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Negli Stati Uniti e in decine di città in tutto il mondo continuano le manifestazioni riunite intorno al movimento Black Lives Matter, divampate in seguito all’assassinio di George Floyd da parte di Derek Michael Chauvin, ufficiale del dipartimento di polizia di Minneapolis. Chiaramente, si tratta di un ennesimo episodio di violenza brutale, l’ultimo di una serie di tragici e folli eventi che spesso hanno coinvolto la comunità afroamericana ma che, in realtà, riguardano un diffuso e radicato sistema di prevaricazione. Imponenti cortei stanno affollando le strade, dalla marea di Washington, a New York, Miami, Los Angeles e Minneapolis, fino in Germania, Spagna, Giappone e Italia, dove le manifestazioni si sono svolte lo scorso fine settimana nelle principali città, a Torino, Napoli, Roma e Milano, ma non solo. La protesta si svolge anche – forse soprattutto – sulla rete e allora si schiera anche Netflix, che inserisce la nuova categoria Black Lives Matter, annunciata così: «When we say “Black Lives Matter,” we also mean “Black storytelling matters”». In azione anche Amazon, che ha vietato temporaneamente alla polizia di utilizzare la sua tecnologia di riconoscimento facciale Rekognition.
Dopo un iniziale momento di timidezza, anche i musei degli Stati Uniti stanno iniziando a prendere posizione (qui vi raccontavamo una panoramica della situazione) e forse non è un caso che proprio in questi giorni Warren Kanders, il contestato ex vicepresidente del Whitney Museum, abbia annunciato la dismissione dalle divisioni della sua azienda, la Safariland, che si occupano di attrezzature di militari e di controllo della folla. D’altra parte, c’è poco da meravigliarsi, visto che negli States tutti i musei più importanti hanno relazioni molto profonde e non troppo limpide con lobbies di potere: Michael Rakowitz parla di filantropia tossica e spesso, purtroppo, abbiamo avuto modo di scriverne. In ogni caso, anche in Italia, musei e istituzioni culturali stanno iniziando a partecipare al grande movimento Black Lives Matter.
I musei italiani per Black Lives Matter: Triennale di Milano e MAXXI di Roma
Il 4 giugno, la Triennale di Milano ha pubblicato sul proprio profilo Instagram tre post dedicati all’argomento, comunicando la decisione presa del Presidente Stefano Boeri di rinviare all’11 giugno 2020 il simposio “Verso la XXIII Esposizione Internazionale di Triennale Milano – La Terra vista dalla Luna”. «I gravissimi atti di violenza e razzismo che stanno sconvolgendo la vita di molte città americane chiedono infatti alle istituzioni culturali internazionali un momento di lutto e riflessione. Sembra profondamente inappropriato in questo momento discutere il futuro dell’umanità, le strategie per sradicare la crisi climatica e le conseguenze della pandemia senza considerare l’enorme responsabilità che purtroppo rimane ancora sulle nostre spalle. I contenuti degli interventi dell’11 giugno offriranno la possibilità di approfondire ulteriormente l’analisi delle ragioni profonde di quanto è successo prima e dopo l’omicidio di George Floyd», scrivevano dalla Triennale.
Visualizza questo post su Instagram
Un post condiviso da Triennale Milano (@triennalemilano) in data:
A sostenere la cultura dell’inclusione e dell’uguaglianza, contro razzismo, violenza e ingiustizia anche il MAXXI, che ha espresso la sua «profonda solidarietà al movimento Black Lives Matter», attraverso l’arte e la storia delle sue mostre, con le parole e le immagini di artisti che hanno messo al centro del loro messaggio la denuncia di un problema globale e la speranza nel cambiamento.
A partire dal 10 giugno e per i prossimi giorni, il canale Instagram @museomaxxi orienterà tutta la sua comunicazione alla consapevolezza e alla coscienza di una realtà che non può più essere ignorata, attraverso le immagini di dieci opere, provenienti dalle Collezioni del MAXXI o esposte in mostre prodotte dal museo, che affrontano e indagano il tema della discriminazione. Una pagina dedicata sul sito maxxi.art conterrà schede di approfondimento sulla storia delle opere e sul loro messaggio, per contribuire a stimolare una doverosa riflessione collettiva, affinché lo sguardo dell’arte possa essere ancora una volta un prezioso strumento per osservare e comprendere la realtà che ci circonda.
Le dieci opere, selezionate da Direttore Artistico del MAXXI, Hou Hanru, insieme al team curatoriale del MAXXI, sono: Peripeteia (2012) di John Akomfrah; Ballet in Kibera (2017) di Sarah Waiswa; Le Merchand de Venise (2010) di Kiluanji Henda; Freedom of Movement (2017) di Nina Fischer & Maroan el Sani; The Emancipation Approximation (1999) di Kara Walker; Hands (1996) di Glenn Ligon; A Day in May (2013) di Robin Rhode; Invisible Man (2018) di Yinka Shonibare; Foreign Office (2015) di Bouchra Khalili; T. W. Batons (Circle) (1994) di Kendell Geers.
«Il MAXXI non si è mai piegato di fronte alle difficoltà, ma questa volta ci inginocchiamo, per i nostri fratelli e sorelle, per rialzarci insieme, per sempre», ha spiegato Hanru, accompagnando il lancio dell’iniziativa.

mostre ed eventi

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