25 dicembre 2019

La performance, linguaggio necessario. Intervista a ZONAK in occasione di “The Momentary Now”

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Prosegue il nostro aggiornamento dedicato a “The Momentary Now”, lo speciale corso di performance curato da Marcella Vanzo nello spazio teatrale ZONAK di Milano

  • The Momentary Now, foto di Elena Muresu
  • The Momentary Now, foto di Elena Muresu

Prosegue, a ZONAK a Milano, “The Momentary Now”, il corso di performance annuale a cura dell’artista Marcella Vanzo.
E prosegue il nostro aggiornamento sulle attività, in attesa di scoprire – il prossimo maggio – i “lavori” dei 12 studenti (compresi tra un’età che va dai 20 ai 50 anni circa, e di formazioni molto differenti). Stavolta, però, raccontiamo questa scuola speciale grazie alle voci di Valentina Picariello e Valentina Kastlunger, Silvia Orlandi e Federica Bruscaglioni, anime di ZONAK, associazione-scappatoia culturale che è anche la capofila delle attività della Casa degli Artisti di Milano.

È la prima volta, nella storia di zona k, che ospitate un laboratorio annuale con un’artista? che cosa vi aspettate?
«In questa direzione si, è la prima volta e senza dubbio mancava una proposta così strutturata. In passato abbiamo ospitato alcuni workshop di performance, curati da organizzatori o critici. Altro è il discorso per i nostri corsi annuali di teatro che vengono sempre curati da operatori che siano registi, attori, drammaturghi».

Da febbraio sarete ufficialmente a capo della casa degli artisti di Milano: “The momentary now” sarà preso come modello per la produzione di contenuti e di una didattica più vicina alla durata di una residenza?
«È una domanda difficile in questo momento. Stiamo ancora prendendo le misure sulla gestione e la programmazione della Casa degli Artisti che risulterebbe comunque una risposta parziale e non esaustiva. Senza dubbio “The momentary now” si sta rivelando un modello interessante che ha riscosso entusiasmo e ampia partecipazione da parte del pubblico, tale da pensare da poter essere replicato anche in contesti diversi».

La performance è davvero il linguaggio più “necessario” dell’arte, oggi?
«Parlare di necessità di un linguaggio è forse una provocazione. Senza dubbio la performance permette una commistione di linguaggi capace di accogliere punti di vista e vissuti diversi».

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