18 febbraio 2021

Nuove modalità di fruizione culturale: il caso dell’Ultima Cena di Leonardo

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Intervista a Emanuela Daffra, responsabile della Direzione dei Musei della Lombardia, che ci parla delle nuove possibilità di fruire l’arte ai tempi del Covid, a partire dall’illustre esempio del Cenacolo di Leonardo da Vinci

UIltima Cena

Durante la conferenza stampa dedicata al Cenacolo di Leonardo, svoltasi qualche giorno fa, la dottoressa Emanuela Daffra, responsabile della Direzione Regionale Musei Lombardia, che affiancava Michela Palazzo, Direttrice del Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie, ha presentato alcuni luoghi e musei che presiede, anticipando delle novità e almeno un appuntamento, all’indomani della riapertura dell’8 febbraio.

Tra questi, l’inaugurazione ad aprile di un nuovo spazio e, nelle immediate settimane, per ciò che riguarda il Cenacolo, i lavori di rinnovamento, le indagini non invasive e di monitoraggio ottenuto anche attraverso una ricostruzione virtuale e, non da ultima, la revisione dell’illuminazione del Refettorio, resa possibile grazie alla società Guzzini, secondo il progetto dello Studio Massimo Iarussi di Firenze (ne scrivevamo anche qui).

Prima della riapertura i lavori, in ogni caso, non si sono fermati ed è stato fatto anche un lavoro di spolveratura (tra novembre e dicembre) che ha permesso una maggiore leggibilità dell’Ultima Cena realizzata da Leonardo, realizzata nei medesimi anni – rimarca la dottoressa Daffra – della Crocifissione del Montorfano, posta di fronte al Cenacolo e molto meno conosciuta ma non per questo meno importante storicamente.

Abbiamo raggiunto Daffra per chiederle più informazioni, soprattutto in merito alla sua dichiarazione precedente circa il ripensamento che va fatto del tempo di fruizione di musei e siti oltre il week end. Una riflessione condivisa con altri musei e che arriva nel momento di riapertura ma solo nei giorni feriali, per scongiurare un’altra chiusura.

Intervista Emanuela Daffra

«Quella che stiamo vivendo, complice l’emergenza sanitaria, è una riorganizzazione profonda – forse senza ritorno e forse non del tutto positiva – dei ritmi vita/ lavoro, almeno per certe tipologie di impiego. Perciò lo schema fino a ora usuale del fine settimana che corrispondeva a un’organizzazione di vita fatta di spesa, svago, cinema, teatro, mostre, musei, potrà essere messo in discussione. In una giornata lavorativa da casa con orari spalmati fin dopo le 19, è forse possibile ritagliarsi un paio di ore di respiro per fare una passeggiata ma anche per visitare un museo, per rivedere una chiesa studiata sui libri di scuola.

Credo che nei prossimi mesi tutto noi che lavoriamo per i musei dovremo essere molto attenti a captare e leggere segnali, ma anche a farci permeabili alle esigenze delle persone ed a farne un tema profondo di discussione e – soprattutto – di coordinamento dell’offerta. Lo scopo è quello di rendere continuo e attingibile un modo di trascorrere il tempo libero fertile come pochi.

Potremo forse scoprire che le prime ore del mattino dei giorni feriali possono essere ambite, anche ora che i giapponesi non ci sono; e che la fascia tra le 16 e le 18.30 è l’ideale per interrompere le attività e fare una pausa».

Naturalmente è un auspicio che anche i musei statali, con le loro modalità più rigide, debbano cercare di prendere parte attiva a questi ragionamenti.

Dunque, come emerge dalle parole di Emanuela Daffra, è in corso un riassestamento, dai tempi della fruizione alle nuove modalità da adottare, rese necessarie per restituire all’utenza quella esperienza, finora mancata, dello spazio museale e dell’arte. E la scelta importante – punto da sottolineare – di modificare e innovare il sistema di riscaldamento e raffrescamento con l’istallazione di una pompa di calore che genera nuova energia, sottolinea Daffra, corrisponde, più che a esigenze economiche, a motivazioni ambientali e, quindi, etiche, nell’ottica di ciò che recita l’Agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile.

Perché, come sottolineato dalla Direttrice Palazzo, «Il Museo deve essere portatore di consapevolezza e pensarsi, come alcuni ambiti accademici l’hanno definito, un’istituzione di ecologia culturale».

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