28 gennaio 2023

Personale connettivo, tra disegno e new media: Giuseppe Stampone al MAC di Lissone

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Al MAC di Lissone va in scena “Personale Connettivo”, mostra di Giuseppe Stampone che esplora le potenzialità espressive del disegno, nell’epoca dei new media

giuseppe stampone mostra al mac lissone
Giuseppe Stampone, Personale Connettivo, MAC Lissone. Foto Gino Di Paolo

«Nell’attimo in cui disegno cerco teoricamente di rallentare il mio tempo. Dinnanzi a internet e alla globalizzazione reagisco riprendendomi la mia intimità e dilatando il tempo che da pubblico torna a essere privato (oggi viviamo sempre più una dittatura della velocità, del mercato dell’arte e delle regole del villaggio globale). La dilatazione del tempo mi restituisce a me stesso, mi fa riconoscere, mi riporta all’archè. Sono dell’idea che riappropriarsi del proprio tempo attraverso la dilatazione significhi riappropriarsi della propria vita, avere il tempo di decidere e, soprattutto, di scandire i passaggi. Chi più della natura può restituirci il nostro tempo biologico, accelerato dal villaggio globale e dai new media?», rivela Giuseppe Stampone.

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Giuseppe Stampone, Personale Connettivo, MAC Lissone. Foto Gino Di Paolo

La mostra “Personale connettivo”, al MAC di Lissone, evidenzia proprio l’abilità di Stampone nel coniugare il disegno alle pratiche partecipative e all’impiego dei new media nella creazione di network. Il percorso espositivo mette in luce i metodi che egli utilizza nella sua opera fin dagli anni Novanta. «Il mio è un approccio concettuale. Mi interessa lo spazio-tempo all’interno dell’opera, che oggi si manifesta con la dilatazione del tempo. Nell’era della globalizzazione, riprendo il concetto del fare. Il fare (il dare forma ai propri pensieri) implica un tempo di realizzazione che ci fa recuperare il nostro tempo intimo in antitesi alla velocità imposta dal mercato. Warhol si definiva una macchina; io, una “fotocopiatrice intelligente” che, però, produce una sola copia. Lavoro alla scelta dell’immagine ri-guardando la natura. Questo è possibile nell’attimo dell’esercizio dell’appropriazione che non è più l’appropriazione dell’immagine, ma del tempo dell’immagine; nel farla, è il gesto politico del riappropriarsi del tempo della natura, del ciclo delle stagioni, del passare del giorno e della notte», ci confida l’artista in prima persona.

giuseppe stampone mostra al mac lissone
Giuseppe Stampone, Personale Connettivo, MAC Lissone. Foto Gino Di Paolo

Noto soprattutto per le sue opere realizzate servendosi della popolare penna Bic, Stampone negli anni si è dedicato sia alla produzione in studio che all’ideazione di progetti partecipativi che hanno coinvolto specifiche comunità, utilizzando il disegno come dispositivo relazionale. Ne è un esempio “Global Education”, progetto articolato in abecedari – che si propongono come una nuova alfabetizzazione fondata sul cortocircuito tra immagine e parola in chiave ironica e sarcastica – mappe e “Acquerelli per non sprecare la vita” (“We Are the Planet!”) e racchiude interventi artistici che coinvolgono le nuove generazioni affrontando temi globali contemporanei come la difesa dell’ambiente e l’indagine dei conflitti sociali.

giuseppe stampone mostra al mac lissone
Giuseppe Stampone, Personale Connettivo, MAC Lissone. Foto Gino Di Paolo

A proposito di ambiente, Stampone ci racconta che: «Il paesaggio come recupero delle proprie radici. Questo ritorno all’immagine del paesaggio nasce durante il periodo del Covid-19, quando il rumore del caos della contemporaneità sparisce in un silenzio assordante e lascia spazio alla musicalità della natura e alla sua armonia. Proprio durante il Covid, forzato alla solitudine e senza i rumori invasivi dei rapporti frenetici della quotidianità, ho recuperato la mia dimensione più intima e il mio rapporto con il luogo in cui vivevo: la mia amata Abruzzo, la natura e il mio Gran Sasso».

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Giuseppe Stampone, Personale Connettivo, MAC Lissone. Foto Gino Di Paolo

Il Gran Sasso è stato «La medicina che ha curato la mia solitudine e le mie ansie in questi due anni di pandemia dove ho perso le persone più care della mia vita: i miei genitori. Il Gran Sasso, mio padre, le colline, mia madre…Avevo perso tutto: avevo perso il mio ruolo sociale, avevo perso le relazioni umane, avevo perso le mie abitudini, avevo perso i miei viaggi, avevo perso i miei genitori, avevo perso mia moglie che mi aveva lasciato. Solo due cose mi hanno salvato dal burrone: l’arte e il rapporto recuperato con il mio Gran Sasso. Tornare a disegnare la natura è stato un modo per recuperare le mie origini e di curare le mie ferite».

giuseppe stampone mostra al mac lissone
Giuseppe Stampone, Personale Connettivo, MAC Lissone. Foto Gino Di Paolo

A tal proposito, continua Stampone: «Il concetto di bellezza non esiste. La natura non è bella. È necessaria: la bellezza è solo una giustificazione politica per creare un’ennesima categoria, un ordine gerarchico fatto di apparenze. Per me l’arte è una necessità ed è l’unica strada percorribile. Prima dell’estetica viene l’etica. Ogni opera è la formalizzazione di un pensiero attraverso un linguaggio, che ha una sua grammatica. Al concetto di bellezza preferisco quello di armonia o di equilibrio totale. Riappropriarsi del proprio tempo attraverso il “fare”, non come scelta manieristica, è un atto di disubbidienza rispetto alla dittatura del mercato dell’arte. Un mondo senza tempo diventa un mondo libero».

giuseppe stampone mostra al mac lissone
Giuseppe Stampone, Personale Connettivo, MAC Lissone. Foto Gino Di Paolo

In occasione del finissage della mostra, sabato 28 gennaio, sarà presentato il catalogo, edito da Postmedia Books, introdotto da un incontro a cui parteciperanno Stefano Arienti, artista; Rossella Farinotti, curatrice e direttrice esecutiva dell’Archivio Giò Pomodoro; Giuseppe Frangi, Presidente dell’Associazione Giovanni Testori; Lorenzo Madaro, giornalista del quotidiano La Repubblica e docente di storia dell’arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Brera; Giulia Ronchi, direttrice responsabile di exibart. Gli interventi saranno moderati da Francesca Guerisoli, direttrice artistica del MAC.

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