30 maggio 2025

Itinerari di primavera: dieci giardini storici da scoprire in tutta Italia

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Un itinerario botanico che attraversa l’Italia dal Nord al Sud, con dieci luoghi che uniscono natura e cultura. Non solo verde ornamentale ma giardini come sistemi complessi di memoria, bellezza e cura. Ecco 10 idee in vista del prossimo ponte di primavera

dieci giardini ponte primavera
Giardino di Ninfa

Il giardino è sempre stato un luogo-nonluogo; territorio di confine, di transizione fra il “dentro” e il “fuori”. Spazio coltivato ma non del tutto addomesticato, risultato di un dialogo continuo e incessante tra natura selvaggia e intervento umano, in equilibrio perfettamente armonioso. Fin dall’antichità, la semantica del giardino ha incarnato un’idea di mondo possibile, una moltitudine di sfaccettature e di accezioni differenti: rifugio spirituale, laboratorio botanico, allegoria del potere o scena di vita quotidiana. Nella storia dell’arte e della letteratura, così come nella storia culturale dell’immaginario collettivo, il giardino ha incarnato in sé Paradiso e Inferno, è stato locus amoenus ma anche luogo ambivalente, segreto e perfetto scenario di ispirazione per trame letterarie.

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Giardino di Ninfa. Per gentile concessione della Fondazione Roffredo Caetani.

L’Italia, madre del giardino rinascimentale e di quello barocco, presenta una tradizione che nel tempo ha assunto forme diversissime: dalla compostezza del disegno all’italiana, alla teatralità del paesaggio romantico; fino ad arrivare ai giardini botanici ottocenteschi e alle influenze paesaggistiche convogliate nelle tendenze del Novecento. Ogni regione custodisce i propri giardini, capaci di raccontare storie sedimentate nel verde.

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Orto Botanico dell’Università di Catania, Per gentile concessione di Officine Culturali.

Orto Botanico di Bergamo – Lombardia

L’Orto Botanico Lorenzo Rota di Bergamo rappresenta dal 1972 uno straordinario esempio di ricerca scientifica che confluisce nell’esperienza estetica. Con le sue oltre 1200 tipologie di piante, 2400 metri quadri di estensione e 141 gradini, il giardino offre uno sguardo ai tetti della Città Alta, rappresentando per la comunità una vera e propria «finestra sul Paesaggio». È intitolato a Lorenzo Rota, il medico e botanico che per primo descrisse la flora della provincia di Bergamo; ancora oggi, i 10.000 campioni da lui raccolti sono custoditi nell’erbario dell’Orto Botanico, costituito da circa 50.000 exiccata. La sua nascita si deve all’allora ingegnere capo del Comune di Bergamo Luciano Malanchini, studioso eclettico e appassionato di scienze naturali, e a Guido Isnenghi, agrotecnico e conoscitore della flora locale, coinvolto dal primo nelle fasi progettuali e di gestione.

Il patrimonio dell’Orto Botanico è composto dall’Hortus Vivus, da un’importante collezione di erbari – Hortus Siccus Bergomensis – e dall’Hortus Pictus Bergomensis, una raccolta di piante dipinte con tecnica naturalistica.

Il percorso è articolato in diverse sezioni, fra cui la Sezione di Città Alta, in cui i taxa in coltivazione sono suddivisi in aiuole tematiche in larga misura dedicate alla flora autoctona; vi sono piccoli settori che hanno un senso fitogeografico ed espongono, ad esempio, piante mediterranee, asiatiche, americane, africane, australiane. C’è poi la Sezione di Astino – Valle della Biodiversità, uno spazio dedicato alle piante alimentari, per educare alla sostenibilità e contribuire ad armonizzare uomo, agricoltura e natura a partire dal contesto locale: 200 specie con almeno 1000 varietà che cambiano a seconda delle stagioni e delle programmazioni. Infine, lo spazio espositivo della Sala Viscontea offre un prezioso scenario trecentesco in cui poter organizzare mostre temporanee, laboratori educativi, convegni e concerti.

Giardini Reali di Venezia – Veneto

Affacciati sul bacino di San Marco a Venezia, i Giardini Reali costituiscono uno dei tesori della Serenissima. Nel 1806, Napoleone Bonaparte e il giovane viceré Eugenio di Beauharnais decisero di trasformare le Procuratie Nuove in residenza reale, destinandole a diventare Palazzo Reale. L’incarico per il progetto fu affidato all’architetto regio Antolini, il cui disegno iniziale venne successivamente rivisto anche dall’architetto Mezzani. La nuova residenza doveva essere dotata di un giardino affacciato sul bacino di San Marco, da realizzarsi su un’area precedentemente occupata dai granai di Terra Nova. Quest’ultimo fu concepito come naturale estensione all’aperto delle Procuratie Nuove, sebbene separato da un canale, un basso muro e una cancellata. Racchiuso da muretti e recinzioni, esposto al sole e strutturato secondo un disegno ispirato al classico stile all’italiana, il giardino doveva offrire un ambiente armonioso e ordinato, con una chiara impostazione compositiva. Nel 1807 il progetto fu ulteriormente rivisitato da due importanti architetti dell’epoca: Luigi Canonica e Giuseppe Soli. Dopo la caduta di Napoleone e il ritorno del dominio austriaco, la configurazione dei Giardini Reali subì nuovi interventi significativi, tra cui l’aggiunta, ai margini est e ovest, di due piccoli boschetti progettati secondo il gusto del giardino all’inglese, allora molto in voga.

Questi quattro ettari di giardino all’inglese offrono una prospettiva inedita sulla città lagunare, creando un dialogo inaspettato tra la monumentalità urbana e l’intimità del verde. Le aiuole geometriche, ridisegnate nell’Ottocento dall’architetto Lorenzo Santi, si articolano in parterre dove bossi secolari disegnano arabeschi perfetti, intervallati da aiuole stagionali che seguono il ritmo cromatico delle stagioni. I viali ombrosi, costeggiati da tigli e platani che offrono refrigerio nelle giornate estive, conducono verso scorci suggestivi del Canal Grande, mentre piccoli padiglioni neoclassici costellano il percorso stimolando delle possibili soste contemplative.

Nel 2014, il Demanio ha affidato in concessione i Giardini Reali a Venice Gardens Foundation, affinché ne realizzasse il restauro e ne assumesse la cura e la conservazione: nel 2019 i Giardini Reali sono stati riaperti al pubblico dopo un attento restauro e la Fondazione ha recentemente restaurato e aperto al pubblico, per la prima volta, anche l’Orto Giardino della Chiesa del Santissimo Redentore. Un’occasione in più per visitare questi splendidi giardini in occasione del ponte di primavera.

Giardino di Boboli, Firenze – Toscana

Sito alle spalle di Palazzo Pitti a Firenze, questo capolavoro mediceo rappresenta probabilmente il massimo esempio di giardino all’italiana, un manifesto di potere e raffinatezza che ha influenzato l’arte paesaggistica europea per secoli. I giardini furono costruiti tra il XVI e il XIX secolo, per volontà̀ della famiglia Medici, e vennero ampliati dalle successive dinastie regnanti: Lorena e Savoia. Occupano un’area di oltre 30 ettari, solo in parte pianeggiante, e inventano linguaggi scenografici che anticipano di secoli la land art contemporanea: dalla Grotta del Buontalenti, con le sue concrezioni artificiali popolate dalle statue dei più grandi scultori di allora e dagli affreschi del Poccetti, all’Anfiteatro che trasforma il paesaggio in teatro naturale, dove un tempo si rappresentavano spettacoli per la corte granducale.

Giardino di Boboli, ph. Lorenzo Turroni

Raro esempio di architettura rococò in Toscana, la Kaffeehaus fu voluta dai Lorena e sorge in una posizione panoramica eccezionale, da cui si può ammirare una vista mozzafiato su Firenze e sulla valle dell’Arno. All’interno del giardino, un ruolo di grande rilievo è svolto dalla statuaria, che unisce con gusto raffinato reperti archeologici di pregio a opere plastiche realizzate durante le epoche delle dinastie regnanti, sempre armoniosamente integrate nel disegno complessivo dello spazio verde.

Durante la gestione statale del complesso monumentale, il giardino si è arricchito anche di una significativa collezione di arte moderna e contemporanea. Il giardino stesso, che presenta una configurazione planimetrica vagamente triangolare e allungata, è caratterizzato da forti pendenze nella zona collinare compresa tra il Palazzo e il Forte di Belvedere, mentre tende ad aprirsi e distendersi nella lingua di terra che si protende verso Porta Romana e la villa del Poggio Imperiale.

Giardino della Villa del Colle del Cardinale, Perugia – Umbria

La Villa del Colle del Cardinale, a Perugia, nasce come residenza estiva intorno al 1575 per volere del cardinale Della Corgna, nipote di Papa Giulio III, che molto probabilmente affidò il progetto all’architetto perugino Galeazzo Alessi. La villa è situata tra i confini del Chiugi e del Perugino, in un colle ricco di acque, condotti segreti e particolarmente adatto ai soggiorni estivi. Essa custodisce uno dei giardini terrazzati più raffinati del Centro Italia, dove l’arte topiaria raggiunge livelli di perfezione che porgono lustro alle migliori tradizioni rinascimentali.

Il parco costituisce un raro esempio di giardino storico in cui le stratificazioni stilistiche si intrecciano con interventi contemporanei di restauro e riqualificazione. Nato come giardino-orto all’italiana, nel tempo ha assunto le forme del parterre de broderie, per poi essere riconfigurato secondo i canoni del giardino romantico all’inglese. L’assetto attuale è il risultato di una lettura critica dei documenti storici e di un progetto che, pur accogliendo nuove funzioni e sensibilità ambientali, conserva ed evoca le principali fasi evolutive del sito.

Tra gli interventi recenti spiccano la sistemazione dell’ingresso e dei viali di accesso, con il ripristino del sistema di drenaggio delle acque meteoriche, la posa di una pavimentazione totalmente permeabile e la ricostruzione delle siepi di alloro che delimitano i percorsi. Sul primo terrazzo panoramico, segnato dalla fontana dell’Airone, sono stati eseguiti lavori di ripristino del parterre e della fontana storica, con un’attenzione particolare all’accessibilità, estesa anche alle persone con disabilità. Il disegno formale del giardino settecentesco viene oggi richiamato dalla fioritura stagionale di bulbi primaverili, che valorizzano l’impianto morfologico modellato nei primi del Novecento.

Il restauro ha inoltre restituito alla fruizione pubblica alcuni spazi finora inaccessibili: il teatro delle camelie, l’area degli orti con la serra per il rinvaso, le pergole in ferro e un nuovo pomario di varietà antiche umbre. Anche l’area dei ruderi delle antiche serre è stata messa in sicurezza, confermando la vocazione del sito come laboratorio attivo in cui si mescolano insieme memoria e paesaggio.

Giardino di Ninfa, Cisterna di Latina – Lazio

«Ecco Ninfa, ecco le favolose rovine di una città che con le sue mura, torri, chiese, conventi e abitati giace mezzo sommersa nella palude, sepolta sotto l’edera foltissima. In verità questa località è più graziosa della stessa Pompei, le cui case s’innalzano rigide come mummie tratte fuori dalle ceneri vulcaniche», queste le parole di Ferdinand Gregorovius in Passeggiate romane. Definito dal New York Times «il giardino più bello del mondo», il Giardino di Ninfa rappresenta un monumento naturale in cui la mano dell’uomo ha saputo esaltare la bellezza delle rovine facendo sì che la natura le cingesse senza prendere il sopravvento su di esse.

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Giardino di Ninfa, per gentile concessione della Fondazione Roffredo Caetani.

Sito a pochi chilometri dal centro di Cisterna, il Giardino è stato costruito sulle antiche rovine della città medievale di Ninfa e si estende per circa otto ettari, all’interno dei quali è possibile ammirare oltre 1300 piante diverse, fra cui i viburni, i caprifogli, i ceanothus, gli agrifogli, le clematidi, i cornioli e le camelie. Governata da importanti famiglie nobiliari, tra cui i Frangipane e i Caetani, la città fu un fiorente centro politico e religioso, come testimoniano ancora oggi i resti delle mura, della torre del castello e di cinque chiese. Acquistata nel 1298 da Benedetto Caetani – Papa Bonifacio VIII – per il nipote Pietro II, Ninfa conobbe poi un rapido declino: fu saccheggiata durante il Grande Scisma nel 1382 e abbandonata a causa della malaria.

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Giardino di Ninfa. Crediti Foto Umbi Meschini, Archivio Fondazione Roffredo Caetani.

Il suo risveglio avvenne alla fine dell’Ottocento, quando la famiglia Caetani fece ritorno nell’area e avviò un’opera di bonifica e recupero del paesaggio. Fu, in particolare, Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onorato Caetani, a dare inizio alla trasformazione in giardino, affiancata dai figli Gelasio e Roffredo. Al loro intervento si deve la piantumazione dei primi alberi ornamentali, il restauro di alcuni ruderi e l’impostazione del giardino in stile anglosassone. Negli anni successivi, Marguerite Chapin, moglie di Roffredo, e la figlia Lelia Caetani, artista e ultima erede del casato, aprirono le porte del Giardino al circolo di letterati e artisti legato alle riviste Commerce e Botteghe Oscure e arricchirono il giardino con nuove specie botaniche – rose rampicanti, magnolie, prunus – e con interventi paesaggistici ispirati a un’idea pittorica e intuitiva del verde, tra cui il celebre rock garden, detto anche il “colletto”.

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Giardino di Ninfa, per gentile concessione della Fondazione Roffredo Caetani.

Il Giardino di Ninfa, oggi gestito dalla Fondazione Roffredo Caetani, è considerato uno dei più suggestivi esempi di giardino romantico in Europa. Luogo di eccezionale valore naturalistico e culturale, accoglie centinaia di specie vegetali provenienti da tutto il mondo e conserva l’impronta di una visione privata che ha saputo diventare patrimonio collettivo.

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Chiesa Santa Maria Maggiore Giardino di Ninfa. Credit Archivio Fondazione Roffredo Caetani, Daniele Vicario.

Parco Reale della Reggia di Caserta – Campania

Voluto da Carlo di Borbone nel 1752 come simbolo del potere e dello splendore del Regno di Napoli, il Parco della Reggia di Caserta è un capolavoro del barocco italiano, firmato dall’architetto Luigi Vanvitelli. Goethe scrive: «I giardini del parco sono stupendi, in armonia perfetta con un lembo di terra che è tutta un giardino».

Via d’aqua, ph. Marco Ferraro

I 120 ettari del Parco Reale sviluppano un asse prospettico di più di tre chilometri che culmina nella Grande Cascata, alta 78 metri. Le fontane monumentali scandiscono questo percorso trionfale come tappe di un pellegrinaggio laico: dalla Fontana Margherita, si prosegue con la Fontana dei delfini, con gli animali omonimi e tritoni che celebrano la dinastia borbonica, alla Fontana di Eolo, dove le statue di Luigi Vanvitelli dialogano con quelle di Gaetano Salomone, fino alla celebre Fontana di Venere e Adone, capolavoro di Tommaso Solari che trasforma il mito classico in teatro barocco.

Bagno di Venere, ph. Marco Ferraro

Il Giardino Inglese, voluto da Maria Carolina d’Austria e progettato da John Andrew Graefer, introduce elementi romantici che si relazionano armoniosamente con le geometrie classiche: qui finte rovine gotiche, laghetti artificiali popolati da cigni e un casino di caccia in stile neoclassico creano atmosfere arcadiche dove i Borboni amavano rifugiarsi per sfuggire al formalismo della corte. La Peschiera Grande, specchio d’acqua di forma ellittica lungo 270 metri, riflette le facciate della reggia moltiplicandone la maestosità, mentre i viali alberati generano delle vere e proprie lingue di ombra.

Laghetto delle ninfee, ph. Marco Ferraro

Il parco ospita oltre 200 specie vegetali, tra cui piante esotiche introdotte nel Settecento, come camelie e magnolie, e alberi secolari come lecci e platani. Dal 1997 Patrimonio UNESCO, il sito unisce rigore geometrico e fantasia scenografica, riflettendo l’influenza di Versailles e della tradizione rinascimentale. Recenti restauri, come il ripristino del Pescone (2021) e del Giardino Inglese (2018), hanno restituito splendore a questo “teatro di natura”, dove architettura e paesaggio si mescolano in un equilibrio senza tempo.

Via D’acqua – giardino inglese, ph. Marco Ferraro

Giardini La Mortella, Forio d’Ischia – Campania

Creati nel 1956 per volere del compositore inglese Sir William Walton e della moglie Susana Walton, i Giardini La Mortella rappresentano un paradiso botanico di rara bellezza, affacciato sul golfo di Forio. Progettati dall’architetto paesaggista Russell Page, i giardini si sviluppano su due livelli: una zona inferiore tropicale, con laghetti, palme e piante esotiche, e una collinare mediterranea, dove prosperano specie autoctone come mirto, lentisco e agrumi. Ospitano oltre 3.000 specie botaniche, tra cui rarità come la Dicksonia antarctica (felce arborea australiana) e la Protea cynaroides (simbolo del Sudafrica). Il nome stesso del giardino fa riferimento ad una pianta; il termine mortella, in napoletano, si riferisce infatti al mirto comune (Myrtus communis), una pianta che cresce spontaneamente e con abbondanza tra le rocce della collina su cui sorge il giardino. Nella mitologia greco-romana, il mirto era una pianta carica di significati simbolici: associata alla bellezza e alla verginità, come anche all’amore e alla fortuna pagana, occupava un posto di rilievo nei riti e nelle credenze del tempo.

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Fontana principale; Giardini la Mortella. Per gentile concessione dei Giardini la Mortella

E proprio rimanendo in ambito ellenico, cuore del giardino è il Teatro Greco, voluto da William Walton per concerti all’aperto, oggi sede del festival musicale a lui dedicato. La Mortella è anche un santuario per la biodiversità, con un microclima unico favorito dalle sorgenti termali dell’isola. Dal 1991, la fondazione Walton ne cura la conservazione, promuovendo attività culturali e didattiche. Nel 2004, il giardino è stato inserito nella lista dei “Grandi Giardini Italiani” e nel 2019 ha ottenuto il riconoscimento di “Giardino d’Eccellenza” dalla Royal Horticultural Society.

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Giardino di Ninfa, Serra della ninfea. Victoria amazonica. Per gentile concessione dei Giardini la Mortella
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Il Giardino Tropicale. Per gentile concessione dei Giardini la Mortella

Orto Botanico di Catania – Sicilia

Nascosto nel cuore del tessuto urbano catanese, l’Orto Botanico di Catania si svela come un’oasi di biodiversità, in cui storia accademica e meraviglie vegetali convivono in un armonioso connubio. Fondato nel 1858 dal botanico Francesco Tornabene, questo giardino scientifico di 1,6 ettari rappresenta da oltre un secolo e mezzo un crocevia fondamentale per lo studio della flora mediterranea e tropicale.

Il visitatore viene accolto dall’imponente Viale delle Palme, dove maestosi esemplari di Phoenix canariensis e Washingtonia robusta – alcuni piantati direttamente da Tornabene – creano una scenografica galleria vegetale. L’Hortus Generalis, cuore pulsante dell’orto, organizza le specie secondo un rigoroso criterio tassonomico, mentre la monumentale Serra Tropicale, costruita nel 1865, custodisce rarità come la gigantesca Victoria amazonica e l’inquietante Amorphophallus titanum, vero e proprio fenomeno botanico per la sua rara e spettacolare fioritura.

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Orto Botanico dell’Università di Catania. Per gentile concessione di Officine Culturali

Particolarmente significativa è la sezione dedicata alla flora siciliana (Hortus Siculus), dove ricostruzioni ambientali accuratissime permettono di osservare dal vivo gli endemismi più preziosi dell’isola, dalla Genista aetnensis che colora le pendici del vulcano all’elusivo Astragalus siculus. Non meno importante è il Giardino dei Semplici, che continua la tradizione medica rinascimentale con oltre 300 specie officinali storicamente utilizzate nella farmacopea etnea.

L’orto custodisce inoltre un patrimonio documentario unico: l’Erbario Siculo, che con i suoi 200.000 campioni rappresenta una delle collezioni più complete. Giardino scientifico e di ricerca del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università degli Studi di Catania, l’Orto Botanico è stato recentemente inserito nel circuito dei “Grandi Giardini Italiani”, l’orto catanese continua la sua missione scientifica e divulgativa attraverso progetti di conservazione e collaborazioni internazionali, mantenendo intatto quel fascino ottocentesco che lo rende un luogo unico nel panorama botanico italiano.

Giardino del Labirinto – Castello di Donnafugata, Ragusa – Sicilia

All’interno del parco monumentale del castello di Donnafugata, ampio otto ettari, si staglia un celebre labirinto in pietra. Costruito alla fine dell’Ottocento per volere del barone Corrado Arezzo de Spuches, il giardino del Castello di Donnafugata è celebre per il suo labirinto in pietra bianca, uno dei pochi esempi sopravvissuti in Italia. Ispirato ai modelli inglesi del Settecento, il percorso si snoda tra siepi di mirto e bosso, con un disegno geometrico che simboleggia il viaggio della conoscenza. Il parco, esteso su circa 8 ettari, unisce elementi tipici del giardino romantico siciliano – come falsi ruderi, grotte artificiali e un tempietto neoclassico – a una ricca collezione botanica, con palme secolari, agrumi e piante mediterranee.

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Labirinto, Castello di Donnafugata. Per gentile concessione del Comune di Ragusa

Si pensa che il labirinto riproduca la forma trapezoidale del labirinto inglese di Hampton Court, vicino Londra, che il Barone avrebbe presumibilmente avuto modo di osservare durante uno dei suoi vari viaggi. Sui muri del tracciato si stendevano siepi di rose rampicanti che impedivano la vista e che, soprattutto, non permettevano lo scavalcamento delle corsie.

Il castello, residenza estiva della nobiltà iblea, deve parte del suo fascino al contrasto tra l’architettura eclettica (che mescola gotico, moresco e neorinascimentale) e il paesaggio rurale della Sicilia sud-orientale. Il labirinto, restaurato nel 2010, è oggi una delle attrazioni principali, insieme al teatro all’aperto e al Coffee House, padiglione in stile liberty. Dal 2008, il sito è gestito dal Comune di Ragusa, che ne ha promosso l’inserimento nel circuito dei “Parchi e Giardini Storici di Sicilia”.

Giardino di Kolymbethra – Valle dei Templi, Agrigento – Sicilia

Nascosto nel cuore della Valle dei Templi ad Agrigento, il Giardino della Kolymbethra rappresenta un autentico gioiello; donato al FAI nel 2001, unisce storia millenaria e biodiversità mediterranea. Secondo lo storico Diodoro Siculo, qui si trovava una grande piscina – appunto, in greco, kolymbethra – voluta dal tiranno Terone: «… una grande vasca… del perimetro di sette stadi… profonda venti braccia… dove sboccavano gli Acquedotti Feaci, vivaio di ricercata flora e abbondante fauna selvatica…».

Giardino di Kolymbethra

Oggi, il giardino si articola in cinque zone, in base alle classi d’uso del suolo: un agrumeto, la zona del mandorleto-oliveto, una zona ricca di piante tipiche della macchia mediterranea, una zona con vegetazione ripariale e, infine, una zona con vegetazione rupestre. Il frutteto, in particolare, presenta oltre 300 cultivar di agrumi, tra cui il raro Arancio biondo di Agrigento e il Limone verdello. Inoltre, ulivi secolari, mandorli e carrubi popolano il giardino e lo legano con uno strettissimo nodo al territorio siciliano.

Scrive Pirandello ne I vecchi e i giovani: «L’antica famosa Colimbètra akragantina era veramente molto più giù, nel punto più basso del pianoro, dove tre vallette si uniscono e le rocce si dividono e la linea dell’aspro ciglione, su cui sorgono i Templi, è interrotta da una larga apertura. In quel luogo, ora detto dell’Abbadia bassa, gli Akragantini, cento anni dopo la fondazione della loro città, avevano formato la pescheria, gran bacino d’acqua che si estendeva fino all’Hypsas e la cui diga concorreva col fiume alla fortificazione della città».

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