22 giugno 2001

Art 32 Basel: la “vetrina dell’umanità”?

 


di Alfredo Sigolo



Si è chiusa con dichiarazioni trionfali la 32a edizione di Art Basel, una manifestazione al culmine della sua fama. La fiera d’arte più importante del mondo riesce ogni anno a battere se stessa, l’ultima edizione è sempre migliore della precedente…

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Questa volta sono state 262 le gallerie presenti, provenienti da tutto il mondo, oltre 1000 gli artisti presentati, 55.000 i visitatori in 6 giorni (globalmente il 4% in più rispetto allo scorso anno), 1300 i rappresentanti dei media. E proprio i media che, da qualche tempo, annunciano l’imminente crisi del settore, incassano una temporanea sconfitta: il mercato dell’arte è ancora in buona salute, almeno a giudicare dai commenti entusiasti dei galleristi che hanno ben venduto sia i classici moderni che gli artisti di ultima generazione. In verità è ben noto come il mercato dell’arte risponda con un certo ritardo alle crisi economiche; l’arte è indicata dagli esperti come un interessante bene di investimento e di rifugio, e dunque proprio in tempi di recessione economica il mercato dell’arte sa essere spesso assai vivace.
Quest’anno la fiera di Basilea si è svolta in pieno periodo di Biennale veneziana e non a caso le due importanti manifestazioni sono procedute ordinatamente, permettendo a collezionisti, esperti del settore e amanti dell’arte di godersi una prima parte di giugno molto densa, che dalla laguna li ha condotti in riva al Reno.
E a proposito di Biennale, c’è pure da osservare che le due manifestazioni si osservano reciprocamente con grande interesse: degli artisti invitati alla Platea dell’umanità oltre il 50% era rappresentato anche a Basilea, con la differenza che stavolta le opere potevano essere acquistate; oltre 100, globalmente, gli artisti che hanno preso parte ad entrambi gli appuntamenti: un numero che se per Basilea rappresenta 1/10 del totale, per Venezia corrisponde a quasi 1 su 3 dei partecipanti (padiglioni stranieri compresi).
Molti sono coloro che, spesso con superficialità, prendono le distanze dagli eventi fieristici come quello di Basilea, appellandosi ad una fantomatica purezza dell’arte che non dovrebbe essere sporcata dal denaro e dal mercato. Basilea, non da quest’anno, ha già risposto in modo convincente a queste critiche, allestendo spazi dedicati ai giovani artisti poco noti (Art Statements) e alle opere che, per dimensioni o per morfologia, sono escluse dal mercato (Art Unlimited). Ma sezioni apposite sono state Art Basel, Art Unlimiteddedicate ai media, alla fotografia, al cinema: di qui la definizione di “maggior museo a termine del mondo”, di qui la presa di coscienza di trovarsi di fronte ad un grande evento culturale oltre che di mercato.
La Svizzera è uno stato ricco in cui il finanziamento degli enti privati è sempre piuttosto generoso; a Basilea l’investimento pubblico è però altrettanto cospicuo, potendo contare sul favore di un popolo che vuole fortemente conservare e consolidare la vocazione e l’impegno culturale della propria città. E’ sempre significativo, in quest’ottica, ricordare che, nell’ormai lontano 1967, la popolazione non esitò a votare “sì” ad un inedito referendum, indetto per stabilire se fosse il caso di spendere 6 milioni di franchi per l’acquisto di 2 quadri di Picasso il quale, commosso da tanta sensibilità ed orgoglio nazionali, donò altre 4 opere alla generosa comunità.
200.000 abitanti vivono oggi in un contesto urbano che conta 30 musei, alcuni dei quali di fama internazionale. Basilea investe ogni anno più di 100 milioni di franchi di denaro pubblico per le attività culturali (il corrispondente di ca. 124 miliardi di lire), cui vanno aggiunti i soldi degli investitori privati che hanno ben assimilato il concetto che l’arte può diventare un ottimo strumento di promozione internazionale per le aziende, al prezzo (ma guarda un po’) di un’operazione filantropica e di impegno culturale.
Art Basel è uno dei tanti appuntamenti esclusivi che la città propone durante l’anno, un evento che in realtà diventa il volano di una serie di esposizioni e manifestazioni che coinvolgono un po’ tutta la Svizzera e molte delle città localizzate di là dalle vicinissime frontiere con Francia e Germania.
Questa macchina ben oliata ha finito per consolidare, nel tempo e più o meno direttamente, anche manifestazioni che hanno un carattere alternativo, come la Liste, l’altra Liste 01fiera che si tiene nello stesso periodo della messe, cui partecipano molte gallerie di scoperta escluse da Art Basel e che è allestita nell’ex birreria Wartech riutilizzando vecchi ambienti di archeologia industriale perfino troppo conservati nella loro integrità originale (macchine, tubi e stretti cunicoli): una sorta di Salon des Refusés in chiave moderna, in cui mancano però i connotati polemici delle storiche edizioni dei Salon transalpini.
Da quest’anno Basilea intraprenderà una nuova scommessa, esportandosi a Miami: a dicembre sarà dato maggior spazio alle gallerie di casa, ma per galleristi, artisti e direttore di ArtBaselcollezionisti europei si tratterà di un’occasione inedita per presentarsi e confrontarsi con i colleghi U.S.A., rendendo il favore della loro visita in Europa.
Partecipare alla Messe di Basilea è molto oneroso (e neppure la Liste scherza) e gli esclusi affermano che ingraziarsi il favore dei selezionatori sia molto arduo. Si dice di intrighi ed amicizie, di assi, di fronti e di strategiche alleanze. Probabilmente anche Basilea ha le sue ombre ma, come si dice… chi vince ha sempre ragione.

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Alfredo Sigolo



Art 32 Basel. Messe Basel, Messeplatz. Dal 13.VI.2001 al 18.VI.2001. Sede: edifici 1 e 2 della Fiera di Basilea. Sezioni: Art Galleries, Art Photography; Art Editino; Art Statements; Art Unlimited; Art Film; Art Magazines, Books. Info: casella postale CH-4021 Basilea; tel. +41 61 686 20 20; fax +41 61 686 26 86; e-mail info@artbasel.com ; web www.artbasel.com.


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8 Commenti

  1. Una domanda potrebbe anche essere come mai l’italia abbia un numero di gallerie penalizzante rispetto agli altri paesi in ArtBasel.
    Siamo probabimente inferiori a Inghilterra e Germania ma anche alla Francia? forse per questo gallerie di grandissimo interesse – italiane – hanno ‘ripiegato’ a Liste: li non sfiguravamo affatto.

  2. L’articolo mi ha fatto venire voglia di andare a far un bel giro a Basilea. Almeno per vedere com’è la situazione al di fuori della fiera.

  3. Credo di capire cosa vuoi dire, Fulvio. Ma se consideri gli obiettivi che Basilea si propone, i fini che persegue (che sono i medesimi di altre manifestazioni simili, in tutto il mondo), è indubbio che la sua scommessa l’abbia vinta. Ed è altrettanto indubbio che Art Basel rappresenti, nel suo genere, un modello. In Italia abbiamo una discreta Bologna, un’Artissima in salita (a Torino), Miart pure ha fatto dei progressi, e tuttavia ancora non si sono trovati mezzi e strategie per allestire un vero evento internazionale, se non al livello di Basilea o Chicago, almeno del Fnac o di Arco (soprattutto con la stessa risonanza internazionale). Con tutto che le fiere esistano ormai da 30 anni e che l’Italia continui a proporre artisti di alto livello.

  4. Insomma: se la maggior parte degli artisti presenti alla Biennale vengono esposti (e venduti) a Basilea; se, come a me pare, molte delle opere del Plateau sono in realtà opere già viste (ne ho contate almeno 5 già esposte a Manifesta III lo scorso anno). Se di Cattelan ci presentano la Nona Ora stravista e non il nuovo Hitler; a questo punto, a che serve la Biennale? Un tempo la Biennale era l’occasione per vedere nuove opere e nuove artisti, e per questo faceva tendenza. Oggi, nonostante la grande affluenza del pubblico e l’interesse sempre vivo, mi sembra di poter affermare che la Biennale sia divenuta un carrozzone quasi inutile, la caricatura di se stessa. Per fortuna che ci sono i padiglioni stranieri… ma quanti curatori hanno avuto il coraggio di esporre veramente le nuove tendenze e quanti hanno invece scelto la strada più sicura, incensando artisti che sono quasi glorie nazionali? Pensando alle edizioni storiche della Biennale mi chiedo quante, delle opere esposte, siano in linea con lo spirito propositivo e coraggioso che ne ha costruito la fama. La Biennale oggi sembra essere piuttosto divenuto il momento nel quale si traggono le somme di 2 anni di ricerca artistica, di mostre ed esposizioni fuori dell’Italia. Ciò ha un suo senso, è importante, e tuttavia non posso fare a meno di pensare che, una volta ancora, l’indagine vera e militante sulle nuove tendenze artistiche si faccia oggi fuori dell’Italia. E allora si capisce perché sia stato abolito il padiglione italiano.

  5. Convengo con Giorgio nell’analisi. Mi è piaciuta molto per il distacco che è riuscita a mantenere. E’ sotto gli occhi di tutti che questa Biennale non sia espressione di quanto accaduto negli ultimi due anni. Però non sarei nemmeno così disfattista. Pure l’Italia ha un buon potenziale, possiede una “fauna” variegata e alcuni artisti non hanno nulla da invidiare a qulli che emergono dagli altri paesi europei; forse dovrebbero solo essere un po’ più “spinti”. Penso che certe indagini, diciamo, extra europee come quelle orientali o sudamericane, siano viste così diverse dal pubblico di casa (Europa) perché rappresentano una novità, un qualcosa che a noi qui era sconosciuto. La visione euro-centrica ci porta a vedere come novità queste ricerche. In realtà (in parte) sono, come da noi, il frutto di un lungo passato storico e sociale che ha dato alla luce quei lavori che arrivano in Europa da molti kilometri di distanza.
    Alf,il tuo pezzo è veramente bello; vuoi proprio farmi pesare quello che mi sono perso, eh?!
    Ciao. Sil

  6. Non concordo assolutamente sull’ipotizzata carenza della nostra forza creativa rispetto agli altri paesi. Apparte la Germania, che a quanto so vive un periodo di – forse eccessiva? – vis, credo che non siamo così da buttare rispetto alle altre ‘potenze’ europee come GB, Spagna o (peggio!!!) Francia.
    La carenza di strutture, di volontà, di coordinazione son cosa diversa dalla mancanza di cervelli.
    Iniziative interessanti tuttavia iniziano a moltiplicarsi: nascono nuovi centri, anche piccoli e piccolissimi, il numero di gallerie è sempre in aumento, le nostre fiere paiono migliori di anno in anno, le riviste mantengono la loro qualità e investono (vedi Temaceleste che ha iniziato la sua versione inglese o FlashArt che – attraverso il suo editore – promuove addirittura una Biennale in Albania). Il mondo dell’editoria non sembra più moribondo come alla fine dei ’90. I cataloghi aumentano le copie vendute e raccolgono i frutti di un progressivo aumento della qualità (e ci voleva poco!) e di un benefico abbassarsi dei prezzi. Si sono viste anche iniziative tese alla sistematizzazione del panorama come ‘Espresso’ (Electa, 2000) con il quale Sergio Risaliti afferma quali siano – secondo lui ovviamente – gli artisti migliori che l’Italia ha sfornato negli ultimi anni.
    Poi abbiamo dei magnifici quarantenni che incantano New York (VanessaBeecroft) e che incantano…gli incanti (Maurizio Cattelan) sbaragliando i record nelle aste americane e londinesi. E ad ottobre sarà la volta delle ‘Italian Sale’ dove si ripeteranno senza ombra di dubbio gli eccezionali primati di Piero Manzoni, Pino Pascali, Alighiero Boetti e di tutti i nostri incredibili geni del dopoguerra.
    Certo non abbiamo ArtBasel e abbiamo una biennale un poco zoppicante…pero’ abbiamo ExibArt…in quale altro paese europeo c’è un sito cosi?
    Simpaticamente. Massimiliano.

  7. Molti dicono che la purezza dell’arte non dovrebbe essere sporcata dal denaro e dal mercato. Ma l’arte è indicata dagli esperti come un interessante bene di investimento e di rifugio. Basilea ha risposto in modo convincente, ci siamo trovati di fronte ad un grande evento culturale oltre che di mercato.

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