22 ottobre 2008

fiere_resoconti Frieze+Zoo 08

 
La fiera più scoppiettante nel panorama europeo sembra aver perso lo smalto d’un tempo. L’ormai famigerato week-end londinese rimane obbligatorio ed estenuante, perché si dota di un corollario d’eccezione. Si corre, si vede, ci si affatica. Ma non ci si stanca mai della straordinaria attenzione al contemporaneo di Londra...

di

Fare rete!” è l’imperativo categorico del sistema dell’arte internazionale. Ciò che non si può certo rimproverare a Frieze e, di conseguenza, a Londra come città ospitante, è l’assenza di una progettualità corale che metta in relazione l’evento-fiera con il vasto panorama d’iniziative e attività che hanno luogo nello stesso periodo. Dalle istituzioni consolidate (le Tate, Hayward Gallery, Ica, Barbican ecc.), che già durante tutta la stagione scoppiano di salute, alle proposte temporanee, destinate a sfruttare la straordinaria affluenza d’inizio autunno, la città pullula di mille vite, tanto da suscitare nel visitatore il tanto celebre quanto raro “imbarazzo della scelta”.
Ed è questo, forse, il primo fattore determinante a condurre il giudizio sulla fiera, fulcro dell’attenzione collettiva, verso una valutazione non del tutto positiva. Metodo semplice, ma non banale, per affrontare gli stand è dividere il percorso secondo categorie cromatiche, così come consiglia la pianta in dotazione.

Blue walk
L’ingresso “liquido” alla fiera è fornito da Climate Change di Pavel Bϋchler, che inaugura contemporaneamente il percorso dei Frieze Projects e prepara i sensi alla “via del blu”. Ecco subito lo sfoggio locale di Lisson con l’allestimento di Allora & Calzadilla. Per la danese Wallner si confermano Elmgreen & Dragset, mentre la “giostra” composta da Green Naftali è illuminata da un Coconut Chandelier di Guyton/Walker. Si difende l’Italia con Noero e poco dopo con Francesca Kaufmann di cui, oltre ai Campanini e al video di Yoshua Okon, si apprezza il lavoro sullo stand con ingresso particolare. Puntano sui nomi di riguardo, invece, Sprϋth Magers, Modern Istitute e Ropac che, rispettivamente con Jenny Holzer, Simon Starling e Tom Sachs, sanno di colpire l’attenzione dei collezionisti navigati e degli addetti ai lavori. Non esaltano Foxx e Kargl che, pur dotandosi della eccentricità di Pae What il primo e dello straniamento di Schinwald il secondo, non sfruttano l’occasione. Pausa? Una birretta nel kitch-folk Sirkus di Kling & Bang (tra i progetti speciali) è proprio quello che ci vuole per apprestarsi alla “via del rosa”.

L’ingresso dello stand di Francesca KaufmannPink walk
Un Darren Almond sottotono ci accoglie da Mattew Marks e poco più in là si apprezza il lavoro di Friedrich Kunath per la BQ di Colonia. Le conferme in area tedesca vengono anche dalla Neu, che invade letteralmente il passaggio, oltre che lo stand ovviamente, con Manfred Pernice, e lasciando alle pareti Claire Fontaine e Francesco Vezzoli. Buchholz ha dalla sua il potenziale di una main gallery pur non sfruttandolo a dovere, attestandosi in una virtuale media statura capace di adombrare Zenox, Petzel e Freedman, che ne escono con un meteorologico “non pervenuto”. La nuance rosa si conclude in bellezza da Frith Street con le parole di Fiona Banner.

Yellow walk
A dispetto del nome, Painter Inc. si fregia di una notevole serie fotografica di Ed Ruscha, lasciando però all’americano l’unico tocco di stile. Delude il LaChapelle di Jablonka, che lascia spazio alle migliori performance di Crousel con Warhol (di cui segnaliamo l’imperdibile big show alla Hayword Gallery) e Mona Hatoum (da non perdere al Turner Prize), nonché dell’intero stand di Friedman e di Paley. Viceversa a proposito di giganti come Gladstone e Gagosian non si può far altro che notare un atteggiamento di stasi, appoggiato ça va sans dire ad artisti del calibro di Matthew Barney o Takashi Murakami. Da Hauser & Wirth spicca solo un ben noto lavoro di Martin Creed come da Szwajcer non si hanno occhi se non per Liam Gillik. Come dire: se la crisi è talmente vicina che se ne sente l’odore, puntiamo tutto sui beni stabili.
Affidandosi a un godibile allestimento e all’opera di Mattew Brannon, il discorso cambia per The Approach, e lo stesso si può dire per Shave con l’intera parete di Steven Shearer. Sarah Lucas troneggia da Contemporary Fine Arts (della stessa artista visitare anche la personale presso Sadie Coles HQ) e Cabinet si mette in mostra travestendosi da laboratorio di ricerca, invischiando però tutti gli artisti in un’atmosfera unica. Bene anche Alison Jacques spostandosi in area d’oltralpe, soprattutto con Hanna Wilke. Da segnalare di certo è lo spazio di Krinzinger, in cui gran parte del merito va a Hans Op De Beek, splendido anche in opere di misura ridotta. Chiudono la passeggiata gialla i sempreverdi scatti di Cindy Sherman da Metro Pictures e Grässlin che mette in vetrina Reinhard Mucha.

Green walk
Avviandosi verso il settore verde, da uno qualsiasi dei passaggi tra i corridoi, si fa esperienza della proposta di Andreas Slomiski per i progetti speciali; l’artista si diverte a giocare con elementi familiari per gli spazi pubblici d’oltreoceano, meno noti in Gran Bretagna. Fa capolino Fabian Marti da Kilchmann sulla soglia di questo corridoio e gli fa da contraltare l’attraente angolo dedicato a John Bock da Giò Marconi. Se Nagel sfodera una mise tutta cartonata, è la video animazione di Naoyuki Tsuji il gioiello di Corvi-Mora. Godono di alta qualità anche stand vicini come il veterano König con Jeppe Hein o Michail Sailstorfer (ottimo anche nell’intervento allo Sculpture Park), lo stesso Johnen o ancora Luisa Strina, che affianca Wim Delvoye e Muntadas ai più giovani.
Lo stand di Cabinet
Una contro l’altra armata, si affrontano ad armi pari White Cube (che in galleria ospita una meravigliosa personale di Robert Irwin) e Marian Goodman, forti dei loro stalloni da scuderia. Eccellente Bonakdar, che in uno spazio minore rispetto alle regge dei colossi internazionali, riunisce un’installazione sonora di Susan Phillips, una invidiabile stella di Olafur Eliasson e un delicato Ryan Gander. L’attacco della newyorkese è pericoloso; si ripara con stile Guenzani con, tra gli altri, i disegni di Patrick Tuttofuoco. Fa lo stesso Shöttle, sfoderando niente di meno che un modello di Dan Graham; non ce la fanno invece Kerlin e Bastide. Alexei Shulgin salva XL da una cattiva figura, dettata da un gusto plastic-kitsch, mentre serve Jurgen Teller come esca a Lehman Maupin, altrimenti evitabile; non basta invece neanche Joan Jonas a far conseguire la sufficienza a Wilkinson.
I fumatori non resistono più? Si fermino dentro le cabine di Norma Jeane, che consentono di aspirare il proprio fumo sotto gli occhi indiscreti dei passanti. Molto bene invece l’east revolution capitanata da Podnar, rimanendo in Europa, e portata avanti da Vitamin (Guangzhou) e Magical Artroom (Tokyo) a livello mondiale. Il Brasile non manca di lasciare un segno con Marcelo Cidade da Vermelho e con Gentil Carioca all’unisono. Non male l’esposizione di Sorcha Dallas e PiST, con speciale riferimento a Diem Özbek.

Violet walk
Già dall’esterno del grandioso tendone della fiera era possibile notare l’installazione al neon di Christine Hatt da Juda. Notevole anche il lavoro di Carla Klein per Gelink, sicuramente non comparabile agli stand immediatamente successivi. Parliamo di Yvonne Lambert, di cui si consiglia la visione della personale di Carlos Amorales nella sede londinese, e Victoria Miro (solo show di Elmgreen & Dragset in galleria caldamente raccomandato). Eigen+Art convalida la sua linea al cospetto dell’intervento altrettanto algido di Tue Greenfort, Condensation, tra gli special project.
Ishii non si svaluta neanche di fronte al solido Perrotin, che per l’occasione sfoggia addirittura un Duane Hanson, ancora capace di gabbare il visitatore distratto (o incauto?). L’itinerario si srotola dando posto ad altri tre titani: Gavin Brown, in cui si ritrova quel Mark Leckey in lizza per il Turner; Zwirner, che non brilla pur sostenuto da Thomas Ruff; e Waddington, il cui lustro pop non equivale a quello percepito. Norma Jeane - The Straight Story - Frieze Projects 2008Sale verso un’ipotetica top ten il piccolo stand di Welters con Jan de Cock e applausi anche per il Golden Ticket di Cory Arcangel, che ha dato la possibilità a Studiò di Giovanna Simonetti di vedere dall’interno la “Fabbrica di Cioccolato”. Buona la prima per Isabella Bortolozzi, e di grande interesse il quasi solo-show di Jakob Kolding da Team.

Orange walk
Gli scatti di Hans-Peter Feldman, stupendi per la verità, non salvano il giudizio su Simon Lee, che non si aggiudica nemmeno un “+” sulla scheda. Piace la veste di Standard, che regge il confronto con la vicina Reynolds (non in grande spolvero). Alvear ha dalla sua il già affermato Santiago Sierra e Almine Rech vede Ugo Rondinone nel suo elenco, ma nessuna delle due offre grandi spunti. Conquista Gianni Caravaggio da Andriesse per semplicità e profondità e Helena Almeida contribuisce alla buona valutazione di Filomena Soares. Note positive anche per Raucci/Santamaria e Produzenten Galerie; conclusione in bellezza con Aizpuru.

Zoo Art Fair appendix
Di certo la giovane età della fiera, delle gallerie e degli stessi artisti partecipanti alla più piccola Zoo, ospitata nella very posh Royal Academy of Art, rende la visione e la partecipazione a questo evento più fresca e stuzzicante della zia Frieze. Si commette forse il peccato di dedicare troppo tempo alla seconda, la più anziana, trovandosi a dover sacrificare alla fretta il percorso della prima. I Frieze Projects lasciano spazio a Los Vinilos, progetti concepiti come poster e stencil dislocati nel percorso come boe di segnalazione.
Le righe sono poche, ma servono a fornire qualche spot sulla qualità di una piccola fiera che, a parte la grande presenza di animali impagliati e imbalsamati, dimostra tutto il suo valore di spontaneità e leggerezza. di Gonzalo Lebrija è il cavallo di battaglia di Travesia Cuatro, attraente realtà madrilena. V1 Gallery interpreta perfettamente lo spirito del tempo, frammisto di graffitismo, street art, fumetto uniti a incisione e tecniche classiche. Le italiane Monitor e Francesca Minini confermano il loro impegno a spingere la giovane arte italiana nel panorama internazionale, affiancando Rä di Martino a Guido Van de Werve, Gabriele Picco a Jan De Cock.
Altrettanto interessante la ricerca delle svedesi ALP / Peter Bergman (Stoccolma) ed Elastic (Malmö). Per non parlare della tedesca Klemm’s o della double based Museum 52 (Londra e New York).
Lo stand di Sprüth Magers
Registrando il grande afflusso alla kermesse britannica, leggendo di successi di vendite riportati da tutti gli espositori, secondo il sito della stessa Frieze, , non resta che fare i migliori auguri alle fiere italiane di là da venire. E annotare che la crisi, per ora, non sembra abbattere le vendite.

articoli correlati
Frieze 07
link correlati
www.friezeartfair.com
www.zooartfair.com

claudio musso
fiere visitate il 15-16 ottobre 2008

[exibart]

7 Commenti

  1. credo che il corrispondente abbia visto le fiere un po’ di fretta… a frieze lo spazio di De Carlo, Giò Marconi e Sonia Rosso valevano almeno una citazione mentre lo stand di Francesca Minini aveva una installazione di Alessandro Ceresoli e dalla Monitor non ho riscontrato opere della romana/newyorkese

  2. chi scrive non sa di che parla: lo stand della kaufmann non era una trovata della galleria ma un lavoro di lily van der stoker da neu manfred pernice era presente con un piccolo lavoro, il grande cui chi scrive fa riferimento era di Tom Burr. Claire Fontaine non erano alle pareti ma si trattava di bandiere sospese. E poi bufalissimaaaaa MONA HATOUM al Turner PRIZE?????
    Forse si confonde con RUNA ISLAM????????
    E Monitor aveva un solo show con Alexandre Singh.
    Ma poi come è scritto st’articolo??? ma non c’era nessun altro corrispondente???

  3. Ma soprattutto, per l’elenco dei nomi bastava andare sul sito delle fiere, e per leggere le falsità sulle vendite non in calo, credere ai comunicati stampa pubblicati sempre sui website ufficiali…

  4. Ma stiamo scherzando?? “eccellente Bonakdar”!??! Con “stile Guenzani”?!?!?! Bah…
    E poi Monitor ha affiancato Ra di Martino a Guido Van der Werve??? Ma se aveva l’intero stand dedicato ad una personale di Alexander Singh!!!!!!!

  5. ma il tipo l’ha vista o no frieze?
    a differenza dello scorso anno ad esempio secondo il mio parere..modesto…ma parere era molto superiore..lo smalto manca a chi ha scritto quest’articolo mi sembra.

  6. Prego i lettori di accettare le mie scuse per il grave errore di aver messo Mona Hatoum tra i partecipanti del Turner Prize e a quanto pare urge una spiegazione:
    – per quanto riguarda le gallerie italiane a ZOO, non ci si riferive agli artisti esposti nello stand, ma a quelli di scuderia per il lavoro che stanno portando avanti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui