10 ottobre 2008

didattica_interviste Una storia educativa dalla preistoria a oggi

 
Se vogliamo riflettere sulla principale sfida educativa odierna, l’intercultura, sembra proprio necessario dover partire dal museo demo-etno-antropologico. E lo facciamo intervistando il direttore dei servizi educativi del maggiore museo del settore italiano, il Pigorini di Roma...

di

Vito Lattanzi, qual è il fascino di essere responsabile dei servizi educativi di un Museo etnografico?
L’attuale legislazione sui beni culturali assegna un’importanza strategica alla fruizione del patrimonio e ha riposizionato il museo, in quanto istituto della cultura, al centro delle politiche di salvaguardia e valorizzazione di quei beni. Quindi direi che occuparsi oggi di educazione al patrimonio rappresenta sia un’opportunità di connessione continua con le dinamiche della società civile, sia un incentivo costante a sperimentare forme di comunicazione pubblica efficaci e adeguate alle istanze che il territorio direttamente e indirettamente pone al museo. La società è profondamente mutata e i giovani, che attraverso la scuola si rivolgono al museo, sono espressione di bisogni e di desideri che il museo deve saper interpretare per poter svolgere la sua funzione educativa. Gli oggetti conservati nel museo sono una straordinaria risorsa in questo senso, purché si sappia calarli nella contemporaneità della loro fruizione.

Appunto, come si colma la distanza?
Gli oggetti del museo appartengono a un altro tempo e provengono dai contesti più diversi e lontani. Quindi perché possano dirci qualcosa vanno fatti rivivere qui e ora, vanno reinterpretati, costruendo discorsi capaci di colmare la differenza esistente tra il passato che li ha prodotti e la nostra realtà quotidiana.
Il museo Pigorini di Roma
Come fate?

Provo a spiegarmi con un esempio che dovrebbe chiarire la peculiarità del museo demoetnoantropologico di far rivivere la relazione tra uomini e cose. Gli oggetti testimoniano di tecniche e usanze dietro alle quali ci sono forme e stili di vita, ci sono espressioni, estetiche e saperi che rendono unico un contesto, ma che possono (e devono) essere confrontati con altri contesti culturali. Sicuramente c’è una differenza tra il portare una fascina di legna sulla testa (quanti giovani hanno memoria di una tale pratica ancora piuttosto diffusa?) e il guidare un pick-up, tra l’uso di un percussore (ancorché rudimentale) e un telefono cellulare. Si tratta di tecniche che coinvolgono il corpo e che agiscono sulla materia in modo tanto più efficace quanto più sono incorporate con l’esperienza, diventano “saper fare”. Il confronto tra diversi “saper fare” costruisce un ponte tra ciò che nel museo è morto (o appare tale) e ciò che fa parte della nostra quotidianità. La differenza tra gli oggetti di ieri (o degli altri) e la realtà di oggi viene colmata dal discorso antropologico, che focalizza l’attenzione su un aspetto (in questo esempio, il fare corpo con gli oggetti) della nostra relativa diversità culturale.

Giugiamo così alla parola “intercultura”…
Lavorare in un museo etnologico e, devo aggiungere, preistorico, offre grandi potenzialità comunicative proprio sul piano della costruzione di discorsi (che nella pratica educativa si traducono in percorsi didattici). E permette di confrontarsi con le sfide dell’intercultura con qualche possibilità di successo. Dalle origini dell’uomo all’attuale società multiculturale (nel Museo Pigorini l’offerta di esposizioni e di eventi copre proprio questo vertiginoso arco spazio-temporale ed è questa la sua indiscutibile forza istituzionale) l’aspetto che colpisce e seduce è proprio la diversità delle forme di vita e delle loro produzioni culturali. Compito del museo, pertanto, è mediare il riconoscimento delle differenze e, a partire da questo dato, promuovere il rispetto per le diverse modalità umane di stare in società.
La sezione Oceania del museo Pigorini
Quali sono i pubblici a cui vi rivolgete e con quali strategie?

Il museo è visitato da più pubblici, eterogenei per età e identità socio-culturale: dagli adulti curiosi di vedersi rappresentati o di conoscere la ricchezza della diversità culturale, ai giovani in formazione. A tutti, il museo deve saper fornire occasioni e percorsi di riconoscimento e di conoscenza, basati sul valore eminentemente critico-riflessivo della prospettiva antropologica e delle potenzialità contenute nella didattica delle differenze culturali.

E il rapporto col territorio?
Nell’ultimo decennio, il Museo è diventato uno spazio di confronto interculturale, valorizzando pienamente il territorio urbano e i suoi cittadini vecchi e nuovi. Attraverso il dialogo con le comunità di immigrati provenienti dai Paesi cui si riferiscono le collezioni, il Museo si è aperto alla collaborazione per particolari iniziative e alla contrattazione sociale sui significati stessi del concetto di patrimonio. Proprio da una collaborazione di questo tipo, nel 2008 abbiamo per esempio realizzato una mostra interattiva dedicata alla rappresentazione di alcuni ambienti culturali extraeuropei, dove, grazie al guardare e al fare, al toccare e all’ascoltare e grazie alla competente mediazione di esponenti delle associazioni della diaspora e di giovani antropologi, la visita si è trasformata in una concreta esperienza di dialogo interculturale.
La sezione Africa del museo Pigorini
Segno tangibile della vivacità e della volontà di “fare rete”, ma anche approfondire e sedimentare è la rivista “AM – Antropologia Museale”, sempre più una rarità nel panorama editoriale di settore…

Le centinaia di musei demoetnoantropologici esistenti in Italia e la nascita negli anni ‘90 di un più consistente interesse dell’antropologia per i musei hanno spinto a investire in questa impresa, di cui effettivamente siamo orgogliosi. Tanto più se si considera che il quadrimestrale esiste grazie alla fiducia accordata da un piccolo editore di Imola (La Mandragora) e al lavoro di un’affiatata redazione coordinata da un infaticabile direttore (Vincenzo Padiglione). Siamo giunti al diciottesimo numero (si può avere un’idea dei contenuti visitando il sito www.amrivista.org) con l’obiettivo di offrire una casa comune alla comunità dei professionisti e degli studiosi di museografia demoetnantropologica. “AM” punta all’informazione su ciò che accade nel settore dei beni culturali di nostra competenza, presenta esperienze e realtà museali emergenti, e cerca di stimolare con saggi e interventi critici il dibattito sulle diverse prospettive della museografia contemporanea, chiamando spesso al confronto architetti, storici dell’arte e archeologici, nella convinzione che gli interessi nell’ambito dei patrimoni culturali sono ormai trasversali.
La sezione di paletnologia del museo Pigorini
Come riuscire a far dialogare la cultura materiale e il web?

Credo che il dialogo sia inscritto nelle potenzialità e nella funzione stesse del web, che permette al locale di avere una visibilità globale e all’universale di localizzarsi, con tutti i vantaggi che, come ben sappiamo, ciò determina, non ultimo quello di condividere e fruire in rete di informazioni e documenti in tempo reale. Sono inoltre convinto che la possibilità di accesso immediato al patrimonio culturale (tramite la digitalizzazione e la messa in rete di oggetti e collezioni o la creazione di visite virtuali) non esaurisca ma potenzi, se opportunamente governata, evidentemente, la domanda di contatto diretto con i musei e con il patrimonio in essi conservato. Se nel caso delle opere d’arte gioca a favore del contatto con l’originale il bisogno di percepirne l’aura dal vivo, nel caso dei musei della cultura materiale non tanto è l’oggetto a convocare il visitatore per una visita reale, ma l’esperienza multisensoriale e riflessiva che per esempio molti musei, segnatamente demoetnoantropologici, propongono oggi al loro pubblico. Un’esperienza che apre nuove possibilità di interpretazione e di critica della realtà e che il buon uso di Internet può mediare promuovendo viaggi reali e non solo virtuali.

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www.simbdea.it
www.ismu.org

a cura di annalisa trasatti


Museo Nazionale Preistorico Etnografico Pigorini
Piazzale Marconi, 14 (zona Eur) – 00144 Roma
Direttore Servizi Educativi Vito Lattanzi
Info: tel./fax +39 06591731; didattica@amicidelpigorini.it; www.pigorini.arti.beniculturali.it

[exibart]

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