23 febbraio 2023

Ecco cosa sta succedendo nella fiera ARCOmadrid, tra fili e tessuti nella scenografia della memoria

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Al via ARCOmadrid, che celebra i suoi 42 anni con un'edizione ricca di entusiasmi e attenta alla contemporaneità, tra gallerie internazionali e sezioni curate. E in fiera trovate anche exibart.es, con un nuovo numero cartaceo in distribuzione dedicato al collezionismo

arcomadrid 2023
Graciela Gutiérrez Marx, El Tendedero. Poema colectivo colgante, w-galeria - ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis) part.

Madrid, 22 febbraio 2023. Il rosso e il giallo della bandiera spagnola sottolineano l’identità di ARCOmadrid, che dal 22 al 26 febbraio celebra i suoi primi 42 anni all’insegna di un rinnovato entusiasmo che punta all’arte contemporanea come meccanismo centrale di un sistema che non è solo economico. Per Maribel López, direttrice della Fiera Internazionale di Arte Contemporanea di Madrid, organizzata in collaborazione con Ifema Madrid, è stato importante prendersi cura di tutti gli aspetti organizzativi inclusa la gastronomia, le divise e, naturalmente, il catalogo il cui design è firmato da Setanta, lo studio fondato nel 2008 da Eric Coll e Sergio Ibañez, vincitore del bando a cui hanno partecipato tantissimi professionisti.

Maribel López, direttrice di ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)

Un’attenzione che è anche l’invito rivolto ad un pubblico in crescita – non solo collezionisti e addetti ai lavori – a lasciarsi coinvolgere in una visione sempre più consapevole sulla rilevante funzione dell’atto creativo nella quotidianità dell’essere umano. Quest’anno sono 185 le gallerie provenienti da 30 Paesi, tra cui l’Italia con una notevole presenza tra gallerie più giovani e altre ormai istituzionali, come Monitor con l’inedito dialogo tra le italiane Elisa Montessori e Lucia Cantò, Gilda Lavia in tandem con UNA galleria, Continua, Prometeo gallery Ida Pisani, Giorgio Persano, Studio Trisorio, Enrico Astuni, Laveronica Arte Contemporanea. In fiera trovate poi anche exibart.es, la nostra costola spagnola, che per l’occasione ha presentato il nuovo numero cartaceo, con uno speciale dedicato al collezionismo.

Il programma contempla, oltre alle due sezioni Never the Same. Latin American Art (a cura di Mariano Mayer e Manuela Moscoso) e Opening by Allianz (a cura di Julia Morandeira e Yina Jiménez), la bellissima mostra centrale The Mediterranean: A Round Sea, curata da Marina Fokidis con la consulenza di Bouchra Khalili Hila Peleg (preziosa la piccola pubblicazione edita da Nero che contiene anche le lettere scritte in giro per l’Europa, tra il ’90 e il ’92, dall’artista e poeta libanese Etel Adnan all’amico Fawwaz Traboulsi) con una selezione di artisti mediterranei, tra cui Letizia Battaglia con vintage in bianco e nero (Francesco Pantaleone) e Maria Lai con le “geografie” tessili (M77 Gallery).

L’arte è anche un utile mezzo per affrontare tematiche sociali, politiche, economiche: numerose artiste ed artisti presenti ad ARCOmadrid 2023 nel farsene portavoce hanno affidato pensiero e poetica ad un linguaggio in cui è determinante l’utilizzo del filo, del ricamo, della cucitura, del tessuto andando ben oltre la categoria di fiber art. Per María Abaddón (Lima 1988), presentata dalla Ginsberg gallery di Lima è un processo naturale quello di modellare il corpo umano delle sue “soft sculpture” in feltro e maglia all’uncinetto, proponendo una sorta di Pietà in dialogo con modelli anatomici in cui ammassi di viscere sono mostrate in tutta la loro forza evocativa. Un invito, quello dell’artista peruviana, a tirar fuori le proprie emozioni e a condividerle.

María Abaddón, Ginsberg gallery – ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)
María Abaddón, Ginsberg gallery – ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)

Un po’ come in El Tendedero. Poema colectivo colgante dell’artista e attivista argentina Graciela Gutiérrez Marx (La Plata 1945 – 2022) di cui nello stand di w-galeria di Buenos Aires è stata ricreata l’installazione con i panni appesi al filo da bucato e le fotografie che documentano l’azione svoltasi nel 1984 a La Plata. Dall’invito di Gutiérrez Marx a portare un indumento di una persona cara scomparsa, insieme ad un pensiero scritto su un biglietto o sul capo stesso, era nata una poesia collettiva in cui la perdita del singolo si trasformava nel manifesto di una memoria più ampia. L’Argentina era appena uscita da sette anni di dittatura militare ed era molto fresca la ferita delle atrocità subite dai civili con migliaia di desaparecidos, persone assassinate o costrette a lasciare il paese.

Graciela Gutiérrez Marx, El Tendedero. Poema colectivo colgante, w-galeria – ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)

Meno drammatico è certamente il contesto in cui si muove Eftihis Patsourakis (Creta 1967) che per la sua installazione Skin (2010) – Rodeo, Pireo/Londra – ha creato un grande tappeto di zerbini di fibre naturali usati, donatigli dai vicini di casa ad Atene, non cuciti ma semplicemente accostati tra loro per creare una perfetta geometria di tracce dimenticate o perse: la “manutenzione” della memoria passa decisamente attraverso il vissuto. Riappropriarsi degli spazi urbani come pratica di “estetica della resistenza” appartiene, invece, a Marcelo Cidade (São Paulo 1976) che in Collapse Geometry (2015) – galeria Bruno Múrias, Lisbona – propone una rilettura dello spazio pubblico/privato attraverso la scultura di coperte, colla spray 3M e cavi d’acciaio con estensori.

Marcelo Cidade, Collapse Geometry – galeria Bruno Múrias, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)
Marcelo Cidade, Collapse Geometry – galeria Bruno Múrias, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis) part.

Coloratissima è l’opera di Moffat Takadiwa (Karoi, Zimbawe 1983) – Semiose, Parigi – realizzata con oggetti riciclati trasformati in pattern (spazzolini da denti, tappi di bottiglia, tasti di computer, ecc.): l’artista si riappropria della tradizione artigianale africana per creare sculture focalizzate sull’identità culturale e sull’ambiente. Sul tema dell’identità culturale indaga anche l’opera di Manal AlDowayan (Dhahran, Arabia Saudita 1973) June 24th 2016 Tapestry (2023), presentata da Sabrina Amrani: nello spazio della galleria a Calle Sallaberry 52, tra l’altro, è in corso la personale dell’artista saudita Their Love Is Like All Lovers, Their Death Is Like All Deaths (fino al 25 marzo).

Manal AlDowayan, June 24th 2016 Tapestry – Sabrina Amrani, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)
Manal AlDowayan, June 24th 2016 Tapestry – Sabrina Amrani, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)
Eva Koťátková, Conference of Body Parts – Hunt Kastner, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)

Si torna al tema del corpo come unità di misura nella relazione tra il singolo e la collettività con la serie Conference of Body Parts (2016) di Eva Koťátková (Praga 1982) – Hunt Kastner, Praga – artista e filmmaker che ha esposto recentemente a Documenta, Kassel. I suoi “indumenti-corazza” associati ai collage non sono così distanti concettualmente dalla grande ragnatela di filo nero lavorata all’uncinetto – Hooked (2010-2022) – di Šejla Kamerić (Sarajevo 1976), nello stand della Ester gallery di Belgrado, tra le opere di Manifesta14 Prishtina: il controllo delle politiche della memoria diventano, evidentemente, forme di resistenza. Anche Carmen Calvo (Valencia, 1950) crea delle “scenografie della memoria” come in Mi madre (2004) – Luis Adelantado gallery, Valencia – dove interviene sulle foto vintage con la pittura, ponendole su centrini all’uncinetto.

Šejla Kamerić, Hooked, Ester gallery – ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)
Maribel Domenech – Freijo Gallery, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)
Maribel Domenech – Freijo Gallery, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)

Realizzato ai ferri, invece, l’abito nero di Maribel Domenech (Valencia 1951) – Freijo Gallery, Madrid – esposto anche in occasione della personale Acciones cotedianas (1986-2020) al Centre del Carme di Valencia nel 2020 – che sposta l’attenzione su temi legati alla violenza domestica, sul non detto e, in generale, sulla cucitura/ricamo anche come forma terapeutica nell’elaborazione dei traumi. La madre dell’artista era sarta e lei ha imparato a cucire fin da bambina: scrivere con il filo è quindi una pratica costante del suo lavoro.

Teresa Margolles, Blowback – The Power, galerie Peter Kilchmann, ARCOmadrid 2023 (ph Manuela De Leonardis)

Ancora un vestito femminile, stavolta sfavillante di luce, nell’opera di Teresa Margolles (Culiacán, Sinaloa, Messico 1963) dal titolo Blowback / The Power (2022) – galerie Peter Kilchmann, Zurigo – che ha fatto parte della collettiva Uncombed, Unforeseen, Unconstrained di Parasol Unit Foundation for Contemporary Art, evento collaterale alla Biennale di Venezia 2022. Il paradosso sta nell’abito glamour (lo stilista è Alberto Scaal) niente affatto innocuo: da oggetto di desiderio, infatti, si può trasformare in qualcosa di pericoloso. Al posto degli strass, sulla manica destra Margolles ha messo pezzi di vetro rotti che lei stessa ha raccolto dopo una sparatoria nel tentativo di arrestare un noto “signore della droga” messicano. Il potere ha sempre una doppia faccia!

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