01 aprile 2022

Jorit citato da Vladimir Putin e il caso dell’arte dei grandi numeri

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Il murales di Jorit citato da Vladimir Putin apre il campo ad alcune considerazioni sulla riconoscibilità, sulla narrazione e sull'autonarrazione dell’arte contemporanea, con esempi illustri

L’artista italiano contemporaneo e ancora vivente più famoso al mondo è Maurizio Cattelan, si sapeva già, anzi, si presentiva, e lo ho confermato in maniera scientifica un recente studio sulla riconoscibilità internazionale dell’arte nostrana. Ma, a quanto ne sappiamo, nemmeno l’artista ex pensionato ha mai avuto l’onore di essere citato ed elogiato dal Presidente di una delle Nazioni più potenti al mondo come testimone di pace e concordia universale. Questo ono(e)re è toccato allo street artist Jorit, che ha ricevuto un pubblico encomio da Vladimir Putin: «Penso che molti sappiano che a Napoli un artista di strada di recente abbia dipinto sul muro di un palazzo il ritratto dello scrittore russo Fedor Dostoevskij, ormai cancellato in Occidente. Questo dà ancora speranza. Attraverso la simpatia reciproca delle persone, attraverso una cultura che collega e unisce tutti noi, la verità sicuramente si farà strada». Questa la traduzione del discorso del Presidente della Federazione Russa, intervenuto in collegamento video in occasione di una cerimonia di premiazione delle personalità della cultura russe.

Il riferimento è ovviamente alla paradossale censura dell’Università Bicocca di Milano, che prima aveva deciso di sospendere le lezioni dedicate a Fëdor Dostoevskij, curate dallo studioso di letteratura russa e scrittore Paolo Nori, quindi, sommersa dalle reazioni avverse sui social network, ha ritrattato, “suggerendo caldamente” al docente di integrare il corso con autori ucraini. Alla fine, è stato lo stesso Nori a mollare tutto ma lo scrittore, traduttore e accademico parmense ha accettato vari inviti a portare le sue lezioni in diversi luoghi, tra biblioteche, associazioni e teatri (e anche università): primo incontro, martedì, 5 aprile, al Teatro Storchi di Modena.

Chi non ha mollato un centimetro è Jorit, lo street artist napoletano dei grandi volti su grandi pareti, che a metà marzo ha iniziato a dipingere un nuovo murales sulla facciata di un istituto superiore nel quartiere di Fuorigrotta, l’Istituto tecnico industriale Augusto Righi. L’oepra rientra nel progetto “Right between the eyes”, promosso dalla Fondazione Jorit in collaborazione con la Regione Campania.

Realizzata in tempo rapidissimi, in collaborazione con l’artista olandese Doespresentata pochi giorni fa – d’altra parte il tempo fugge – l’opera ritrae l’iconico volto del grande scrittore russo, sui cui zigomi sono evidenti i segni lasciati delle cicatrici, firma inconfondibile dello street artist e della sua tribù umana, che comprende i volti “graffi(t)ati” di San Gennaro, Lucio Dalla e Pier Paolo Pasolini ma anche di Valerio Verbano, militante di Autonomia Operaia ucciso nel febbraio 1980 da un gruppo di matrice neofascista, e di Luana D’Orazio, giovane operaia morta sul lavoro nel maggio 2021.

«È mai possibile che sono riuscito a fare più io, semplice cittadino, per la pace con un murale che il nostro governo?», scrive Jorit, sulla sua pagina Instagram. «Mi sorge il dubbio, ma se Putin “si apre” all’ occidente con un semplice murale, cosa farebbe in caso di proposte serie di cessate il fuoco? Ma non è che in fondo in fondo ai nostri leader questa guerra fa quasi comodo?», continua lo street artist, che ha anche invitato Putin per un caffè, per «Levà ‘a frasca ‘a miezo», cioè togliamo l’occasione del dissidio, saniamo la controversia in maniera amichevole.

 

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Come prevedibile, centinaia sono stati i commenti, dall’una e dall’altra parte. C’è chi scrive che quella di Putin è una strumentalizzazione a fini propagandistici ma qualcuno ha fatto notare come Jorit sia in grado di «Arrivare al cuore di chiunque», in un modo o nell’altro si potrebbe aggiungere, e addirittura entrando nel linguaggio di un politico dal peso specifico come quello di Putin, esattamente in questo momento. Tralasciando complesse questioni di geopolitica e di manipolazione dei contenuti e delle informazioni, spostando invece il discorso sulle questioni più “artistiche”, è innegabile che Jorit sia uno degli artisti contemporanei più popolari in Italia, rigorosamente al di fuori della cerchia dell’arte contemporanea, peraltro similmente a quanto accade per Jago, scultore da reaction gargantuesche sui social – «Tiri fuori l’anima» e migliaia di commenti simili, sulla falsariga di quelli ai post di Jorit – ma poco meno che un ghost sulle pagine specializzate (qui però trovate una nostra intervista).

Ma in fondo c’è poso da stupirsi, l’arte, come tutti i linguaggi, ha più livelli e declinazioni diverse che possono anche non essere trasversali, pur condividendo certe caratteristiche formali. D’altra parte, sul grande schermo si proiettano cinepanettoni e Nouvelle Vague nel giro della stessa serata e le persone sedute in sala si avvicendano con ordine. Nelle gallerie d’arte si tende a privilegiare lo strato concettuale, più rarefatto ma le eccezioni, quando capitano, sono clamorose. Artisti come Jeff Koons, Damien Hirst e lo stesso Maurizio Cattelan riescono a tenersi bene in equilibrio e ognuno con il suo stile, un po’ di qua e un po’ di là, tra la raffinatezza sintetica del white cube e l’estetica patinata e superficiale di facile consumo e di riferimenti immediati, sovrapponendo i linguaggi e le interpretazioni e le modalità di fruizione, rompendo la bolla che separa il mondo della critica specializzata e il grande pubblico normalmente estraneo ed estraniato dal circuito (anche se, principalmente, i grandi numeri che fanno da ago, nei loro casi, sono quelli delle aggiudicazioni d’asta). Giusto per introdurre una sfumatura “tecnica”, era solo questione di tempo prima che anche Koons si dedicasse all’arte NFT, l’altro grande argomento che sembra sconfinare tra gli ambiti. Hirst già è partito diversi mesi fa con vari progetti e, a questo punto, a Cattelan potrebbero fischiare le orecchie.

Prima di diventare evidente, il cortocircuito è stato reso possibile: una volta la narrazione veniva scandita attraverso alcuni canali ufficializzati e identificabili, poi internet si è diffuso e sono arrivati i social network, con la loro storiografia autonarrata e diluita. In questo senso, Jago e Jorit si costruiscono da sé, inseguendo il sogno dei self-tellers men, ma non parlano solo per se stessi, scivolando con fluidità tra i trend topic, dando voce, sentimenti e volti a migliaia di individui e spingendo dal “basso” dei grandi numeri (ne scrivevamo in termini simili già nel 2017, all’alba di questo movimento): insieme, su Twitter, Jago e Jorit hanno più follower di tutta la Biennale di Venezia.

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