05 novembre 2022

The Others, il bello di non essere formali

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Intervista a Roberto Casiraghi, direttore e fondatore con Paola Rampini di The Others, la fiera che da oltre dieci anni accompagna l'art week torinese in modalità “giovane”. E anche critica.

Letizia Scarpello, Freschi Pensieri, idropittura spray su cemento, 2021

Ormai dal 2011 il panorama fieristico della Torino Art Week vede tra i suoi protagonisti The Others, la fiera indipendente dedicata più di altre al mondo dell’arte emergente internazionale e nazionale, che però non disdegna di volgere un occhio attento anche ad alcune realtà locali di interesse per la loro ricerca. Avvalendosi di un board di curatori di tutto rispetto, capitanati da Lorenzo Bruni, The Others offre ai propri visitatori un’esperienza unica di contatto con un mondo in crescita, spesso proficuamente declinato nel senso della sperimentazione e dell’innovazione, coinvolgendo il proprio pubblico con un tono forse più giovane, meno formale ed expensive rispetto ad altre esperienze concomitanti.

Per raccontare l’edizione 2022 di The Others abbiamo scelto di intervistare il suo direttore e fondatore Roberto Casiraghi, ponendogli anche qualche domanda sul contesto torinese da un punto di vista più ampio, per meglio comprendere l’anima della fiera nella sua complessità.

Negli ultimi anni The Others si è sempre candidata a rappresentare la giovane creatività in ambito nazionale e internazionale. Tutto questo sarà riconfermato per l’edizione del 2022?

Naturalmente si; una delle chiavi del successo del progetto The Others consiste proprio nel mantenere la propria identità ed il rinnovamento che si realizza di anno in anno in fiera riguarda la qualità della proposta artistica, ma non la filosofia con cui la si ricerca

Quali novità e cambiamenti sono previsti per la nuova edizione?

Una sorta di “combinato disposto” animerà The Others 2022: da una parte il display espositivo che prende vita da un famoso gioco degli anni ’80 e si traduce in un percorso di visita a labirinto che permetterà ai visitatori di scoprire novità ad ogni angolo, con un effetto sorpresa dall’ingresso alla fine della visita. E dall’altra il tema del confronto generazionale che pervaderà molti spazi espositivi e che metterà in evidenza quanta e quale ricerca stanno realizzando i giovani a confronto con artisti che hanno già percorso molta parte o tutta la propria esperienza.

Come si configura il ruolo di The Others nel contesto delle fiere torinesi di novembre?

A questa domanda occorre dare una risposta estremamente sintetica perché il tema è vastissimo ed i coinvolgimenti non solo artistici aprono scenari che meriterebbero pagine e pagine di trattazione. Le fiere torinesi di novembre rappresentano un’occasione di visita della città particolarmente interessante per categorie di spesa alta, con evidente beneficio economico per una molteplicità di comparti, dall’ospitalità alla ristorazione al commercio ai trasporti. Di questa crescita The Others è certamente protagonista e i dati di affluenza di pubblico ed espositori, ancorché filtrati dai due anni orribili di eredità della pandemia, ne sono una testimonianza tangibile. Noi crediamo però che il meccanismo che da moltissimi anni The Others cerca di realizzare nella prima settimana di novembre stia attraversando una crisi di crescita che mette a rischio i risultati raggiunti e possa sfocarne l’identità. Per questo occorrerebbe un maggior coordinamento tra i player coinvolti ed un tavolo di regia che solo la politica e le Fondazioni ex bancarie possono convocare e gestire. A noi pare che ciò non avvenga ed abbiamo già visto nella nostra esperienza che, esattamente come in natura, tanto lenta e faticosa e difficile è la salita quanto rapida e rovinosa può diventare il ritornare alla posizione di partenza.

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