05 agosto 2021

L’accessibilità dei luoghi dell’arte: Sofia Righetti al Giardino dei Tarocchi

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L'attivista Sofia Righetti racconta online le sue difficoltà nel visitare il Giardino dei Tarocchi. Una (triste) occasione per pensare all'accessibilità dei luoghi dell'arte e della cultura

Veduta del Giardino dei Tarocchi. Lo spazio si è reso protagonista della triste vicenda raccontata dall'attivista Sofia Righetti.
Veduta del Giardino dei Tarocchi. Lo spazio si è reso protagonista della triste vicenda raccontata dall'attivista Sofia Righetti.

Sofia Righetti è filosofa, modella, campionessa di sci alpino e attivista femminista intersezionale. Il suo profilo Instagram conta oltre trentamila follower, che la seguono quotidianamente nelle sue battaglie per un presente sempre più inclusivo e attento alle necessità di tutt*. È proprio attraverso la sua pagina social che qualche giorno fa Righetti ha denunciato un episodio deplorevole avvenuto durante la visita al Giardino dei Tarocchi, il celebre parco sculture realizzato in Toscana da Niki de Saint Phalle. Il racconto di Righetti ha acceso il dibattito intorno al tema dell’accessibilità dei luoghi della cultura, contro l’invisibilizzazione di alcuni corpi, spesso marginalizzati.

Sofia Righetti
Sofia Righetti

Sofia Righetti: il racconto della sua esperienza al Giardino dei Tarocchi

In una diretta salvata sulle IGTV del suo profilo, Sofia Righetti ha raccontato con tanta (legittima) rabbia la sua drammatica esperienza mentre era in villeggiatura. La donna si trovava infatti in vacanza in Maremma con il suo compagno. Tappa irrinunciabile per chi visita quelle zone è senz’altro il meraviglioso Giardino dei Tarocchi. Il sito internet del parco sculture non sembrava sollevare problematiche particolari sull’accessibilità degli spazi, nemmeno per lei che si sposta in carrozzina, e hanno così deciso di andare.

 

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La piacevole escursione si è trasformata ben presto in un incubo: sin dall’entrata, gli spostamenti si sono rivelati molto più macchinosi del previsto. Non c’è un parcheggio per persone con disabilità all’inizio del percorso e, una volta giunti all’entrata, Righetti ha scoperto che le varie aree del parco sono raggiungibili esclusivamente con delle scale. Il personale non sembrava pronto ad accogliere la problematica, e il compagno di Righetti si è visto costretto a prendere in braccio la fidanzata e la carrozzina, per attraversare il parco con enorme fatica.

Sofia Righetti si è dichiarata basita, sconvolta per la mancanza totale di cura nei confronti del pubblico con disabilità. Il sito web non le ha fornito chiare indicazioni sul percorso, e il parco non sembra aver mai preso in considerazione la possibilità di accogliere persone con disabilità motorie. Il video realizzato da Righetti ha denunciato i fatti e anticipa le sue azioni, pronta a segnalare la grave situazione a chi di dovere.

La donna ha invocato quindi il supporto della sua community, incoraggiando mail-bombing e recensioni per segnalare le problematiche riscontrate. Un modo per denunciare dal basso una situazione insostenibile di continua invisibilizzazione di categorie troppo spesso escluse, indesiderate.

Luglio è il Disability Pride Month e si è concluso nel peggiore dei modi. «Non è pensabile che le vacanze per le persone con disabilità debbano trasformarsi in un inferno. E così anche per coloro che le accompagnano, costrett* a sacrifici inumani», prosegue Righetti. «Torno a casa dalla Maremma con il cuore pesante. L’abilismo, la violenza, le aggressioni e il “potevi restare a casa tua” me li porto dietro anche quando mi prendo dieci giorni per andare in vacanza. Solo perché esisto e pretendo gli stessi spazi e la stessa dignità di ogni individuo».

 

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La risposta del Giardino dei Tarocchi

Passano alcuni giorni e sulla pagina Instagram del Giardino viene pubblicato un post in cui si risponde alla pioggia di critiche, cercando di arginare l’indignazione generale con delle scuse di circostanza.

Il Giardino garantisce un’indagine interna per stanare il personale coinvolto nel triste episodio e accertare i fatti. Come se la responsabilità fosse di qualche dipendente poco empatic*, e non di un sistema abilista da rivedere alla base.

Al netto degli errori, la Fondazione riconosce come necessari gli appunti di Righetti, promettendo di attivarsi per fornire informazioni più precise rispetto all’accessibilità, sia sul sito web che sul posto. Effettivamente in questi giorni è comparsa una sezione nuova sul sito, dedicata proprio all’accessibilità. La pagina ricalca perfettamente le parole di Righetti, descrivendo le limitate possibilità di visita.

Nel post, lo staff si ripromette di studiare le possibilità di ampliare l’area visite per le persone con disabilità (anche se non è esattamente questo il termine adottato). Tuttavia, nel farlo mette già le mani avanti, come a dichiararsi sconfitti in partenza. Si parla della morfologia scoscesa del terreno su cui sono state realizzate le sculture, e della difficoltà a intervenire sul parco senza alterare esteticamente il progetto immaginato da Niki de Saint Phalle.

La colpa non si può imputare all’artista, ma a chi si occupa dello spazio, che ha dimenticato non solo la travagliata storia di Niki, ma anche i precetti più banali della museologia contemporanea e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità a cui strutture del genere dovrebbero ormai adeguarsi.

L’accessibilità dei luoghi della cultura: una questione prioritaria

La questione è stata rilanciata online da moltissime persone, che hanno manifestato solidarietà a Righetti. Alcune hanno ammesso anche di non aver mai pensato al problema, fino a oggi. Non è scontato rendersi conto delle limitazioni strutturali di alcuni spazi, se si attraversano senza difficoltà. Eppure, se per alcune persone il problema non sussiste, non vuol dire che non esista. Il meglio che possiamo fare è riconoscere il nostro privilegio e porci all’ascolto di chi denuncia situazioni cariche di frustrazione, rabbia, fatica. Solo così è pensabile un vero cambiamento.

Questo almeno per noi, persone non strettamente addette ai lavori. Chi gestisce i beni culturali, invece, ha l’obbligo morale di porsi domande del genere, senza smarcarsi con fumose giustificazioni. Loro hanno il dovere di cercare soluzioni che garantiscano l’accoglienza e il benessere di tutti i pubblici. Quella dell’accessibilità non dovrebbe essere semplicemente “la battaglia di Sofia Righetti”, ma parte della mission del Giardino dei Tarocchi per rispondere alle esigenze della contemporaneità.

Si tratta di un tema di estrema attualità. Da anni ICOM ha istituito una Commissione Tematica per l’accessibilità museale. L’anno scorso, in occasione della Giornata Internazionale dei Musei, si è tenuto il webinar Musei per l’uguaglianza: diversità e inclusione. La domanda ricorrente era: come ripensare le modalità di fruizione degli spazi della cultura, rendendoli accoglienti per tutte le tipologie di pubblico?

Per quanto riguarda il Giardino dei Tarocchi, alcun* architett* hanno affermato che strutturalmente sono possibili degli ammodernamenti per rendere lo spazio più accessibile, senza essere troppo invasivi. Occorre verificare se ci sono ulteriori vincoli legali legati alla natura dell’opera site-specific e alla volontà dell’artista. Certamente non ci si aspetta che le cose cambino dall’oggi al domani: questi interventi richiedono tempo, studio, personale formato, soldi.

Nell’attesa del cambiamento strutturale, occorre però cambiare approccio al tema. Innanzitutto ammettere gli errori commessi e assumersi le responsabilità del caso, scusandosi sentitamente. Occorre rendere prioritarie le questioni della comunicazione trasparente e soprattutto dell’accesso ai luoghi della cultura. Non da meno l’importanza di cambiare linguaggio, che non utilizzi termini datati e inesatti.

L’ultima definizione ICOM, estesa a tutti gli spazi della cultura, vuole il museo come un luogo “al servizio della società”, e questo non deve tenere fuori dai cancelli nessun*, anche solo pensando a percorsi specifici per le varie esigenze. Chi non riesce a entrare è ignorato, escluso, e quindi discriminato. Un idea del genere non è più ammissibile.

Si consideri l’episodio come la sfortunata circostanza per tornare a riflettere su questi temi con estrema urgenza, impegnando i luoghi della cultura come agenti del cambiamento nella lotta contro l’abilismo, contrastando i fenomeni di emarginazione in virtù di una società sempre più accogliente.

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