26 gennaio 2020

Bologna Art Week: un paio di considerazioni finali. E un augurio

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Atmosfera e attrattività della fiera e di Bologna migliorate, e l'augurio – non solo per la città – è che chi arriverà in Regione sappia “battere” questo ferro come si deve. Nonostante il ritardo dei treni, sempre

Arrivo alla stazione di Bologna Centrale e il mio treno è in ritardo di 35 minuti. Come accade ogni giorno, più o meno, sulla tratta della TAV italiana ci sono “problemi agli impianti di circolazione”. Eppure sono qui, al mezzanino che porta ai binari 16 e 17, anche perché c’è un’opera video-installativa di Riccardo Benassi, Morestalgia, prodotta da XING con l’Italian Council 2018 (e di cui vi rimandiamo all’intervista all’artista) che, immediatamente catalizza l’attenzione.

Nessuno ha il coraggio di attraversare le strisce luminose che compongono questo schermo-tenda, secondo Benassi “per una reverenza nei confronti del cinema”, ma tutti si piantano – chi per un attimo, chi per diversi minuti – a capire che cos’è la nostalgia ai tempi del post-internet. Sotto i tabelloni che annunciano ritardi fino al 45 minuti.

Si ride, si prende un caffè offerto. E viene in mente che se le sale d’aspetto di luoghi disfunzionali (come lo è la stazione AV di Bologna Centrale) fossero riempite di opere video o interattive probabilmente le persone sarebbero meno incazzate (e la Rete Ferroviaria Italiana potrebbe continuare a sottoporci i suoi ritardi con più nonchalance) e si sentirebbero meno sole.

Romeo Castellucci, La Vita Nuova
Romeo Castellucci, La Vita Nuova

È un pensiero semplice, vero, ma potrebbe riflettersi su un piano più generale, in questo caso legato a Bologna.

Una città che si sta sforzando, almeno durante questi giorni di gennaio, di innescare energie positive, di creare la famosa “rete” mettendo insieme non una serie di debolezze per fare una forza ma sforzi comuni per aumentare la propria potenza.

E forse, anche, la consapevolezza di saper offrire un bello spaccato di contemporaneo, come negli anni magici del ‘900 (dai ’60 agli ’80, circa) e non solo tortellini e crescentine. Anche se, sempre, molto apprezzati.

Uscendo dalla fiera, infatti, in questi giorni abbiamo incontrato un programma collaterale che – de gustibus non disputandum est – ha messo in piedi ottime mostre e rassegne, dalla pittura delle “Realtà Ordinarie” a Palazzo De’ Toschi fino allo spettacolo di Romeo Castellucci La Vita Nuova, in quel nuovo spazio che è DUMBo, che speriamo possa essere riempito di iniziative di qualità non solo durante l’Art Week.

Ragnar Kjartansson Bonjour, 2015
Ragnar Kjartansson, Bonjour, 2015

Bologna, insomma, sembra essere sulla strada di un vero risveglio – forse stuzzicata dall’attuale appeal di Milano e dalla consolidata Torino – e speriamo che non molli il colpo troppo presto, che riesca a difendersi dagli attacchi.

Una condizione, questo va ribadito, che deve continuare ad essere promossa e trainata da una fiera di livello. Ma anche qui, quest’anno, ci siamo. Arte Fiera, nel complesso, ci sembra migliorata e godibile: vero, c’è più Moderno che Contemporaneo, e magari alcuni galleristi non sono stati contenti della loro posizione nello scacchiere dei Padiglioni, ma la rinnovata qualità dovrebbe far mettere da parte i mugugni.

E le elezioni? E il futuro? E gli spauracchi a destra e a sinistra e i rimpasti e le larghe intese, le uscite, passando per le memorie craxiane e chi più ne ha più ne metta? Anche se nel momento in cui scriviamo è ancora tutto da vedere, CHIUNQUE arriverà o resterà d’ora in poi in Emilia-Romagna dovrebbe fare i conti con l’attrattività ritrovata di una città-capoluogo, che potrebbe ritornare strategica per l’Italia non solo per la sua posizione geografica, e non solo per la sua ricca e universalmente riconosciuta (per cui senza bisogno di chissà quali promozioni) cucina.

In bocca al lupo, Bologna!

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