03 gennaio 2022

I frammenti del Partenone riuniti all’Acropoli di Atene. Aspettando il British

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I frammenti del Partenone conservati al Museo Archeologico di Atene, riuniti al Museo dell'Acropoli: per il Governo greco è un atto simbolico, per rivendicare i Marmi del British Museum

Credit: Greek PM Press Office

Il governo greco ha riunito i frammenti dei marmi del Partenone in suo possesso al Museo dell’Acropoli. Fino a oggi, i reperti erano conservati al Museo Archeologico di Atene e questa nuova sistemazione rappresenta un gesto altamente simbolico, per mettere in evidenza le richieste di restituzione, ormai sempre più pressanti, rivolte al British Museum. Nel museo di Londra è infatti conservata più della metà di tutta la decorazione scultorea del Partenone: 17 statue provenienti dai due frontoni, 15 delle 92 metope raffiguranti la centauromachia, e 75 metri, a partire da un originale di 160, del fregio interno del tempio.

Alla cerimonia di consegna dei frammenti al Museo dell’Acropoli ha partecipato il Primo Ministro Kyriakos Mitsotakis che, ancora una volta, ha chiesto la restituzione dei Marmi del Partenone dal British Museum alla Grecia. «Questo gesto invia un messaggio forte per la riunificazione di tutte le parti di questo monumento unico per l’umanità», ha affermato Mitsotakis, che ha sottolineato come questa nuova disposizione dei frammenti sia un passo molto importante «Nello sforzo di riunire qui, al Museo dell’Acropoli, tutte le parti più piccole e più grandi del Partenone che ora sono sparse in vari musei del mondo».

La questione dei Marmi del Partenone è più che annosa: le discussioni sorsero già nei primi decenni dell’800, quando il conte Thomas Bruce di Elgin portò a Londra le preziose statue di marmo pentelico, dopo aver ottenuto dalla Sublime Porta ottomana, che allora governava la Grecia, il permesso di prelevarle. Si può dire che, da quel momento, si è praticamente sempre parlato di restituzione dei Marmi ma solo negli ultimi tempi la discussione sembra aver intrapreso una svolta decisiva, anche grazie alla diffusione delle teorie e dei concetti post colonialisti anche in ambito museale.

Pochi giorni fa scrivevamo della decisione epocale del governo del Belgio, che ha deciso di nominare una commissione per la restituzione dei manufatti trafugati illegalmente dal Congo o acquisiti in circostanze poco chiare. «Oggi dobbiamo parlare di ricostituzione piuttosto che di restituzione. La restituzione è molto centrata sull’Europa», aveva dichiarato Thomas Dermine, Segretario di Stato belga per la ripresa e gli investimenti strategici, responsabile delle politiche scientifiche e culturali. «È l’atto degli europei quello del restituire. L’importante è inquadrare il Congo in una prospettiva di costituzione di un patrimonio che non si doveva prendere», ha sottolineato Dermine, evidenziando uno spostamento non solo linguistico ma anche concettuale e di metodo. «Speriamo che il 2022 sia un momento decisivo», concludeva Dermine.

E adesso, il gesto simbolico della Grecia, i cui marmi sono diventati un po’ la bandiera delle tante cause di restituzione (anzi, di ricostituzione). E non è la prima volta, nella storia della Grecia, la cui guerra di indipendenza dall’Impero ottomano, combattuta tra il 1821 ed il 1830, fu seguita da tanti intellettuali europei, come il poeta inglese George Gordon Byron e il generale italiano Giuseppe Rosaroll, che lì morirono. Alla fine di settembre 2021 era intervenuto anche l’UNESCO, che aveva sollecitato la Gran Bretagna a prendere seriamente in considerazione il ritorno dei marmi del Partenone dal British Museum. In quella occasione fu la ministra della cultura greca Lina Mendoni – che pure ha i suoi scheletri nell’armadio, come nel caso della passerella di cemento armato stesa davanti al tempio – a rivendicare l’integrità dell’Acropoli di Atene.

«Credo che il primo ministro Boris Johnson lo capisca personalmente, come ho scoperto durante il nostro recente incontro, ha fatto studi classici, adora l’antica Grecia e sono sicuro che non bloccherà nessun possibile accordo futuro», ha detto Mitsotakis. «Se necessario, potrebbe avviare la modifica della legge britannica sui musei per facilitare la riunificazione delle sculture del Partenone. Non ci sono argomenti per ritardare questa importante questione, che riguarda anche i rapporti tra la Grecia e la Gran Bretagna». Da parte sua, Boris Johnson se ne era pilatescamente lavato le mani – come del resto tutti i suoi predecessori –scaricando le responsabilità al British Museum che, fino a ora, non si è smosso di un centimetro dalla sua posizione. E i Marmi del Partenone sono ancora a Londra, per il momento.

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