26 febbraio 2020

Diversità e inclusione dei musei inglesi: il rapporto dell’Arts Council

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Pubblicato il rapporto 2018-2019 dell’ACE - Arts Council England sulla diversità e sull’inclusione nelle istituzioni culturali inglesi. E il quadro è desolante

A seguito della pubblicazione del rapporto 2018-2019 dell’ACE – Arts Council England – l’ente che si occupa della ripartizione dei fondi pubblici per la cultura e l’arte – sulla diversità e sull’inclusione di categorie protette e minoranze nella forza lavoro nel settore artistico del paese, le organizzazioni culturali inglesi sono state minacciate di tagli di bilancio, legati al mancato raggiungimento di determinati obiettivi.

L’odierno assetto britannico, strutturato su vari canali di finanziamento e con diverse modalità organizzative, capaci di alimentare un’infallibile sistema culturale, ha le sue origini negli anni ’40 del secolo scorso, quando l’establishment politico e culturale iniziò a interrogarsi sul ruolo che avrebbe dovuto ricoprire il governo britannico e cosa avrebbe dovuto fare per sostenere l’arte e la cultura. È solo da circa un decennio che si parla però di social inclusion, ossia di inclusione sociale, concetto caro al partito New Labour, che si è concentrato sull’importanza educativa del sistema cultura. Un argomento sul quale l’ACE punta già da diverso tempo, come abbiamo avuto modo di vedere anche in occasione del programma di performance presentato all’ultima Biennale di Venezia.

Un quadro deludente

I dati rappresentati nel rapporto dell’ACE – Arts Council England sono stati estratti da 828 gallerie, musei, teatri, orchestre, compagnie di danza e altre istituzioni che compongono le NPO – National Portfolio Organizations del Consiglio 2018-2019 e saranno utilizzati dall’ACE per implementare la sua strategia nel prossimo decennio.

Sir Nicholas Serota, ex direttore di Tate Modern e attuale Chair dell’Arts Council England ha commentato che «Il quadro attuale è deludente». In termini di dati, solo l’11% dei lavoratori nelle organizzazioni inglesi, che includono gallerie, teatri, orchestre, compagnie di danza e musei, provengono da etnie nere o di minoranze. A Londra, il dato è del 15%, vicino alla media nazionale ma ben al di sotto del totale della forza lavoro della capitale di oltre il 40%. Quando si tratta di disabilità, le persone impiegate nella forza lavoro artistica raggiungono il 6%, rispetto al 21% della più ampia popolazione attiva. Abid Hussain, Director of diversity di ACE, ha affermato che in queste due aree ci deve essere un «miglioramento significativo».

Ma il rapporto sulla diversità contiene statistiche su tutti gli aspetti del settore. Per quanto riguarda il genere, il rapporto mostra che il 47% della forza lavoro è di sesso femminile, che il 52% delle organizzazioni nazionali è gestito da amministratori delegati di sesso femminile e che il 45% dei direttori artistici sono donne.

Il rapporto mostra che le donne rappresentano il 32% della forza lavoro nella musica, gli uomini il 41%, il 6% identificato come non binario e il resto degli intervistati preferisce non dichiararlo. Le Midlands hanno la percentuale più bassa di personale che si definisce LGBT (4%) e Londra la più alta (8%).

Tagli ai finanziamenti

ACE pubblica dati sulla “diversità” da cinque anni ma è stato spesso accusato di non aver agito pragmaticamente. Hussain ha affermato che le organizzazioni dovrebbero allargare i propri orizzonti di inclusione, iniziando a fissare degli «obiettivi di diversità» da concordare con il Consiglio e che, qualora non fossero raggiunti, potrebbero portare a sanzioni o tagli ai finanziamenti provenienti dalla spesa pubblica.

«Il ritmo del cambiamento è stato troppo lento. Alcune comunità sono significativamente sottorappresentate ha detto», ha continuato Hussain.  Aggiungendo che «Dobbiamo essere molto chiari: se le istituzioni continueranno così, potrebbero perdere i loro finanziamenti». Hussain spera che sia possibile raggiungere un adeguato livello di inclusione anche nelle piccole comunità locali. Tutte le organizzazioni artistiche devono integrare la diversità nella programmazione per ottenere finanziamenti.

La classifica dell’inclusione, tra musei e gallerie

Dal 2018 ACE ha introdotto una scala in quattro punti che misura il loro successo, da «non raggiunto» a «eccezionale». Per la prima volta ACE ha pubblicato le singole valutazioni nel rapporto. Tra quelli che non soddisfano i requisiti per integrare la diversità nei loro programmi ci sono la British Youth Opera, il London International Mime Festival e il National Horseracing Museum. The Royal Opera House, che riceve circa 30 milioni di euro ACE, le Serpentine Galleries e Whitechapel Gallery hanno soddisfatto in parte i requisiti. South London Gallery, Studio Voltaire e Turner Contemporary sono stati tra le organizzazioni a ricevere un punteggio alto, mentre la Graeae Theatre Company e il Midlands Arts Center sono stati tra il 5% delle organizzazioni che hanno ottenuto un punteggio eccezionale. La misurazione dei dati sulla diversità da parte di ACE diventerà più dettagliata quando, da quest’anno, si inizierà a monitorare il contesto socioeconomico dei dipendenti.

Sir Nicholas Serota ha affermato che nel corso degli anni sono stati registrati progressi, ma «Ora dobbiamo agire tutti con maggiore determinazione per eliminare le persistenti disuguaglianze nei nostri consigli, nella nostra forza lavoro e nel nostro pubblico che ostacolano opportunità e risultati nel nostro settore».

Chi-chi Nwanoku, fondatore e direttore artistico della prima orchestra a maggioranza BME in Europa, ha affermato che «Il controllo sulla diversità è più grande che mai. Vi è una crescente trasparenza e forse ora che la posta in gioco è più alta, con la possibilità di tagli ai finanziamenti, la pressione sarà esercitata sulle loro promesse di inclusione».

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