04 marzo 2022

Guerra in Ucraina, i direttori dei musei russi si dimettono

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In Russia continuano le proteste contro la guerra in Ucraina: direttori di fiere e musei, tra cui anche l'italiano Francesco Manacorda, hanno rassegnato le dimissioni. Forse a causa di pressioni

Il sistema della cultura e dell’arte in Russia continua a mostrare la sua fiera opposizione alla guerra in Ucraina. Dopo le decine di lettere aperte firmate da migliaia di lavoratori di tutta la filiera del settore, stanno arrivando le dimissioni dei direttori delle istituzioni d’alto profilo. In effetti, queste scelte, per quanto comunque coraggiose, potrebbero essere state obbligate, a causa di pressioni del governo Putin contro i dissidenti.

I direttori dimissionari

In un post su Instagram, lo storico vicedirettore del Museo Pushkin, Vladimir Opredelenov, ha ricordato i risultati ottenuti nel corso della sua carriera e ha proseguito aggiungendo che «Il mio atteggiamento nei confronti della situazione attuale non coincide con quello dei miei colleghi del Ministero della Cultura della Federazione Russa. Spero che questo cambierà nel prossimo futuro ma per il momento sono costretto a lasciare il mio amato museo».

 

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Anche Simon Rees, direttore artistico della fiera d’arte Cosmoscow, sta tagliando i legami con la sua istituzione. Già nei giorni scorsi aveva pubblicato alcuni post molto critici sulla politica aggressiva di Putin, anche al di là dell’invasione dell’Ucraina, facendo riferimento anche alla gestione della questione energetica. Rees ha quindi confermato ad Artnet News di essersi dimesso già il 24 febbraio e attualmente si trova a Vienna, dove sta ospitando persone rifugiate dall’Ucraina.

Nel frattempo, il direttore artistico della VAC Foundation di Mosca, l’italiano Francesco Manacorda, ha dichiarato di essersi dimesso a causa del conflitto in Ucraina. Già direttore della Tate Liverpool, Manacorda era alla direzione della VAC Foundation dal 2017. «Purtroppo, l’attualità ha cambiato in modo significativo le condizioni lavorative e personali, motivo per cui sono giunto alla conclusione che non sarò in grado di continuare a lavorare con la stessa dedizione di cui potrei essere orgoglioso», ha detto Manacorda all’agenzia di stampa russa TASS, specificando di aver preso la decisione «Con molta difficoltà e rimpianti».

Presieduta da Leonid Mikhelson, amministratore delegato di Novatek, il più grande gruppo privato del gas in Russia, la VAC Foundation ha due sedi, a Venezia e a Mosca. Quest’ultima, chiamata GES-2, ha aperto nel 2020 e la scorsa domenica aveva rilasciato una dichiarazione in cui si comunicava la chiusura di tutte le attività e la sospensione delle mostre: «Non si può chiudere un occhio sui tragici eventi di cui tutti siamo diventati testimoni».

L’apertura degli Uffizi e la chiusura dell’Hermitage di Amsterdam

E anche al di fuori della Russia, i musei prendono posizione. Il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, si è detto contrario alla campagna di ostracismo verso la cultura russa: «Sono assolutamente assurde e controproducenti richieste come abbattere statue di autori russi, non mandare per punizione opere in Russia per dieci anni, oppure chiudere il museo delle icone russe di Palazzo Pitti», ha dichiarato il direttore, a margine della presentazione della donazione al museo di un dipinto del pittore seicentesco Bartolomeo Salvestrini. «Al contrario, qui alle Gallerie degli Uffizi valorizziamo le testimonianze dei contatti culturali e pacifici nella speranza di poterli riprendere in futuro. La cultura deve essere la prima ad attivarsi ancora prima dell’economia. E speriamo che le tante grida per la pace che si innalzano da ogni parte del mondo abbiano effetto. Nel giorno stesso in cui sono iniziate azioni di guerra il museo ha subito pubblicato sui social l’immagine delle Conseguenze della guerra di Paul Rubens uno dei capolavori contro la guerra, quello più potente di cui noi siamo custodi».

Ha invece optato per una linea dura l’Hermitage di Amsterdam che, con una mossa che avrà ripercussioni interessanti anche in futuro, ha interrotto la sua relazione con la sua sede principale, quella di San Pietroburgo. «In considerazione dell’invasione russa dell’Ucraina, la relazione non è più sostenibile», ha affermato giovedì il museo di Amsterdam. «Con l’invasione dell’esercito russo in Ucraina, una linea è stata superata». Per molto tempo, il museo è stato in grado di defilarsi dalla politica del presidente Vladimir Putin, ha spiegato il museo ma, adesso, non è più possibile. Di conseguenza, la mostra sull’avanguardia russa, inaugurata solo di recente, resterà chiusa fino a nuovo avviso.

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