03 luglio 2021

V_AIR 2021: dialogare con la catastrofe. Intervista con Maria Paola Zedda

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Giunto alla quinta edizione, il programma di residenza di Vimercate quest’anno invita gli artisti a interrogarsi sul periodo storico che stiamo attraversando e sui cambiamenti e stravolgimenti del nostro tempo.

Smirna Kulenovic, Pure Blood
Smirna Kulenovic, Pure Blood

Ha preso il via la residenza V_AIR 2021 dopo una selezione che ha visto oltre 150 candidature provenire da tutto il mondo, dall’Indonesia agli Stati Uniti, dalla Cina all’Europa. Il titolo di quest’anno, DIALOGHI CON LA CATASTROFE. Riflessioni, pratiche e visioni per la rinascita, ha molte sfaccettature e stimola gli artisti selezionati a riflettere sul mondo che li circonda, sulle trasformazioni sociali in atto e sull’uomo. Oltre alla residenza, che si svolge al Museo Must di Vimercate, il programma prevede una school of practice, dove artisti e teorici terranno lezioni e masterclass, e una serie di open studio degli atelier che diventeranno luoghi costruttivi d’incontro, ascolto e scambio col pubblico. Le opere realizzate durante il periodo di residenza faranno parte di una mostra collettiva che inaugurerà nelle sale della Villa Sottocasa il 17 luglio e si terrà fino al 3 ottobre. Abbiamo incontrato Maria Paola Zedda, curatrice della residenza ed esperta di performance art, danza e arti visive.

Non appena ho appreso il tema del programma della residenza V_AIR di quest’anno, DIALOGHI CON LA CATASTROFE. Riflessioni, pratiche e visioni per la rinascita, ho pensato al libro di Mark O’Connel dal titolo Appunti da un’Apocalisse. Viaggio alla fine del mondo e ritorno in cui lo scrittore e giornalista inglese traccia uno scenario futuribile non proprio rassicurante. Da dove sei partita per formulare il tema che ha moltissime sfaccettature e porta necessariamente a riflettere sul mondo e sull’uomo?

«In questi mesi ci siamo interrogati con il team di V_AIR sui nostri interessi di ricerca pre e post pandemia. Nel 2019 avevamo programmato di dedicare per il 2021, a chiusura del primo quinquennio, una particolare attenzione all’ambiente, al clima, all’estinzione e alle grandi trasformazioni che ci stavano travolgendo. Tuttavia, alla luce della pandemia questi temi così importanti sembravano non soddisfarci, pur restando chiaramente centrali nel nostro pensiero. Tutte le categorie crollavano di fronte a una domanda più generale sul futuro. La catastrofe è così apparsa come una rivelazione, offrendoci una pluralità di volti. Nell’incertezza del tempo che vivevamo, porgeva al nostro sguardo una piega, una continua possibilità di collasso e insieme ribaltamento prospettico e fenomenologico. La sua etimologia indica il rovesciamento, e di conseguenza il pericolo di caduta, la possibilità di guardare il lato B delle cose, di trovare un nuovo equilibrio nell’instabilità perpetua. Avevamo bisogno di categorie e tematiche che ci interrogassero, stimolassero immaginari e risposte, e lontane da visioni troppo certe.

Tra i riferimenti che mi hanno ispirata ci sono sicuramente la lettura dei Quattro quartetti di T. S. Eliot, la sua descrizione della danza come quel tempo circolare dove inizio e fine si toccano, ma anche Mark Fisher, Bifo, le letture catastrofiste.»

In che misura ha influito la pandemia globale?

«La pandemia ci ha posto interrogativi sulla fine: sulla fine del mondo, del tempo, dello spazio, del nostro tempo qui. Ci ha proiettati davanti a un tempo del sacro, fermo, indistinto, un tempo simile a quello mitico. Allo stesso tempo ci ha offerto un’urgenza politica, dandoci la libertà e l’occasione di radicalizzare le nostre domande e di ribaltare il presente. È stata sicuramente un motore importante in una terra particolarmente vessata dalla condizione pandemica.»

Il programma è arrivato alla quinta edizione. Penso che le residenze d’artista siano oggi tra i pochi spazi ancora sperimentali nell’arte e luoghi importanti di visibilità per i giovani artisti.

«Lo sono sicuramente e crediamo che in questo caso aprano la visione del museo da luogo di conservazione a contesto di produzione e accompagnamento per le nuove generazioni. V_AIR è un territorio di sperimentazione che mette al centro del progetto la coabitazione di uno spazio di lavoro. Riteniamo molto importante offrire agli artisti un contesto di relazione e la possibilità di sperimentare forme e pratiche collaborative, senza tuttavia sentirsi obbligati. La Villa Sottocasa, adiacente al Museo, dove si svolgono le residenze, è un’architettura del 1700 rimasta ancora intatta rispetto alla sua dimensione abitativa. Un nobile fantasma nella città che offre visioni, storie, memorie, immaginari.

Abbiamo aperto per il primo anno alla performance, e inserito la possibilità di applicare a piccoli collettivi. Il desiderio è di dare agli artisti la possibilità di sperimentare formati diversi, di confrontarsi con il territorio.»

Avete ricevuto oltre 150 candidature da tutto il mondo, dall’Indonesia agli Stati Uniti, dalla Cina all’Europa. Carta d’identità (artistica) dei selezionati e anticipazioni dei progetti.

«Lena Chen, artista cino-americana che vive tra New York e Berlino, in collaborazione con Michael Neumann, (USA) lavorerà su RIPOSO, un’installazione site-specific che esplora il rilassamento come antidoto politicamente sovversivo al corrente sistema di produzione. Dopo aver realizzato una grande amaca, manipolata digitalmente in una surreale striscia di sogno, Lena mediterà e dormirà per un periodo di tempo in uno spazio pubblico, invitando le persone a sperimentare pratiche di riposo come risposta all’accelerazione catastrofica del capitalismo. Il lavoro sarà accompagnato dalla collaborazione con l’artista Cristina Martos Soderstrom.

Lena Chen. Foto Aleksander Stojanov
Lena Chen. Foto Aleksander Stojanov

Silvia Amancei e Bogdan Armanu (Romania). SABA’S LOOK ON THE FUTURE è un collage multimaterico e tridimensionale, ispirato alle pratiche artistiche e grafiche degli anni ’70-’80 nell’Europa dell’Est, stratifica e fa collidere immaginari apparentemente opposti, quali forza-lavoro/ lavoro immateriale, design/speculazione, futuro/storia/ideologia, sotto l’ombrello di una decostruzione critica atta a sovraeccitare la capacità di guardare oltre il capitalismo e creare il futuro, come un bene comune.

Irene Dionisio (Italia). L’artista raccoglie e rielabora audio-testimonianze di cittadini vimercatesi per una loro restituzione collettiva: crea così una preghiera contemporanea dove le voci si stratificano in un unico mantra e si riconnettono ai luoghi pubblici mediante “passeggiate sonore”. L’installazione sonora Da togliere il fiato sarà realizzata anche attraverso la produzione di un vinile di raccolta della memoria spaziale e affettiva.

Irene Dionisio
Irene Dionisio

Ruggero Franceschini e Zelda Soussan (Italia, Francia). Fondendo la partecipazione del pubblico e le tecniche di mappatura culturale e comunitaria, verrà creata una performance site-responsive come risultato di un dialogo con il contesto specifico e sarà prodotto un libretto di istruzioni per sopravvivere nella Vimercate del futuro, un territorio re-immaginato nei luoghi e nelle funzioni con la cittadinanza.

Haryo Mohamed Hutomo (Indonesia). Microscopic Powers: Zoom in An Invisible Realities è un progetto fotografico e installativo che riflette sulla relazione tra cibo, ambiente e cambiamento climatico in un contesto di elaborazione critica e intersezionale che indaga i temi di salute, cultura, politica e società e le pratiche di biopolitica alimentare su scala locale e internazionale. Attraverso la realizzazione di workshop con i cittadini per l’estrazione di DNA dagli alimenti, il progetto riflette sugli scenari possibili del futuro dell’alimentazione dopo i cambiamenti climatici.

Smirna Kulenovic (Bosnia). Smirna è un’artista che lavora tra performance e arti visive. Il suo progetto artistico interattivo mira a utilizzare il design partecipativo per creare un innovativo mazzo di carte dei Tarocchi che immaginerà gli elementi futuri e i personaggi attivi dell’”Utopia” post-pandemica, visti dalla prospettiva di un gruppo di giovani locali e visualizzati da una rete neurale (intelligenza artificiale).»

Oltre alla residenza, il programma prevede una school of practice, dove artisti e teorici terranno lezioni e masterclass.

«La school of practice (prevista per sabato 3 luglio) nasce dall’idea di creare un territorio di dibattito e discussione intorno al tema della residenza attraverso un percorso anti-pedagogico, che si propone di condividere pratiche piuttosto che di insegnare verticalmente. Vengono invitati artisti mid-career a presentare i loro attraversamenti nel campo d’indagine proposto. In questo caso ci sarà Jacopo Miliani che presenterà la sua ricerca Whispering Catastrophe, una pubblicazione sull’immaginario “catastrofico” nella cultura omosessuale giapponese. M’interessava anche evidenziare l’apertura alla performance come pratica espansa nelle arti visive e affrontare il discorso sul corpo. Poi Miliani dialogherà con alcuni degli autori di Demonologia Rivoluzionaria (NOT/NERO Editions), Enrico Monacelli e Claudio Kulesko sul tema, aprendo a una riflessione più ampia, dialogando con gli studenti sugli strumenti che la catastrofe offre per interrogare il presente, offrendo una prospettiva queer alla riflessione e immaginando pratiche oracolari.»

Gli atelier messi a disposizione degli artisti saranno anche aperti al pubblico in momenti programmati, trasformandosi in luoghi d’incontro e ascolto con gli abitanti, curatori, studiosi e altri artisti. In programma ci sono anche alcuni laboratori aperti alla cittadinanza, pensati per contribuire alla realizzazione delle opere.

«Il 3 luglio ci sarà una prima giornata di apertura dove gli artisti mostreranno i lavori in fase di studio. È un modo per aprire la loro ricerca al confronto con un territorio che non necessariamente è consueto ai linguaggi del contemporaneo. I laboratori nascono anche dall’esigenza degli artisti di conoscere il contesto e di avere incontri ravvicinati che poi convergono nelle loro opere e nei loro immaginari. Lena Chen il 4 e l’11 luglio praticherà tecniche per migliorare la qualità del riposo e guiderà il pubblico in sessioni di rilassamento di gruppo che utilizzano il respiro e la visualizzazione. Hayro Mohamed Hutomo lavorerà all’estrazione del DNA dal cibo locale, Zelda Soussan e Ruggero Franceschini costruiranno laboratori partecipativi per re-immaginare la nuova mappa di Vimercate, mentre Smirna Kulenovic da giorni sta coinvolgendo gli studenti del liceo artistico in una ricerca su un dialogo interspecie, a partire dalla botanica per arrivare all’intelligenza artificiale, al fine di individuare i segni per i tarocchi del desiderio post-capitalista.»

Le opere realizzate dagli artisti saranno esposte in una mostra collettiva che inaugurerà a Vimercate nella Villa Sottocasa il 17 luglio e si terrà fino al 3 ottobre (con una pausa dal 4 al 24 agosto). Come te la immagini?

«Immagino un contesto esploso, con una circolazione che viaggia anche oltre le sale della Villa per aprirsi alla città. Le sale affrescate forniscono una grande suggestione agli artisti e normalmente ispirano il loro lavoro amplificandosi reciprocamente. Per ora osservo il loro operare e il loro abitare lo spazio. Costruiremo il percorso insieme nelle prossime settimane.»

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