04 agosto 2021

Not An Artist: i professionisti dell’arte si raccontano allo IED

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Not An Artist è il progetto di ricerca dello IED – Istituto Europeo di Design dedicato alla formazione nell’arte contemporanea, un mondo che cambia rapidamente: la parola ai professionisti

Arte è una parola dalle infinite definizioni, tante quante le persone che la osservano, la praticano, la creano. Per esempio, cosa fa esattamente un designer museale? E un registrar? È proprio alle possibili sfumature del termine, sia in senso teorico che, soprattutto, dal punto di vista pratico, metodologico, che è dedicato NOT AN ARTIST, progetto di ricerca e di formazione condotto da IED – Istituto Europeo di Design, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como, nell’ambito di un ampio e costante aggiornamento dell’offerta didattica.

Punto di partenza, gli individui, i soggetti, i professionisti del panorama artistico e culturale contemporaneo, invitati a dialogare e a raccontarsi durante una serie di incontri, per delineare il complesso paesaggio di quelle professioni collaterali che contribuiscono a definire cosa possa essere e rappresentare l’arte, completando il lavoro di artisti e designer con competenze ed esperienze specifiche e ricercate, all’intersezione tra ambiti complementari.

Nel corso di una serie di appuntamenti, che pubblicheremo nei prossimi giorni, scopriremo di più sui vari aspetti di questo progetto.

 

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Oltre i confini delle discipline

Per attraversare il vasto mondo dell’arte e della cultura e delineare l’universo ancora più ampio di opportunità offerte, IED ha organizzato un workshop e una serie di webinar con professionisti di spicco provenienti dal network IED e non solo. Da un lato, gli esperti di arte contemporanea: Valentina Tosoni, giornalista, Marco Trevisan, art manager e consulente, Caroline Corbetta, curatrice, giornalista e critica d’arte, Gabriele Lorenzoni, curatore d’archivio e storico dell’arte, Pietro Ripa, consulente artistico per Private Banking, Giacomo Nicolella Maschietti, giornalista d’arte, Alessia Panella, collezionista, avvocata, docente, Fulvio Ravagnani, giornalista d’arte, Igor Zanti, curatore e critico d’arte. Dall’altro i creativi: Riccardo Balbo, architetto, Direttore Accademico IED, Giovanni Ottonello, docente di moda e design, direttore artistico, Elena Sacco, responsabile del brand, Federico Ferretti, designer, innovatore, Paola Pattacini, consulente di moda.

Ma poi, si sa, i confini si superano, la separatezza si trasforma in condivisione, le tracce lasciate si confondono, i percorsi si intersecano e le domande si amplificano. Chi sono i protagonisti del mondo dell’arte e della cultura contemporanee? Come si sta evolvendo ciascuno di essi? Si possono individuare delle tendenze? È necessario aggiornare le competenze esistenti o svilupparne di nuove per affrontare questa evoluzione? Qual è l’influenza che il mondo dell’arte esercita sul design, la moda e la comunicazione? Questi sistemi interagiscono gli uni con gli altri? Si possono individuare delle figure professionali comuni? Queste alcune delle domande emerse nel corso degli incontri, alle quali sono state fornite delle risposte che, a loro volta, hanno aperto altre questioni, seguendo due ulteriori linee di ricerca: scoprire il ruolo professionale dell’arte contemporanea ed esplorare i confini tra le discipline.

NOT AN ARTIST: le professioni

La ricerca di NOT AN ARTIST è iniziata identificando i protagonisti del panorama artistico e culturale contemporaneo e i professionisti coinvolti a diversi livelli e secondo le rispettive pertinenze: curatore, project manager culturale, registrar, restauratore/conservatore, imprenditore cultruale, educatore museale, designer museale, gallerista. Professioni super contemporanee ma anche sviluppate sul lungo periodo, rispondenti alle necessità dell’attualità e costruite su una solida conoscenza, che nel corso di una serie di interviste, hanno fornito agli studenti una panoramica concreta della loro attività. Qui trovate la pagina, in continuo aggiornamento, con le interviste realizzate fino a ora. Ecco l’identikit di alcuni dei professionisti intervistati.

La curatrice Daria Filardo ha raccontato la propria attività, inquadrandola nella prospettiva storica del Curatorial Turn, una svolta che, a partire dagli anni ’90, ha portato all’introduzione ufficiale del termine curatore e del verbo a esso associato, curare, anche al di fuori del linguaggio artistico. I musei, gli enti artistici e le gallerie hanno quindi accolto questo cambiamento in modi diversi, ricercando, in particolare, profili specifici, passando così dal curatore che aveva il ruolo principale e, forse, più tradizionale di organizzare mostre, a curatori di iniziative educative, gestori di collezioni, curatori d’archivio, galleristi, specialisti di artist liaisons. «I curatori possono quindi creare iniziative educative per approfondire il linguaggio visivo degli artisti o organizzare progetti partecipativi che coinvolgono diversi gruppi sociali e realtà complesse. Essere curatore oggi significa lavorare a filo diretto con artisti, pensatori, manager culturali».

Michele Trimarchi

Le arti e la cultura sono in continua evoluzione e, tra le tante possibilità, si stanno muovendo verso un nuovo modello basato su imprenditorialità e progettualità. Del concetto di “imprenditorialità culturale”, ne ha parlato l’imprenditore culturale Pietro Gaglianò, che ha spiegato come gli operatori culturali siano alla ricerca di professionisti capaci di un approccio creativo alla pianificazione e alla gestione, in grado di creare valore e innovazione. Dello stesso avviso il project manager culturale Michele Trimarchi, che ha parlato di come il sistema culturale si trovi ad affrontare non solo vincoli economici inaspettati ma, soprattutto, una società emergente e caratterizzata da una complessità sofisticata e da un desiderio di creatività: «La nostra è una professione ibrida, difficile da descrivere: delinea un mondo multidimensionale e affonda radici profonde nel nostro passato, pur essendo fortemente orientata al futuro, per superare i formati convenzionali e le strutture rituali».

Sul rapporto diretto con l’opera si è concentrato l’intervento di Federica Colombani, restauratrice, conservatrice: «Essere un restauratore significa preservare le opere d’arte per il futuro, rispettando i materiali che le compongono e il passare del tempo. È una professione che spesso implica un lavoro di ricerca, per stabilire quale sia l’intervento migliore da effettuare, senza alterare in alcun modo i materiali originali».  Un lungo processo di studio e di ricerca, che spesso va anche al di là dell’opera in sé, tra installazione, imballaggio e trasporto, collaborazioni con scienziati e colleghi su progetti complessi. «Il significato attribuito ai concetti di “restauro” e “conservazione” si è evoluto nel tempo e cambia continuamente sotto l’influenza dei complessi rapporti con questioni artistiche, sociali, filosofiche e storiche».

Nuovi ruoli per musei che cambiano

Se le opere d’arte aprono a relazioni in certi casi inaspettate, anche i luoghi che le conservano sono sempre più ibridi, coinvolgendo nuove figure professionali. A fare chiarezza sul ruolo del Registrar è stata Sandra Divari: «Si tratta di una professione che varia a seconda della dimensione, della storia e della missione del museo. Esistono registrar di collezioni permanenti e di mostre temporanee. I registrar si occupano dello spostamento delle opere d’arte e tengono traccia della loro collocazione. Organizzano e coordinano il trasferimento in sicurezza di opere d’arte in prestito ad altri musei, curando anche il trasporto, la sicurezza e gli aspetti assicurativi».

Sandra Divari

«Lavorare all’interno di musei e mostre d’arte è al contempo un privilegio e una sfida», secondo l’educatore museale Martino Margheri. «Partecipazione, coinvolgimento, accessibilità e inclusione sono alcune delle parole chiave per la realizzazione di programmi ed esperienze educative in un contesto museale. I professionisti che operano in questo ambito sono esperti di metodi didattici, strategie di coinvolgimento del pubblico, progettazione di esperienze e conoscono anche le tecniche di meditazione».

E se le attività cambiano, cambiano anche gli spazi: «Curare il design di un museo significa creare ambienti in grado di comunicare», ha spiegato Nicola Santini, Designer museale, che ha inquadrato i tre elementi di questo processo, l’opera d’arte, lo spazio e il pubblico. «Lo spazio esistente subisce una trasformazione, per mostrare l’opera d’arte nel modo più chiaro ed efficace possibile, proteggendola, comunicando informazioni riguardo ad essa e mettendola in relazione con altre opere o gruppi di opere».

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