14 novembre 2002

Traffici illeciti. Prevenire è meglio che curare

 
di graziarosa villani

Il traffico di opere d’arte antica e di reperti archeologici ha spesso una dimensione che va al di là dei confini nazionali, rendendo sempre più pressante la necessità di una disciplina internazionale. Il dibattito all’interno dell’UE si fa intenso. Vediamo come...

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Ancora nessuna azione comune da parte dell’Unione Europea per reprimere il dilagante fenomeno del traffico di oggetti antichi verso paesi extracomunitari che penalizza il patrimonio culturale soprattutto di Italia e Grecia, Stati comunitari ricchi di beni archeologici dove gli scavi clandestini e il mercato illegale di opere antiche sono una piaga endemica. In Europa infatti solo di recente al Forum Europeo per la Criminalità si è cominciato a prendere atto del problema e a discutere di prevenzione. La questione è stata sollevata in termini chiari da un deputato europeo greco, Stavros Xarchakos che in un’interrogazione alla Commissione Europea ha addirittura fatto presente che in una mostra dedicata alle antichità minoiche a Kalsruhe in Germania sono state esposti vasi, statuette antropomorfe in bronzo, sigilli e monili che gli archeologici greci ritengono provenire da scavi clandestini effettuati a Creta. “Reperti – afferma Xarchakos – inspiegabilmente finiti nella collezione di un antiquario svizzero di Basilea ”.
La risposta è arrivata da Antonio Vitorino, commissario europeo per la Giustizia e gli Affari Interni. “La tutela del patrimonio culturale, in particolare dei monumenti e dei siti archeologici – spiega il commissario Vitorino – è di competenza degli Stati membri. La Commissione in questo campo svolge solo funzioni di sostegno. Il fenomeno – aggiunge Vitorino – è noto. Anche se non possediamo statistiche particolareggiate sul traffico illecito di reperti archeologici, la Commissione è al corrente che il problema riguarda specialmente i paesi dell’Europa meridionale ”.
La strada da percorrere è quindi, al momento, solo quella della prevenzione.
Al Forum Europeo per la Criminalità – sottolinea Vitorino – è stato avviato un dibattito. Si tratta di migliorare l’efficacia degli interventi attraverso una maggiore cooperazione internazionale tra forze di polizia e amministrazioni, scambi di informazioni sui reperti trafugati. Da avviare anche – prosegue il commissario europeo – una maggiore cooperazione con i paesi di origine dei beni oggetti del traffico. È necessario poi informare i collezionisti in merito ai rischi ai quali si espongono, specialmente nel quadro delle convenzioni internazionali vigenti ”. Attori principali in questo dibattito teso ad un maggiore controllo in fatto di traffico illecito di reperti archeologici le forze di polizia e di gestione del patrimonio degli Stati membri, le assicurazioni, i collezionisti e gli operatori commerciali.
Il commissario europeo avverte comunque che un sistema di “protezione” normativa all’interno dell’Unione è stato già in parte predisposto negli anni passati. Vitorino fa riferimento in particolare al Regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio del 9 dicembre 1992 relativo all’esportazione di beni culturali e alla Direttiva 93/7/CEE del Consiglio del 15 marzo 1993, che introduce tra l’altro il principio della restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (art. 2) verso quello di un altro Stato membro. Si prevede che il termine di prescrizione dell’azione di restituzione è di 30 o di 75 anni a seconda della natura privata o pubblica del bene culturale protetto, e che se previsto nel diritto nazionale l’azione può essere imprescrittibile. L’azione non può però essere più proposta decorso un anno dal giorno in lo Stato membro richiedente è venuto a conoscenza del luogo in cui si trovava il bene culturale e dell’identità del suo possessore o detentore.

graziarosa villani

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