26 gennaio 2021

Dalla parte del Drago #2 – Morte all’arte

di

Se l'arte è morta, ma la memoria degli artisti continua nelle opere, come rispondo i creatori al momento più ineluttabile della vita umana?

Vincent Van Gogh, Autoritratto al cavalletto, 1888, Olio su tela, 59x49 cm

Googolando Fragonard esce un profumo. E se parlo di Tiziano tutti pensano al cantante. Che sia la morte dell’arte? E l’arte, da par suo, come risponde alla morte? Perché se la loro memoria nelle opere continua, anche gli artisti hanno il capolinea. Théodore Géricault ad esempio si è spento presto, quando aveva 33 anni, come Gesù Cristo. È morto in seguito a una caduta da cavallo che gli ha leso il midollo, paralizzandolo, ma forse qualche malattia venerea ha complicato il tutto. E lui che amava molto i cavalli, ci è rimasto proprio sotto. Sotto un treno è invece finito Kit Wood, lanciandosi contro l’Atlantic Coast Express a soli 29 anni, dopo aver comprato un libro che non lesse.

Théodore Gericault, Autoritratto dell’artista all’incirca diciottenne (particolare), 1808, Olio su carta, 21×14

Aveva da poco pranzato con la madre e la sorella e, per risparmiar dolore alla famiglia, si disse che era stata un’accidentale tragedia. Lattanzio Gambara è caduto da un ponteggio a 44 anni in circostanze misteriose mentre affrescava la cupola di San Lorenzo a Brescia, ma i complottisti sostengono che fu fatto cadere per gelosie di un pittore minore. E da un’impalcatura cascò fatalmente anche Bartolomé Esteban Murillo a Cadice, mentre affrescava lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina d’Alessandria nel convento dei Cappuccini: aveva 64 anni. Persino più anziano era Luca Signorelli, che da un ponteggio a Cortona cadde a 73 anni, lavorando per il cardinal Silvio Passerini. E chissà cosa faceva a quell’età su simili altezze, quando a mia nonna è proibito salire su una scala per pulire i vetri da sempre. Eduard Manet mancò dopo aver dipinto il suo testamento, ovvero il Bar delle Folies Bergère, anche se la sua ultimissima opera rappresenta dei bellissimi fiori rosa e viola, in piena fioritura. Caravaggio, che l’aveva combinata grossa un’altra volta, a Porto Ercole approdò vivo su di una feluca, ma morì di febbre trentanovenne, in fretta e furia.

Piero Manzoni, Impronta, 1960, Inchiostro su carta, 20×17 cm circa

Tra quelli che muoiono giovani la rockstar è Masaccio, a 27. Egon Schiele a 28, Piero Manzoni a 29, Watteau a 37, come Raffaello e Van Gogh. Seurat a 31, Giorgione come Keith Haring a 32, Eva Hesse a 34, Modigliani a 35, come Yves Klein. Toulouse Lutrec a 36. A 43 anni si spense invece Johannes Vermeer, lasciando dietro di sé tre figli morti, undici ancora vivi, vari debiti e una buona indifferenza generale che per due secoli l’umanità ha pensato bene di mantenere. Nicolas De Stael si suicidò a 41 anni dopo aver dipinto – senza finirlo – Il Concerto, e dopo aver scritto una lettera al suo mercante Jacques Dubourg, avvisandolo appunto che non l’avrebbe terminato (anche se credo l’avrebbe capito). Poi aprì la finestra del suo studio di Antibes e si lanciò. Tra i suicidi indimenticabili c’è quello di Mark Rothko, che aveva 66 anni quando iniziò a recidersi le vene delle braccia nel suo studio di New York, dopo aver terminato un quadro rosso sangue, ovviamente.

Edouard Manet, Autoritratto con tavolozza, 1879, Olio su tela, 83×67 cm

Mentre Arshile Gorky smise di respirare sotto i suoi baffi da turco a 44 anni, impiccandosi nel suo atelier, forse per colpa di Roberto Matta, che se la spassava con la moglie, ma più probabilmente insoddisfatto e depresso per un incendio che ridusse in cenere alcune sue tele. Ernst Ludwig Kirchner a meno di 60 anni chiuse la sua vita nel 1938, di fronte all’avanzata nazista nell’Europa centrale, dopo aver visto distrutte centinaia di sue opere etichettate come degenerate. E così degenerò lui. Piuttosto rassegnato risulta l’addio di John William Godward: pittore vittoriano neoclassico che ebbe in vita un’ampia popolarità. Con l’avvento delle avanguardie il suo stile risultò però datato e la sua pittura perse d’interesse agli occhi della critica militante. Si suicidò a 61 anni e a commiato scrisse che il mondo non era abbastanza grande per lui e Picasso insieme.

Giorgione, Autoritratto, 1510, Olio su tavola, 52×43 cm

William Turner morì di vecchiaia o “decrepitezza naturale”, come dichiarò il suo medico che era uscito a prendersi un bicchiere di sherry al volo. Ottenne però di rimanere per qualche giorno in una bara aperta nella sua galleria di Ann Street, circondato da dozzine di sue opere. Antoine-Jean Gros prima di buttarsi nella Senna preparò un biglietto d’addio alla moglie. Poi si tolse il cappello, lo appoggiò su una panchina, ci mise dentro il biglietto e si decise. Edvard Munch non è mancato urlando ma nella tranquillità della sua tenuta norvegese di quarantacinque ettari, all’età di 80 anni. Mentre Lorenzo Lotto si congedò vecchio e povero, nell’indifferenza generale, dopo essersi immortalato semi-nascosto al Tempio nella Presentazione. E nel dimenticatoio finì pure Fragonard, ma la sua morte fu certamente la più dolce: se ne andò per congestione, dopo aver mangiato – ed essersi goduto – un grandissimo buon gelato. Alla fragola, immagino.

Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
IG: dallapartedel_drago

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui