14 novembre 2003

resoconto artissima 2003 Artissima amarissima Torino, Lingotto Fiere

 
Eccoci al commento dedicato alla 10a edizione di Artissima, più che l’ultima fiera dell’anno la prima della stagione italiana che iniziata a settembre. Un’edizione che non conferma le attese, anzi, inaspettatamente, mette la kermesse più raffinata d’Italia alle corde. Tra crisi di mercato e una concorrenza sempre più agguerrita…

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Il 2003 è stato l’anno del trasloco nel Lingotto, sede storica della Fiat trasformata da Renzo Piano in un complesso multifunzionale tra i più belli d’Europa. Il cambio non ha certo giovato alla sofisticata fiera torinese, che nella vecchia sede di Torino Esposizioni appariva raccolta e ben distribuita. E’ da sperare che il rodaggio disastroso della nuova location serva a capire come non bisogna allestire una fiera.
L’organizzazione dei servizi è stata sciagurata: espositori costretti a noleggiare persino le prolunghe, con attese di ore, rimasti senza video perché esauriti, obbligati a sbracciarsi con il pubblico per ovviare ad una segnaletica assurda; ai visitatori non è andata meglio, nella giornata conclusiva pazientemente incolonnati all’ingresso, mica per la grande affluenza, ma per le poche casse aperte e l’esaurimento degli appendiabiti nel guardaroba (!).
La fiera ha dovuto fare i conti anche con le scarse vendite, prevedibile conferma di una crisi di mercato che riflette quella economica. Non bastasse, Artissima quest’anno ha risentito fortemente della concorrenza: fino all’anno scorso la collocazione  si giovava almeno di un calendario abbastanza tranquillo. Oggi Torino prende atto in un colpo solo dell’inevitabile crescita dei corrispondenti tedeschi, BerlinoPeres Projects e Colonia, del consolidamento del gemello americano di Art Basel, ArtMiami e, soprattutto, del grande successo dell’Frieze Art Fair di Londra, che è partita quest’anno a spron battuto con vendite da record. Tutte fiere programmate nello spazio di un mese o poco più; ce ne sono troppe in giro e con un’agenda così fitta, collezionisti e visitatori sono costretti a fare delle scelte, quelle stesse che, d’altro canto, fanno inevitabilmente anche le gallerie.
E’ inutile che ce la raccontino quelli di Artissima circa la conferma delle maggiori gallerie italiane e straniere; qui, elenchi alla mano, i conti non tornano: tolte le gallerie italiane costrette dalla crisi alla chiusura (The Box, No Code, Luigi Franco), quest’anno hanno disertato Torino nomi del calibro di Artcore, Brancolini, De Cardenas, Di Maggio, Lipanjepuntin, Lisson, Percy Miller, Guenzani, La Città, Studio Legale, Sergio Tossi. Detto ciò, Artissima resta un modello per le fiere d’arte internazionali, per la sua coraggiosa e competente caratterizzazione contemporaneistica. Ma non basta più, questa è la morale, perché gli altri non stanno a guardare. Così Torino incassa la prima sonora batosta della sua storia, con ben 10.000 visitatori in meno dello scorso anno, quando furono quasi 40mila. Bei tempi.

IL GIRO DELLE GALLERIE
David CasiniCompletiamo il quadro con un’analisi di quanto visto in giro, premettendo che è opinione diffusa che, anche per qualità e novità, questo decimo compleanno non ha portato molta fortuna ad Artissima .
Originale la proposta della berlinese Murata & friends, dove abbiamo visto scatoline realizzate con negativi fotografici, spugnette da make up dipinte, borse di McDonald trasformate in paesaggi di carta, uno splendido kimono. Gli artisti? Quelli migliori, tutti orientali: Tatsuya Higuci, Yuken Teruya, Junya Sato. Non le è da meno Peres Projects di L.A., con un allestimento coloratissimo, i folli Asianpunkboy e un paio di pittori da tener d’occhio, Dan Attoe e Chris Ballantyne.
Da Analix Forever (CH) bella prova degli italiani, con i disegni di Casini e Arienti, le foto di Francesconi (Marella aveva il video) e l’ultimo progetto di Alex Cecchetti: il suo Elk re degli alci è piaciuto a tutti, finendo anche nella selezione Video Lab.
Prevalentemente lavori vecchi da Peola (di Ghada Amer, di Candida Hofer, di Daniela Rossell) eccetto quel Thorsten Kirchoff che è piaciuto più per l’installazione vista in galleria, la scrivania fusa con una pianta di ficus, che per quei suoi leziosi quadri estroflessi.
C’è aria di candidature: quella di Yan Pei Ming per la scomunica, da Rodolphe Janssen (B), che anticipa il funerale al povero Wojtyla, quella per la galera di Giusi Pallara da Nicola Ricci, per le sue foto che saran pur bella ma, diamine, a ritrarre sempre bambine seminude uno sembra che se la tiri.
Cecchini si conferma serio professionista da Continua con Carchitecture , una mezza Nissan Micra ricoperta di palline da ping pong.
Della nutrita truppa spagnola (special guest quest’anno, con 16 gallerie) ci sono piaciuti i teatrini di Baltazar Torres da Magda Bellotti (E), anche se nelBrice Dellsperger complesso la partecipazione iberica paga una certa chiusura rispetto al panorama internazionale. Così accade che una galleria attenta, come Espacio Minimo (E), faccia un figurone con un artista italiano sempre ispirato come Francesco Impellizzeri: i suoi infantili Pensierini sono tra le poche opere geniali in mostra.
Tornando alle italiane, l’Ariete fa una personale alla facile pittura di Montesano, mentre da Colombo cade Salvino sul dramma cecèno. Piace l’allestimento della giovane T293, soprattutto per i tondi ricamati di Casini, ma anche per i lavori di Bacci e Gonzato, mentre tra le padovane Perugi ed Estro si invertono i ruoli: il primo non convince con uno stand troppo scarico e dispersivo, la seconda risolve ottimamente il piccolo spazio con nuove foto della Arzuffi e le ceramiche di Salvatori.
Nathalie Obadia (F) espone i piani della discussa cloaca di Delvoye (presentissimo dappertutto sull’onda della mostra di Prato), Beaumontpublic (L) un divertente video di Su-Mei Tse, Leone d’Oro all’ultima Biennale veneziana. Tra Lucas, Pettibon e Peyton, da Sadie Coles (GB) spunta anche Jonathan Horowitz, che documenta il disfacimento di Jane Fonda e Jerry Lewis; da Minini piace più Chiasera che Jota Castro, la cui ricerca suggerisce il commento seguente: che se ne fa Minini della retorica di ‘sto Castro (che mette Bush nel barile di petrolio per la francese Kamel Mennour) quando ha il genio di Simeti? Da Marconi, bello il video di Kubrick… ops, della Toderi, e bene anche Liliana Moro eMarcel Dzama la Bonvicini da Emi Fontana; i big De Carlo e Artiaco così cosà (ma l’Unità minima di senso dei Bianco-Valente resta sempre migliore rispetto agli ultimi lavori), meglio Pinksammer con gli A 12 e la Galegati.
Schipper & Krome (D) se la gioca con la bella accoppiata Carsten Holler-Angela Bulloch, Nicolai Wallner (DK) sfrutta il traino della copertina di Flash Art con Tal R, mentre Paul Stolper (GB) mostra di avere i cavalli di razza nella pittura: Richard Cuerden, Susan Hamston, Susie Hamilton e Grace O’Connor. E una pittrice interessante è anche Danielle Tegeder, fuori catalogo esposta da Mullerdechiara (D), con i suoi progetti strutturali di macchine impossibili.
Anche i lightbox di Giacomo Costa da Guidi & Schoen e Krinzinger (A) punta sul vecchio Azionismo ma ci concede anche Erwin Wurm. Batteria di video vecchi e nuovi della sempre brava Ene-Liis Semper da Art agents (D) e buona presenza senza strafare della Clementine (U.S.A.). Fabio Paris, oltre alla novità Silvia Chiarini, porta in fiera la net art con 2 progetti attesi: il nuovo virus degli 01.org (acquistato da un lungimirante collezionista romano) e la scultura di Ceolin, versione tridimensionale dei celebri landscapes realizzata da un fresa meccanica di precisione su tavola polimerizzata. Di fronte, registriamo il buon riscontro per la prima uscita della veronese Arte e Ricambi, con le foto di Andrea Galvani, video e disegni inediti di Delfina Marcello.
Cosmic (F), la galleria più trendy di Parigi, fa la personale alla Beecroft, Markus Grazia Toderi Richter (D) espone un divertente video di John Wood e Paul Harrison, legati e bersagliati da palle da tennis. E se Nicola Fornello conferma uno degli artisti più interessanti degli ultimi mesi, Von Hausswolff, Spencer Brownstone (U.S.A.) organizza un ottimo allestimento dove spicca un video splendido (visto in molte mostre in giro per l’Italia in questi mesi) di Sven Pahlsson, che ricostruisce in digitale un infinito supermercato senza loghi (alla Demand).
Nella sezione Present Future, gravemente penalizzata dalla posizione marginale e dai piccoli box male illuminati spiccano almeno uno Dzama che ha ritrovato la retta via, un Phil Collins impegnato sul tema scottante dei profughi che vince il premio Illy e l’eclettismo di Brad Tucker.
Ultima annotazione per la sezione Video Lab, che in pochi avranno visto, poiché non si possono perdere 2 ore di fiera chiusi là dentro; noi l’abbiamo fatto e nella desolazione totale segnaliamo: Zuffi datato ma bello, Jesper Just che fa il verso alla Larsson, le modelle sparate dalla baby gang di Georgina Starr, le spacconate sulle ragazze dei giovinastri di Rudelius e l’avventura tra il serio ed il faceto di Mateo Maté, perso in mezzo alle lenzuola del letto. Ma la palma la diamo a Brice Dellsperger con Body bouble 16 e al comico spot western di Alexander Gyorfi.

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Il commento all’edizione scorsa

alfredo sigolo

[exibart]

3 Commenti

  1. leggere un commento come quello di alfredo sigolo è desolante. citare pedofili i lavori di giusi pallara, di facile pittura i quadri di montesano, dequalificare salvino per il suo lavoro sulla guerra in cecenia, svilire lo stand della galleria perugi e compiacersi più di silvia chiarini che di jota castro è semplicemente da incompetenti. del resto, exibart sta diventando la fucina dei critici d’arte di scarsissimo livello (compreso il suo presuntuoso direttore). sarebbe meglio che si facesse meno fumo

  2. come mai non c’era la galleria raffaella cortese riportata tra i partecipanti?
    ho letto degli acquisti in fiera da parte dei direttori dei musei, soldi spesi bene? PERCHE I DIRETTORI DEI MUSEI NON PASSANO Stand x stand
    a guardare le opere visto che sono pagati per questo?domenica mattina, una conferenza sull’asse mi.to dove erano assenti artisti e galleristi…non invitati? E PERCHè?
    artissima , come miart è uno spaccato della situazione italiana …miracoli non se ne possono fare,parlare di nicchie è ridicolo finirà ancora di piu per ghettizzare quel poco di contemporaneo che c’è…che si inventino fiere e mostre mercato ovunque è positivo, ma non con soldi comunali o regionali che siano…

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