando l’interno di un orecchio.

Posizionate in spazi pubblici e privati, le tue sculture spesso ritraggono persone che fanno cose ordinarie come guardare uno smartphone o stando in piedi in una posa rilassata. Così, il tuo lavoro è “celebrare l’ordinario”, come hai detto. Infatti, oggi c’è un rinnovato bisogno di ordinarietà, è evidente nell’arte così come nei social network. Perché pensi stia accadendo questo? Cosa pensi di questo bisogno di ordinarietà?

Monumentalizzando l’ordinario siamo in grado di criticare quello che consideriamo importante, ciò che consideriamo di valore all’interno delle nostre comunità e a cosa, collettivamente, scegliamo di dare spazio pubblico. Voglio che le mie sculture si connettano immediatamente con chi le guarda e interrompano il modo in cui costruiamo una narrazione per qualcun altro, come la nostra percezione si sviluppa e le nostre attitudini verso la rappresentazione. Le opere sono diventate veicoli per spostare il nostro processo di pensiero inconscio e fornire un momento per la rivalutazione, individuale e collettiva.

 

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Il tuo lavoro mette insieme tecniche e materiali antichi con quelli moderni. Dall’idea all’oggetto, qual è il processo dietro la realizzazione del suo lavoro?

Io voglio sfidare il sistema di valori della ritrattistica e dei monumenti. Le mie figure e le teste sono amalgamazioni di varie risorse, dagli individui osservati e gli stereotipi rappresentati dai media, ai riferimenti alle sculture antiche, classiche e neoclassiche. I materiali e i metodi usati nella statuaria greca, romana ed egizia sono combinati con lo scanning e la modellazione 3d per generare queste forme trans-storiche. Queste fusioni immaginarie sono un tentativo di criticare la struttura di potere che ci indottrina alla conformità con la promessa implicita di ricompensa sociale.

Cosa ti attrae dell’arte antica?

Il mio lavoro ha sempre messo materiali tradizionali e tecniche antiche in giustapposizione con quelli contemporanei, alludendo alle figure eroiche o agli oggetti simbolici che sono stati commemorati in bronzo o in marmo. Uso intenzionalmente scala e materiale per criticare il monumentalismo, distillando significati di status per mettere in discussione i meccanismi in atto che rafforzano i nostri valori culturali. Il bronzo contiene riferimenti storici di preminenza e potere legato alla ricchezza, è il materiale per contrassegnare qualcosa come “ufficiale” e per significare di valore. Giocando con la gerarchia dei materiali all’interno dei miei lavori sono in grado di sfidare le aspettative degli spettatori e fornire una narrativa alternativa a quelle mancanti.

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