08 luglio 2004

jusartis_fotografia Salvo Dell’Arte – Fotografia e diritto

 
Un tomo di circa 700 pagine per fare il punto sull’annosa questione dei diritti in campo fotografico. Un dibattito che si è acutizzato con l’avvento di Internet e delle tecnologie digitali. Ne abbiamo parlato con Salvo Dell’arte, autore di Fotografia e diritto, in uscita a settembre…

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Per cominciare, ci illustri brevemente le linee guida del suo testo Fotografia e diritto.
Lo spirito che mi ha mosso nella scrittura del libro era di dare un quadro organico e completo di tutto ciò che potesse concernere la fotografia e il diritto, stante che nulla esisteva in materia. Ne è scaturita un’opera non preventivata di oltre 700 pagine, dalla quale ho dovuto scorporare la parte riguardante i contratti, che sarà oggetto di una seconda pubblicazione in autunno.

Ritiene che l’avvento massificato delle tecnologie digitali e di Internet abbiano reso più complessa la questione del copyright o l’abbiano radicalmente cambiata? In altre parole, si tratta di una modficazione quantitativa o qualitativa?
Il problema è essenzialmente culturale. Nella percezione dell’uomo comune, manca il concetto fondamentale che l’opera d’arte è il frutto dell’ingegno di un soggetto, il quale ha il diritto di vedersi riconosciuto il corrispettivo patrimoniale del suo lavoro. L’avvento di Internet e della tecnologia digitale non ha fatto altro che amplificare tale mancanza. Inoltre, la materializzazione delle opere dell’ingegno ha determinato, a mio avviso, una diversa concezione di bene giuridico e di proprietà, sottolineando la maggiore rilevanza che ha il diritto di accesso al bene digitale rispetto al possesso del corpus materiale.

Per restare nell’ambito dei mezzi di comunicazione come Internet, non ritiene che la legislazione vigente – specie quella italiana – sia obsoleta? Per esempio, seguendo alla lettera la normativa Siae, molti portali che si occupano di arte e fotografia probabilmente chiuderebbero in breve tempo, a causa dell’eccessiva pressione economica.
La legge italiana è ormai quasi integralmente in accordo con la legislazione europea. Sarebbe necessaria una revisione totale e una rimodernizzazione dei concetti. Ancora una volta, il problema è l’ignoranza delle norme e la loro mancata applicazione. La Siae non ha alcun potere legislativo ed è sbagliata la diffusa opinione che sia un punto di riferimento per le norme di diritto d’autore.

Su queste questioni, il dibattito è più che mai vivo e partecipato. Molti artisti riflettono su di esso, come Pierre Huyghe o il collettivo 0100101110101101.org. Proprio loro dovrebbero essere fra i primi a richiedere maggiori sanzioni per chi lede la proprietà intellettuale, spesso invece si fanno promotori di variegate forme di copyleft. Non crede dunque che vi sia uno scollamento fra il legislatore e gli ambienti artistici più innovativi?
Lo scollamento è dettato, a mio avviso, da un gap mentale che divide gli artisti dal mondo del diritto. Si pensa al diritto come a una congerie di norme avulsa dalla realtà, il più delle volte adulatrice di chimere di tutela irraggiungibili. Ebbene il diritto è, al contrario, la regolamentazione di fenomeni concreti. Prima nasce il fenomeno e poi si sente la necessità di tutelarlo. La fotografia ne è l’esempio lampante: nella prima metà dell’800 è nato il fenomeno “fotografia” e solo dopo molti decenni si è avvertita l’esigenza di tutelarlo. Lo scopo del libro è quello di avvicinare gli utenti della fotografia al diritto e gli operatori del diritto alla fotografia. Inoltre, è progressivo l’allontanamento dalle forme istituzionali di tutela. La tutela giudiziale ordinaria di tutte le violazioni in materia non dà la risposta immediata ed efficace che il richiedente si aspetta. Le procedure ordinarie innanzi gli Organi Giurisdizionali istituzionali in ogni Paese dell’Europa sono gravate da tempistiche eccessivamente lunghe e da ingenti costi. La durata media di una controversia civile nell’ordinamento giuridico francese è di circa 89 mesi, in Germania di circa 50 mesi, nel Regno Unito di oltre 52 mesi, in Svezia di circa 48 mesi. Nell’ordinamento italiano è di 1.368 giorni nei Tribunali e di 1.144 giorni nelle Corti d’Appello. Da uno studio effettuato dalla Commissione Europea, la lunghezza media del processo di cognizione civile ordinario nei tre gradi di giudizio è di circa 116 mesi, mentre in Europa è pari a circa 69 mesi. A fronte di una durata eccessiva si pongono costi elevati a carico di entrambe le parti, che non giustificano i ritardi. Al fine di soddisfare le richieste di una giustizia celere, a costi proporzionalmente ragionevoli e dettata da organismi competenti, è stata creata IACCI, la quale ha lo scopo di risolvere le controversie ad essa devolute tramite procedure arbitrali che soddisfino queste esigenze.

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a cura di marco enrico giacomelli

[exibart]

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