05 ottobre 2024

Federico Gori, le radici della trasformazione: la mostra da Habitat Ottantatré

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A Verona, il polo culturale Habitat Ottantatré apre un format dedicato ai temi più urgenti del nostro tempo: si parte con un’ampia mostra di Federico Gori sul rapporto con la natura, tra arte e scienza

Federico Gori, 13.12

Organica o inorganica, macroscopica o infinitesimale, fin nelle profondità subatomiche, tutto si trasforma, ogni cosa è sottoposta al mutamento. Di questo processo continuo si ritrovano tracce ovunque, nella materia di qualunque sostanza ma anche nella nostra percezione, nel nostro sguardo che si modifica costantemente, coinvolgendo – o sconvolgendo – la nostra conoscenza del mondo dentro di noi e all’esterno, nel tessuto sociale, condiviso, politico. È dunque un’operazione di sottile osservazione della realtà e di restituzione poetica, quella che mette in atto Federico Gori nella sua ricerca artistica che, in occasione della mostra visitabile dal 5 ottobre al 9 novembre 2024 presso gli spazi di Habitat Ottantatré di Verona, assume le forme di una installazione eterogenea, composta da materiali diversi, allestita su oltre 200 metri quadrati di spazio. Curata da Annalisa Ferraro, Devenīre è la prima tappa di un format di quattro mostre che il polo culturale di via Mantovana, diretto da Zeno Massignan, ha voluto dedicato ai linguaggi più sperimentali della ricerca artistica contemporanea, mantenendo sempre un focus sui temi urgenti della contemporaneità.

Federico Gori, Perenne

Devenīre, seguendo le tracce dell’impermanenza

Devenīre si concentra sulla riflessione dell’artista toscano attorno ai concetti di permanenza e impermanenza in natura, esaminandone la resilienza e la trasformazione. L’eterogeneità dei materiali utilizzati da Gori — dal rame alla terra di diatomee — e la varietà dei linguaggi artistici messi in campo, offrono uno sguardo profondo sul mondo naturale, esplorato dall’artista non come un documentarista, ma come un interprete capace di far emergere i processi vitali più sottili. Le sue opere non si limitano a riprodurre la realtà visibile: il suo lavoro è sospeso tra passato e presente, creando una narrazione fluida e ciclica che sfugge alla linearità temporale.

Elemento centrale è l’uso del rame che, attraverso il suo processo di ossidazione, diviene metafora del tempo e della vita. Vivo e in continua trasformazione, questo metallo riflette lo scorrere del tempo e la risposta agli stimoli dell’ambiente, rappresentando perfettamente il ciclo vitale che Gori intende esplorare. Come accade anche nell’opera Estinti, dove i materiali si trasformano lentamente, attraversando i confini temporali e riportando in superficie forme ormai scomparse.

Tra le opere esposte da Habitat Ottantatré, La somiglianza per contatto esplora l’uso della terra di diatomee, un sedimento fossile che racchiude in sé tracce di vita risalenti a milioni di anni fa: Federico Gori utilizza questo materiale per creare calchi di rami e tronchi, che evocano l’immagine di una foresta primordiale, suggerendo l’avvio di un nuovo ciclo vitale, in cui la forma e la sostanza mutano in qualcosa di nuovo.

Federico Gori, La somiglianza per contatto

L’investigazione di Gori va al di là della scienza e della biologia, ambiti comunque affini. Il suo processo, infatti, lo porta a distaccarsi progressivamente dalle fonti originarie, arrivando a una reinterpretazione concettuale dei fenomeni naturali. In Underground svela una dimensione nascosta della natura, quella che si trasforma sotto la superficie. Qui, l’artista mette in scena una sorta di foresta sotterranea, che cresce e resiste silenziosamente, alimentando un ecosistema parallelo, speculare al nostro affanno quotidiano. C’è sempre, nelle sue opere, una traccia dell’essere umano, anche se quasi impercettibile: l’uomo è presente nel gesto rituale dell’artista, nella ricerca e nell’osservazione dei cicli vitali che governano la natura.

L’opera 13.12 rappresenta un momento di riflessione su questo rapporto tra uomo e natura. Gori cattura la condizione dell’attesa della terra che, dopo la fatica della semina, restituisce i suoi frutti, segnando così l’inizio e la fine del progetto espositivo Devenīre. La zolla di terra, con le sue radici ben piantate, diventa il simbolo di un’antica ritualità, in cui l’uomo, consapevole della sua fragilità di fronte all’eternità della natura, attende pazientemente il raccolto.

Un format ad ampio raggio per Habitat Ottantatré

«Il nostro nuovo format persegue in particolare due obiettivi che convergono: da un lato, sostenere gli artisti emergenti e, dall’altro, avvicinare nuove fasce di collezionismo», ci ha spiegato Massignan. Ogni esposizione, infatti, sarà accompagnata non solo da una pubblicazione che approfondirà le questioni e i temi affrontati dal progetto, ma anche da una specifica edizione artistica numerata che andrà ad ampliare il lavoro dell’artista, così da assottigliare quei confini di accessibilità che, in certi casi, possono limitare l’approccio del pubblico. In questo senso, la mostra di Federico Gori è stata presentata da Habitat Ottantatré a ridosso dell’Art Week di Verona che, trainata dalla fiera ArtVerona, si diffonderà in tutta la città con eventi dedicati alla creatività contemporanea.

Habitat Ottantatré, Sala Espositiva

Habitat Ottantatré, infatti, intende sviluppare e un dialogo continuo con gli artisti, attivo ed efficace su tutta la “filiera”, dall’ideazione al mercato, costruendo un rapporto duraturo e progettuale che vada oltre la singola mostra. «Da Habitat Ottantaré la creatività contemporanea è intesa in tutte le sue declinazioni, dall’arte visiva alla danza, dalla musica ai linguaggi performativi, non tralasciando neanche il lavoro, visto che, nei nostri 1500 metri quadrati, abbiamo spazio anche per ambienti di coworking, sempre specializzati nel settore arte e cultura».

Laboratori e attività multidisciplinari

In questo senso saranno promesse anche altre attività mirate. Il giorno dell’opening della mostra di Gori si terranno laboratori gratuiti dedicati ai più piccoli che, al termine del workshop, potranno così avere un progetto da loro realizzato. Nella stessa giornata del 5 ottobre si svolgerà anche una esperienza immersiva a cura di Yoga Theate, durante la quale il pubblico sarà chiamato a liberare la propria natura primordiale, selvaggia ed istintiva.

Sempre sulla scia delle collaborazioni, domenica, 13 ottobre, inaugurerà un progetto che mette in dialogo le esplorazioni musicali dell’associazione Qloom e le espressioni artistiche di Habitat Ottantatré. «Insieme abbiamo deciso di affrontare la crescente esigenza delle nuove generazioni di creare uno spazio che favorisca l’espressione artistica, in un’epoca in cui l’arte sembra gradualmente perdere di rilevanza», ha continuato Massignan. «La prima edizione si svolgerà nel Loft di Habitat Ottantatré e durerà per una intera giornata, dalle 10 di mattina alle 10 di sera, con una rotazione di dj che affronteranno la cultura rave, mentre la parte visual sarà affidata ad artisti contemporanei la cui ricerca indaga il corpo, il movimento e il tempo».

 

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