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Le fotografie di Mimmo Jodice, un’occasione di raccogliere la poesia del reale
Fotografia
di Chiara Reale
«Ho fatto sempre con molta eccitazione tutte le foto che ho fatto. Tornando indietro le rifarei daccapo». La voce del maestro è un drappo di velluto su cui scorrono le immagini di alcune delle sue opere. Due ragazze cinesi, in abiti troppo estivi per la giornata piovosa, scandiscono il tempo fra una fotografia e l’altra con un “Aaaaah” di grato stupore. Non so se hanno già fatto il giro canonico della Napoli instagrammabile – il Murales di Maradona ai Quartieri, il Fiocco di Neve, il cuoppo fritto su Toledo – se sono qui per caso o scientemente ma se questo fosse il loro primo giorno a Napoli, non avrebbero potuto iniziare in modo migliore.

La mostra Mimmo Jodice. Napoli metafisica deve essere vissuta proprio così, come un’occasione. Lo è per chi si approccia alla città partenopea per la prima volta così come lo è per chi ne condivide quotidianamente gioie e dolori. Le fotografie di Mimmo Jodice sono divise in otto sezioni – Apparizioni, Vuoto, Da lontano, Monumenti, Statue, Archi, Colonne, Ombre – a loro volta disseminate in tre spazi del Maschio Angioino: la Cappella Palatina, la Cappella delle Anime del Purgatorio e l’Armeria.

Il visitatore è guidato in un cammino metafisico nel suo significato più puro. Il soggetto è calato in un contesto assolutamente straniante: sta a lui scegliere la chiave di lettura di una realtà che non è mai verità, ma solo un modo di vedere le cose. Il lavoro compiuto dal curatore Vincenzo Trione con l’artista evidenzia proprio questo: quanto la fotografia di Mimmo Jodice sia metafisica nell’approcciare la città, forse, più metafisica di tutte, Napoli.

A enfatizzare ciò vi è, nell’esposizione, l’accostamento delle fotografie di Jodice con l’esponente massimo dell’arte metafisica: Giorgio de Chirico. Nella sezione Archi – nella Cappella Palatina – il Real Albergo dei Poveri, un particolare di Marina di Licola, l’autoritratto a Castel Sant’Elmo, sono accostati all’opera metafisica per antonomasia: il famosissimo dipinto Piazza d’Italia con Fontana di de Chirico.


L’accostamento con de Chirico è un bell’esercizio estetico ma non necessario: nell’ambiguità del percepibile, la fotografia di Mimmo Jodice è di per sé metafisica indipendentemente dai confronti. L’opera di Jodice va oltre la realtà, per individuarne i segni come presagi, indicando l’immagine prima che appaia.

Particolarmente straniante, anche da un punto fisico, è l’istallazione delle opere esposte nell’Armeria. Nella sezione Vuoto, le fotografie appaiono come sospese, in un gioco di riflessi attraverso il pavimento in plexiglass che protegge i resti della necropoli ritrovata sotto la sala. Qui la mostra fotografica è più che mai un’istallazione da vivere fisicamente, lottando con l’atavico timore di cadere nel vuoto: tutta la stratificazione (quella di Napoli? Della fotografia del maestro?) e la molteplicità del reale sono rese in modo semplice e nitido.

Ma è nell’ascoltare l’artista, possibile nel bel documentario di Mario Martone, Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Jodice (2023), visibile nella sala della Cappella delle Anime del Purgatorio, che si comprende quanto Jodice sia anche in grado di superare l’arte metafisica per consacrarsi all’eternità. Lo fa alla maniera dell’arte classica, in quanto priva di definizione, l’arte che a nulla appartiene se non a se stessa. Lo spiega con pacatezza, nel modo semplice e illuminante che lo contraddistingue, quando spiega come lavora sul “taglio” della fotografia.

Avere a che fare con la fotografia di Jodice vuol dire vivere dentro l’immagine: come dal vero, si considera ovvia la presenza di ciò che non è incluso nel campo visivo. Mimmo Jodice è visionario eppure assolutamente presente nel qui e ora. Non una ma mille storie è possibile costruire intorno a ogni singola fotografia di Mimmo Jodice, tutte assolutamente vere. Il maestro fa un regalo alla sua città, così tante volte monocroma nella versione oleografica attribuita dal cliché.
Questa mostra è un’occasione. L’occasione di guardare in faccia la Sirena che tutti cercano di catturare con la rete dell’interpretazione ma che, indomita, sfugge fra i flutti delle mille realtà a cui appartiene.

Il progetto espositivo è promosso dal Comune di Napoli, in collaborazione con lo Studio Mimmo Jodice e la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, finanziato dalla Regione Campania nell’ambito di Napoli contemporanea 2025, il programma di mostre e installazioni voluto dal sindaco Gaetano Manfredi e curato da Vincenzo Trione.