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L’immagine dalle infinite vite: una mostra post-digitale al Madre di Napoli
Arte contemporanea
di Diego Osimo
Residui di chiunque, di nessuno in particolare, custoditi nel grembo cieco della replica che nutre la sua prole un Gigabit al secondo. Server che sono fosse comuni di fossili perfetti, privati del privilegio di essere dimenticati, costretti a un’eternità accidentale, a rivivere migliaia di altre vite tra “generazioni di generazioni” istantanee, diluite con tonnellate d’acqua che rigonfiano un simbionte umano-artificiale sbiadito in ogni somiglianza. Presenze che si muovono in un «Purgatorio digitale» senza alcun peccato da espiare, se non quello di aver convertito la propria immagine destinandola al ventre dell’infosfera. Ripetizioni, culti, verità falsate, risurrezioni e innumerevoli autori — umani e non — che abitano le fenditure tra realtà e artificio nella nuova mostra Spettri Digitali al Museo Madre di Napoli, a cura di Sara Dolfi Agostini e realizzata in collaborazione con la Fondazione Paul Thorel, visitabile fino al 14 luglio 2025.
Il nuovo percorso espositivo, presentato lo scorso 31 maggio, ospita le opere degli artisti vincitori della seconda edizione del Premio Paul Thorel, iniziativa dedicata all’esplorazione dei linguaggi digitali e realizzata a partire da un periodo di residenza. Gli artisti vincitori sono il collettivo Alterazioni Video (formato nel 2004 da Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri), il duo Eva & Franco Mattes (attivi dagli anni ’90 con lo pseudonimo di 0100101110101101.org) e Anna Franceschini.

Tra le opere di Anna Franceschini, che inaugurano il percorso della mostra, appaiono i primi spettri già riesumati dalla cultura visuale “analogica” e divenuti merce incantevole, ideali impacchettati e pronti all’utilizzo sul mercato, che una volta consumati possono essere riposti sullo scaffale del permanente “utile”.
L’artista utilizza il meccanismo dello scorrimento verticale — un andamento frequente nell’ambito dei social media e dei dispositivi pubblicitari — a partire da due camminatori elettrici per restituire un particolare “product display” al David (2025) e alla Venus (2025). Un circuito lento e attraente che emula consapevolmente l’«Estetica dell’incanto» e offre ai visitatori questi preziosi souvenir: «Intermediari dinamici» di una soglia che muove continuamente tra «Vita e morte», memoria e amnesia.
Accanto alle immagini delle celebri sculture, figurano sul nastro trasportatore del Presepe (2025) e nella cornice di Gestures (2025) simulacri e icone partenopee, quest’ultime riprese anche nella performance Videogiochi Napoli, dove assumono le forme più stereotipiche della cultura pop, lasciate metaforicamente cadere da un nastro orizzontale, come in un videogioco platform 2D, accompagnato dall’esecuzione sonora dal vivo di Fabrizio Vatieri.

La mimesi e la riproduzione incontrollata sono elementi che caratterizzano anche la memetica, un fenomeno che da tempo è diventato oggetto di particolare interesse nella cultura globale e che da tempo attraversa una parte della produzione di Eva & Franco Mattes, artisti capaci di interrogare i meme per riflettere sui paradigmi autoriali ed espressivi della cultura visuale contemporanea e della sua diffusione.
Con Mickey is Died (2008-2025) è restituita — letteralmente — un’opera (realizzata nel 2008 dal duo artistico e consegnata alla libertà operativa del web), nessuna e, al contempo, centomila. La straordinaria e imprevedibile variabilità creativa della community di internet è esposta su alcune lavagne mostrando un centinaio tra i possibili esiti interpretativi, scaturiti una singola immagine in cui è condensata, nel tragicomico trapasso di Topolino, la sintesi di un momento di rassegnazione: può essere uno scudetto, l’ennesima remastered di un videogioco — di cui nessuno sentiva il bisogno — o una nuova chat di gruppo che costringe a organizzarsi per Pasquetta.

Riguardo allo statuto dell’installazione, il duo artistico ha raccolto centinaia di nuovi autori — di un’opera che non è mai uguale a se stessa — accettando di non possedere più alcun controllo sul suo utilizzo. Il processo che evidenzia la frammentazione dell’autorialità nell’epoca contemporanea compie, in questa operazione, una parabola tanto ampia da permettere all’immagine di ritornare tra le mani di un illustratore anonimo della Disney, che ridisegna il tragico atto, di cui Eva & Franco Mattes si rappropriano nuovamente firmandolo e intitolandolo Addio! (2008).

Una figura che corrisponde esattamente all’oscuro scenario presentato in apertura, di spettro digitale tout court, è Filippo Anniballi, scrittore e performer scomparso prematuramente e “risuscitato” dal collettivo Alterazioni Video nel Turbo Film dal titolo Rotten Sharks (2025, 24’). Nel filmato, realizzato con l’ausilio dell’IA, il collettivo inserisce Anniballi tra i protagonisti di una storia dinamica e pungente di incursioni piratesche, che deriva, in parte, dall’osservazione di alcune sottoculture che abitano il web della post-verità. All’utilizzo di modalità narrative che rievocano le produzioni amatoriali, il collettivo associa una raffinata indagine sulla veridicità stessa dei contenuti e delle immagini, qui edulcorati con l’intelligenza artificiale che “falsifica” l’esistenza di Anniballi, pur restituendogli nuove vite.

L’ironia è soltanto il primo livello espressivo, tipico dei meme e di interi canali del web, che emerge nella serie dal titolo “maleodorante” Dead writers smell like forgotten piss, dove ritorna l’immagine dello scrittore scomparso, questa volta protagonista di alcuni ritratti eseguiti attraverso un parziale “espressionismo artificiale”, freddo e rassegnato. Dall’intitolazione, che sembra riprendere il tono dissoluto e sregolato dei personaggi di Rotten Sharks, trasuda lo sdegno e il rifiuto che deriva dalla scomparsa dello scrittore, a cui i ritratti sembrano porre rimedio, «Come a negarne la prematura morte», manifestando, però, attraverso il rifiuto, una forma di dolore complesso, rischioso, in cui si intravedono le implicazioni emotive di un’ipotetica eternità digitale, perforando la fragile superficie ironica della serie.