08 luglio 2022

25 anni di Inequilibrio: reportage dal festival di arti performative

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Reportage dal festival Inequilibrio di Castiglioncello, che festeggia i 25 anni con tanti ritorni di artisti e nuovi sguardi sul futuro: il debutto Filippo Porro e Simone Zambelli

Porro & Zambelli, Inequilibrio 2022, foto di Antonio Ficai

“Guardare al passato con uno sguardo sul futuro”, è stato il fil rouge che ha caratterizzato “Inequilibrio”, uno dei festival più importanti di teatro, danza e arti performative della Penisola, diretto da Angela Fumarola e Fabio Masi. I 25 anni che il festival di Castiglioncello, Armunia, ha festeggiato in questa edizione, ha visto ritornare artisti che qui hanno iniziato il loro percorso, scoperto una casa per la loro creatività, nutrito il loro viaggio, trovato una comunità, condiviso sensibilità. Vivere il festival anche soli due giorni basta per arricchirsi di un’esperienza di collettività partecipe, sentire un’appartenenza, incontrare mondi.

Tra gli artisti che qui hanno transitato c’è Marco Baliani il cui spettacolo-cult “Kohlhaas” – giunto alla 1113esima replica – dette il via, nel 1989, a quel “teatro di narrazione” diventato poi la cifra autoriale di molti altri attori. Risentire oggi quel racconto – maggiormente ora per l’attualità che richiama – dalla sua voce e dal suo corpo vibrante, emoziona ancora inchiodandoci alla sedia. E a lui basta solo una seggiola sulla quale sostare, per affabularci con i suoi toni espressivi e trasportarci nella toccante vicenda tratta dall’opera di Heinrich von Kleist. 

“Kohlhaas” è la storia di un sopruso che, non risolto attraverso le vie del diritto, genera una spirale di violenze sempre più incontrollabili, ma sempre in nome di un ideale di giustizia naturale e terrena, fino a che il conflitto generatore dell’intera vicenda non si risolve tragicamente.

Uno degli amici storici di Inequilibrio è Leonardo Capuano presente con due suoi vecchi lavori “Elettrocardiodramma” e “Zero spaccato”, e con una nuova produzione, “Sistema nervoso”, dando vita a un personaggio che vive uno stato di alterazione entrando in relazione con presenze che abitano il suo quotidiano. Due altri importanti ritorni sono stati quelli di Roberto Latini con “Venere e Adone. Variazione 4”, e di Roberto Abbiati con la storia “La vera mamma di Ulisse” raccontata attraverso la voce di un bambino appassionato di mitologia interpretato da Ilaria Marchianò.

È soprattutto alle nuove generazioni che il festival ha guardato. Un debutto nazionale atteso è stato “Ombelichi tenui. Ballata per due corpi nell’aldilà” di Filippo Porro e Simone Zambelli, danzatori di speciale bravura e sintonia, pur così diversi anche per formazione, e con una spiccata dimensione teatrale (Zambelli, ricordiamolo, è uno dei protagonisti di Misericordia di Emma Dante).

Porro & Zambelli, Inequilibrio 2022, foto di Antonio Ficai

Diversi sono i livelli di stratificazione dello spettacolo. Nata da un’approfondita ricerca antropologica (grazie anche a due studiose esperte di “fine vita”) e da riflessioni sul senso dell’accompagnamento, la “ballata” di Porro e Zambelli rappresenta una chiara, emozionante ritualità di corpi, uniti e distinti, che si accompagnano nel passaggio verso la morte e oltre, ma anche verso una separazione, verso l’allontanamento da un amore, da una relazione o amicizia che sia. È la costruzione del saluto finale da qualcuno o qualcosa che già se n’è andato, o forse che non c’è mai stato; un viaggio dove aleggia per tutto il tempo il senso dell’abbandono, la nostalgia di una memoria felice.

Porro & Zambelli, Inequilibrio 2022, foto di Antonio Ficai

Porro e Zambelli sembrano creature beckettiane, catapultate dalla porta di un limbo sul palcoscenico della vita, lì dove, tolte le maschere di misteriosi e indefiniti rettili, si scoprono identici. Sono l’uno l’ombra e il riflesso dell’altro. Si scrutano, si prendono per mano; l’uno conduce l’altro in una direzione sempre mutevole; si sostengono, poi si distinguono e si staccano.

In questo continuo e reciproco riconoscersi fino all’atto finale, sembrano affiorare i versi poetici di Pavese “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. Salutarsi con un fazzoletto bianco; misurarsi con un asse di legno in tutte le sue combinazioni spaziali per una bara da costruire; trasformarla in una tavola conviviale spezzando del pane e lanciandosi le briciole in un gioco violento di ripicche; farsi reciprocamente del male fisico per ferire l’altro e subito riaccoglierlo e accudirlo, lenendo la sua sofferenza; spostare blocchi di pietra per segnare il loro passaggio, poi accumularli per farne infine un totem o una lapide come l’unico elemento che fisserà un’eternità quando tutto sarà scomparso.

Porro & Zambelli, Inequilibrio 2022, foto di Antonio Ficai

Sono alcune delle azioni di una partitura coreografica che emoziona a ogni passaggio, affresco scenico di un teatro-danza umanissimo che diventa una preghiera laica, salutata dal lento svanire della coppia attraverso una porta evanescente disegnata su una parete dalla luce di Gianni Staropoli, e dalle note diradate, come gocce d’acqua, di una canzone di Lou Reed.

Il coreografo Manfredi Perego ha debuttato con “Totemica”, un assolo della danzatrice e performer Chiara Montalbani che si muove dentro due semicerchi di un prato artificiale, limbo di sacralità. Il suo è un corpo risonante di echi ancestrali, scosso a tratti dal suono di un tamburo, poi placato nel silenzio, sempre denso di energia nei suoi gesti secchi, veloci, ampi, calmi, o raccolti in una interiorità.

Manfredi Perego, Inequilibrio 2022, Foto di Antonio Ficai

I giovanissimi performer di “Verso la specie” sono stati condotti da Claudia Castellucci – la drammaturga di Socìetas che da anni lavora sul movimento ritmico con la sua Compagnia Mòra nata dalla Scuola omonima -, in una danza intesa come forma di pensiero, fisico e immediato, senza parole, dalla quale far scaturire uno sviluppo corale verso il ritmo. A esso si aggiunge poi una composizione musicale coerente creata ad hoc da Stefano Bartolini.

“Verso la specie” prende a modello la metrica della poesia greca arcaica, e, figurativamente, il ritmo dei movimenti dei cavalli. I performer vestiti di nero come penitenti giungono dal fondo di un viale alberato del parco di Castello Pasquini, sostando in uno spiazzo. La danza che s’innesca in quello luogo si nutre di figure ritenute nel ricordo, o forme che si rifanno a una memoria genetica profonda. Passi ripetuti, circolarità, scalpitii, saltelli, ritmi variati di gambe e braccia incrociate, si ricompongono in ultimo in figurazioni da balli di corte utilizzando un’ampia stoffa con un disegno dalle forme triangolari scomponibili.

Charlie Prince, performer e coreografo libanese, emigrato in Canada e residente tra l’Europa e Beirut, nel suo assolo “Cosmic a*” rivela un’affascinante qualità di movimento capace di evocare mondi corporei, un rituale di scavo che rivela nuove mitologie della rappresentazione del sé. Crea un’evoluzione di movimenti che da terra conquistano la verticalità, con posture e intrecci che ricordano creature acquatiche e animali a quattro zampe. Piedi, braccia, gomiti, polsi, mani, cassa toracica, testa, spalle, vibrano fra i silenzi e le sonorità di un percussionista in scena, Joss Turnbull, mettendo in atto un dispiegamento somatico che rimanda a balli mediorientali e a codici di danza contemporanea.

Sotterraneo, Inequilibrio 2022, foto di Antonio Ficai

Con L’angelo della storia”, guardano al passato per parlare dell’oggi e del futuro i giovani performer di Sotterraneo, collettivo di ricerca teatrale fiorentino, sperimentatore di dispositivi scenici alternativi. Con una mescolanza di aneddoti storici paradossali e connessioni di personaggi e pensieri tratti da molte epoche e culture attraverso il filtro del pensiero del filosofo Walter Benjamin, compiono una circumnavigazione nella storia per rappresentare il nostro tempo confuso, complesso, incerto. Seguendo la tipica modalità di coinvolgere il pubblico – qui con l’uso dei cellulari e alcuni quesiti – il Collettivo imbastisce un linguaggio pop, dove la parola ripetuta, riplasmata, riconnessa con figurazioni e temporalità, con oggetti e visioni – una enorme balena gonfiabile, un paracadute, dei coniglietti verdi, un grande monitor che scandisce gli anni e i tempi, e altri elementi ancora -, innesca cortocircuiti ironici con il presente. Ma l’ossessiva ripetitività – che non servirebbe -, delle azioni e delle parole, genera una stanca che fa perdere l’attenzione al concitato flusso verbale e performativo.

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