14 ottobre 2021

Thomas Hirschhorn, I-NFLUENCER-POSTER – Galleria Alfonso Artiaco

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«Sono consapevole di essere soltanto un altro aspirante “influencer” che vuole avere molti followers»: parola di Thomas Hirschhorn, per una mostra molto particolare

Thomas Hirschhorn, I-nfluencer-poster, Ph. Grafiluce

Altro che trend, target and tips: per essere Influencer, o per meglio dire, I-nfluencer sono sufficienti colla, forbici, e fogli di giornali.
Ci troviamo nella galleria Alfonso Artiaco di Napoli e le opere in esposizione sono gli I-NFLUENCER-POSTER dell’“analogicissimo” Thomas Hirschhorn. Classe ’57 (non certo un nativo digitale quindi), l’artista svizzero si definisce fin da subito bel lontano dal mondo dei Social Media pur comprendendone l’immenso potere comunicativo. «Voglio esprimere la mia volontà di avere “influenza”, si spera con una credibile autoironia, umiltà e persino stupidità. Pertanto tutti i testi sugli I-nfluencer-Poster esprimono l’esperienza, le riflessioni, le affermazioni che ho ottenuto attraverso il mio lavoro nel campo dell’arte» racconta l’artista.

Come vestire, cosa comprare, persino come pensare: il Social-influencer utilizza abilmente il mezzo digitale per veicolare il gusto e le scelte delle persone nella direzione in cui desidera. Esso ispira chi lo segue: non sembra qualcosa di molto diverso da ciò che fa l’artista. «Sono consapevole di essere soltanto un altro aspirante “influencer” che vuole avere molti “follower” e ottenere molti “mi piace”» prosegue fra il serio e il faceto. Vestendo quindi i panni dell’influencer, Hirschhorn si rivolge a quelli che sono i propri follower: uomini e donne del mondo dell’arte.

Thomas Hirschhorn, I-nfluencer-poster, Ph. Grafiluce

La serie I-NFLUENCER-POSTER si compone di 17 poster di grande formato che ricreano con voluta approssimazione – utilizzando ritagli di giornale, immagine scaricate da internet, cartoncini e pennarelli – la riconoscibile schermata di Instagram, con tanto di numeri di visualizzazioni, like ed emoticon rigorosamente riprodotti a mano. Ad ogni lavoro corrisponde un hashtag, diciassette parole chiave care all’autore. «Come qualcuno che afferma di essere un influencer e vuole avere influenza, ho bisogno e voglio chiarire alcuni punti […] Questi hashtag sono problematiche, nozioni, affermazioni, argomenti che mi interessano, a cui sto pensando, sto dando importanza».

Alla studiata grafica compositiva che nulla lascia al caso delle stories dei veri Instagrammer, Thomas Hirschhorn contrappone un’estetica alla “art-attack” smaccatamente e ironicamente hand-made. Nonostante possa sembrare un gioco o persino uno sfottò, l’artista fa qualcosa di molto importante e, forse, addirittura di rivoluzionario: utilizza il linguaggio del consumo per far una analisi critica della stessa società del consumo, veicolando l’attenzione dei suoi follower verso ciò che è realmente importante.

Thomas Hirschhorn, I-nfluencer-poster, Ph. Grafiluce

Come sosteneva il filosofo Jean Baudrillard nella sua opera La Società del Consumo, la società capitalistica trasforma gli oggetti in simboli attraverso un codice inteso a classificare e contrassegnare. Il consumatore vive le proprie scelte come libere ma in realtà – vittima della coazione a distinguersi – cessa di essere persona per farsi oggetto tra gli altri. Trasponendo tale presupposto nella propria cifra artistica e trasformando tali codici, Hirschhorn rimette le cose al proprio posto. In un sistema che postula la perpetua eccedenza dei bisogni rispetto ai beni, tali beni divengono concetti su cui l’artista sceglie di prendere una posizione, invitando il proprio pubblico a fare altrettanto. Con il poster intitolato #Engagement chiarisce cosa vuol dire per lui essere un “artista impegnato” e fare politica attraverso il mezzo artistico «Non c’è altra possibilità che il totale impegno se si vuole realizzare qualcosa con la propria arte. Questo è vero per ogni forma d’arte, dunque ogni artista è un attivista. […] Qual è la mia posizione? Qual è la posizione degli altri? Cosa voglio? Cosa vogliono gli altri? Tutto ciò riguarda sempre fare il lavorare con l’arte politicamente che non significa fare “arte politica”».
«Non è più possibile partire dal reale e fabbricare l’irreale, l’immaginario a partire dai dati del reale. Il processo sarà piuttosto l’inverso.»: Jean Baudrillard lo ha detto, Thomas Hirschhorrn attraverso i suoi I-NFLUENCER-POSTER lo ha fatto.
Con buona pace di Chiara Ferragni.

 

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