04 maggio 2020

La solitudine delle opere di Raffaello alle Scuderie del Quirinale

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Cosa ne sarà delle opere di Raffaello in prestito per la mostra alle Scuderie del Quirinale? Ne abbiamo parlato con alcuni professionisti

Uno strano destino ha accomunato Raffaello e le sue opere: nel marzo del 1520, il pittore si ammalò di una febbre improvvisa che, nel giro di pochi giorni, lo portò alla morte. Cinquecento anni dopo, nel marzo 2020, una strana e sconosciuta malattia ha relegato sottochiave le duecentoquattro opere che compongono la mostra “Raffaello 1520-1483” alle Scuderie del Quirinale. Da allora tutto è rimasto fermo – a parte un tour virtuale in streming – in attesa di una svolta che tarda ad arrivare e che forse avrà inizio il 18 maggio.

La delicata questione dei prestiti: le opinioni dei professionisti

«La mostra è completamente al buio», ci racconta Massimo Maggio, Head of Fine Art di P.L. Ferrari & Co, «e i disegni sono stati oscurati da teli neri, data la loro delicatezza. Alcuni prestatori avevano chiesto fin dal contratto iniziale di ricevere letture termoigrometriche periodiche, e a questi se ne sono aggiunti altri dopo la notizia della sospensione. Nessuno ha però chiesto indietro le opere e, anzi, in molti sembrano ben disposti a prorogarne il prestito». La conferma del prestito del famigerato Ritratto di Leone X, bene non autorizzato all’uscita dai confini nazionali e presente nella lista degli inamovibili degli Uffizi, è arrivata da Schmidt, che ha ribadito l’importanza «epocale» della mostra.

Ottimismo anche per i due dipinti provenienti dal Louvre, Ritratto di Baldassare Castiglione e Autoritratto con amico: «La sentenza pronunciata dal Tar Veneto del 16/10/2019, n. 426», precisa l’avvocato Gloria Gatti, «ha definito il procedimento amministrativo riguardante il prestito dell’Uomo Vitruviano di Leonardo, che ne ha ammesso la validità proprio in virtù dello scambio con alcune opere di Raffaello». E ancora: «L’art. 67, comma 1, lett. d), del d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, consente l’uscita temporanea quando sia “richiesta in attuazione di accordi culturali con istituzioni museali straniere, in regime di reciprocità e per la durata stabilita negli accordi medesimi” e, nella sentenza, espressamente si legge della “eccezionale rilevanza mondiale dell’esposizione, l’aspirazione del Paese a valorizzare al massimo le potenzialità del suo patrimonio, il valore di collaborazione e scambio tra Stati espresso nel Memorandum, il ritorno di immagine e di riconoscibilità, anche identitaria, delle Gallerie dell’Accademia, l’implementazione dei rapporti culturali e museali nonché il vantaggio conseguito in forza del prestito per lo scambio con opere di Raffaello Sanzio destinate a una mostra presso le Scuderie del Quirinale, difficilmente fruibili nel territorio nazionale”».

È chiaro che la questione dei prestiti e delle proroghe, soprattutto in questa situazione straordinaria, sia piuttosto delicata. Si sa, le opere d’arte rappresentano da sempre armi di scambio potentissime tra i musei, contese a colpi di alleanze, di dispetti, di malcelate intromissioni; eppure, ora più che mai, auspichiamo una collaborazione più fluida, più collaborativa tra gli Stati, per promuovere ovunque mostre di risonanza mondiale che potrebbero contribuire a risollevare l’economia, attraverso un turismo culturale rivolto ad un pubblico infungibile. La conferma in questo senso della proroga dei prestiti alle Scuderie del Quirinale sarebbe un ottimo punto di partenza.

Un’occasione unica di conoscenza

Ma torniamo ancora su quelle duecentoquattro opere custodite nel buio delle sale espositive. E se potessimo sfruttare il momento, anziché considerarlo un tempo morto? Il professore Maurizio Seracini, ingegnere esperto di diagnostica per i beni culturali, afferma che «da un punto di vista prettamente scientifico, una mostra monografica di tale importanza ed unicità offrirebbe un’opportunità irripetibile per potere acquisire indisturbati conoscenze scientifiche sulla tecnica, sui materiali e sullo stato di conservazione delle opere». Un’occasione unica, insomma, anche per raccogliere simbolicamente l’eredità di Raffaello, che con la sua Lettera a Leone X del 1519 ha inaugurato l’attuale concezione di tutela e conservazione dei beni culturali.

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