09 aprile 2022

Cave SPOT: un cane robot si aggira tra le domus dell’antica Pompei

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L’antica Pompei sempre più smart city: per mansioni di monitoraggio, arriva anche SPOT, il robot quadrupede della Boston Dynamics. Che potrebbe farci riappacificare con una certa tecnologia

«Beatrix! Veni Hic!». Il Vigilantes richiama il suo “canis pugnax” da guardia, un molosso romano, a metà tra il cane corso e il mastino napoletano, mentre percorrono una delle vie che affiancano Porta di Sarno, rumorosa e trafficata, circondata com’è da stalle e locande. La mano dell’uomo, di turno per la ronda notturna, spunta tra corde, asce e ramponi, per accarezzare la bestia ansimante, un esemplare estremamente vigoroso e muscoloso, pur se sprovvisto dell’armatura di cuoio o di lamelle in metallo. Quella l’ha portata per anni dopo l’addestramento a Capua (negli stessi campi dove gli schiavi divenivano grandi gladiatori), nelle lunghe campagne militari germaniche, prima che il suo padrone entrasse nel corpo dei Vigilantes. «Gli ausiliari più fedeli ed economici dell’esercito romano», per Plinio il vecchio. Omaggiato ovunque, scolpito nel marmo, dipinto come affresco, ammirato e amato quanto e più di oggi, il canis pugnax è divenuto il primo brand della storia di Roma antica. Celebre in tutto il mondo il mosaico CAVE CANEM della Casa di Orfeo, vero e proprio advertising di Pompei nel mondo, con manifesti, stampe, t-shirt, magneti, puzzle.

Ed è per questo che, con grande naturalezza, SPOT, robot quadrupede prodotto dell’azienda superstar Boston Dynamics – Hyundai – i suoi videoclip su YouTube hanno raggiunto milioni di click per i robot Handle, Spotmini e Atlas che ballano e fanno acrobazie – “naviga” da qualche settimana sulle “strata” lastricate di storia, mito e basalto della antichissima Pompei. La vetusta città di fondazione osca, divenne prima potentissima e famosa grazie ai commerci e alle favolose ville dei ricchi senatori romani e poi immortale grazie all’eruzione pliniana del Vesuvio nell’ottobre del 79 d.C.

La funzione del cane-robot all’interno della famoso sito archeologico situato a pochi chilometri da Napoli è presto detta. Aumentare la qualità del monitoraggio delle aree, dello stato di avanzamento dei lavori di scavo e manutenzione nelle insulae, aumentare i livelli di sicurezza del personale e dei luoghi. Se in genere le tecnologie RPV – remotely piloted vehicle e UVS – unmanned vehicle system, droni e robot a guida remota o autonoma per intenderci, sono state immaginate per il mondo industriale e per il comparto sicurezza, esse non hanno mai trovato applicazione in siti come la Pompei antica per «L’eterogeneità delle condizioni ambientali e le dimensioni del sito», ci ricorda Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del Parco Archeologico di Pompei.

Problema risolto dalla superiore mobilità di SPOT rispetto a droni terresti e robot cingolati, in grado infatti di percorrere ghiaia, scale, cordoli, terreni sconnessi e con forti dislivelli attraverso i suoi bracci robotici. E capace anche di ispezionare i vecchi tunnel sotterranei dei tombaroli, «Da sempre in condizioni critiche per la sicurezza», ha aggiunto Zuchtriegel, e questo grazie alla programmazione di missioni autonome con cui rivedere percorsi, mappare ostacoli e oggetti, riformulando ogni volta tragitti sempre più coerenti e funzionali.

C’è da dire che l’impiego di SPOT nasce in un ambiente, quello della Pompei antica, che, con i suoi 400mila metri quadrati di superficie è già coperta tecnologicamente attraverso gli interventi di Smart@Pompei, opera finanziata dal Grande Progetto Pompei della Commissione Europea del 2012, erogato in seguito al grave disastro del 2010, il crollo di una parete della Schola Armaturarum. Da qui, una rete di telecamere Ip ad altissima risoluzione e basso dispendio energetico, dotate di visori notturni, termografici, misurazione biometrica e visori notturni. Per Alberto Bruni, funzionario del MiC – Ministero della Cultura, «Si tratta della prima area archeologica probabilmente al mondo che si basa sul paradigma smart delle città, mettendo in gioco Iot (internet delle cose), intelligenza artificiale, big data, analytics, block chain e a breve anche celle 5G».

Certo rimane legittima la riflessione in merito all’impiego – oltre che al costo, intorno ai 74mila dollari, senza accessori – di tale “soggetto” di titanio e alluminio per mansioni che qualche worker specializzato tra i sapiens sapiens potrebbe ancora svolgere in sicurezza (e senza la necessità di ricaricare le batterie ogni tre ore). O di dubbi e critiche in merito a questi investimenti “visionari”, che fanno da contraltare a certe difficili situazioni contrattuali di lavoro esternalizzato (gli addetti alle pulizie coinvolti in agitazioni con i sindacati indipendenti e i dipendenti del Parco Archeologico per alcune  rivendicazioni economiche dovute a certe scelte operative post-covid). Quindi la domanda si pone. Qual è il futuro di un parco archeologico come quello di Pompei? Qual è la visione alla base di questo incredibile luogo di conoscenza, in cui Futuro, Presente e Passato si incrociano tra domus, templi e quadrivi? Cosa si staglia tra queste rovine e tesori, ripresi e filmata in lungo e in largo da manufatti come la Leica BLK2FLY, oggetto volante in grado di effettuare scansioni 3D totalmente in autonomia?

Guardando con curiosità i movimenti un po’ goffi di SPOT che passeggia insieme a noi tra i cardi e decumani, forse potremmo finalmente smetterla di considerare questa tecnologia unmanned orribile fantascienza come Netflix (con i Gumps, i potentissimi soldati androidi sfacciatamente ispirati agli ATLAS di “Outside the Wire”, bellissimo b-movie di fantascienza) o peggio certe tv generaliste (i killer robot-dogs di “Metalhead”, episodio del 2017 di Black Mirror, incredibile serie tv ansiogena e tecnofobica, targata BBC) continuano a propinarci.

E senza temere, almeno qui a Pompei, impieghi – questi sì, da b-movie di fantascienza – dei dog-robot, come avvenuto per i compiti di affiancamento per operazioni della polizia francese considerate “pericolose” (soprattutto per chi le subisce). O peggio per il monitoraggio dei confini con il Messico della Polizia di Frontiera statunitense attraverso i Vision 60, i dogs della Ghost Robotics. E che qualcuno sta incautamente pensando di equipaggiare con gli SPUR – Special Purpose Unmanned Rifle, armi equipaggiabili su questi quadrupedi autonomi.

Ebbene forse la risposta alla domanda precedente sta qui intorno. Ancora qui, tra queste viae, domus, pitture, mosaici, statue e splendidi edifici religiosi e civili, dove serpeggia e si diffonde tra i visitatori uno spirito diverso, umanista, legato all’amore per la storia e la cultura e dove è praticata ogni giorno la cura della memoria e di ciò ci è stato (dolorosamente) tramandato. Qui potremo allungare la mano come il Vigilantes romano e accarezzare questo gioiello della tecnologia del XXI secolo senza timori e senza minacce. Sapendo che è parte di noi e del mondo che vogliamo proteggere e lasciare ai nostri poster. «SPOT! Come here!»

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