29 luglio 2009

in fumo_recensioni Fragola e Cioccolato

 
Un'esplosione di colore vivo nell'intimità di una coppia fuori dagli schemi. Che si accompagna a un desiderio continuo e inappagabile, narrato con ironia. Aurélia Aurita crea un piccolo capolavoro contro i benpensanti. A favore del piacere sessuale...

di

Un viaggio attraverso le sensazioni erotiche raccontate con poco pudore ed estrema genuinità. Il rapporto sessuale vissuto con una naturalità unica e una leggerezza che appartiene all’esistenza comune. Il timore e la spensieratezza che si aggregano, creando un connubio in bilico fra l’ironia e la tristezza, fino all’imbarazzo e al dubbio.
Questi tratti sono tutti racchiusi nel lavoro dell’autrice franco-giapponese Aurélia Aurita (all’anagrafe Chenda Khun, classe 1980) e caso editoriale in Francia e Belgio. Aurélia ha il buon merito di saper narrare con essenzialità ciò che altri potrebbero mistificare in cerca di valori e ideali, creando percorsi distaccati dalla mera realtà dei fatti. Per questo il suo volume può esser letto tutto d’un fiato, apprezzandone il lato intimo-diaristico (sebbene lei neghi, con pungente ironia, che l’intera narrazione sia autobiografica) e ritrovando schemi e parallelismi vissuti sia in prima persona che per conto terzi.
La storia è quanto di più semplice si possa ritrovare: la protagonista, una disegnatrice di 25 anni, coglie l’occasione di un viaggio di lavoro in Giappone per far visita a Frédéric (al secolo, il disegnatore Frédéric Boilet), 44enne francese conosciuto quattro mesi prima a Parigi, con cui ha avuto una lunga corrispondenza amorosa. Una volta che i due si rincontrano basta poco perché la passione esploda e inizi un rapporto prettamente fisico.
Aurélia non tralascia all’immaginazione del lettore nessun passo della relazione tra la protagonista e l’aitante 44enne, mostrando con tempi studiati amplessi e posizioni, ma senza mai cascare nell’esibizionismo fine a se stesso o in una visione pornografica per un consumo veloce. LUna vignetta di Fragola e Cioccolatoa piccola disegnatrice si perde così nella passionalità di Frédéric e al tempo stesso s’interroga su ogni piccolo dettaglio, sia questo insignificante oppure preponderante.
Si può ridere nelle evoluzioni dei due per piccoli accadimenti imbarazzanti così come ci si può interrogare, assieme alla protagonista, su quanto una relazione nata in maniera così esplosiva si possa protrarre tra due persone tanto distanti come mondi e come realtà anagrafiche. Un esempio palese è il classico “Ti amo” sussurrato dalla ragazza al primo contatto affettuoso, dopo un’intensa evoluzione fisica, che non trova un’immediata risposta da parte dell’uomo. Ma ciò non stravolge l’intesa tra i due e decade come una foglia al vento.
C’è quindi edonismo nel narrare di Aurélia, quasi un inno alla libertà personale di provare e sperimentare sensazioni con una contrapposizione palese a un mondo che vuole e pretende integrità morale e guarda con disprezzo chi si lascia andare.
L’autrice non cade mai negli schemi imposti dal racconto standard, regalando un viaggio che non ha, teoricamente, né un punto di partenza né una fine, ma solo piacere e qualche lacrima per i fraintendimenti del caso. Il suo tratto è fresco, semplice e risente di una contaminazione tra l’essenzialità francese, usata per delineare i tratti dei corpi e dei background, e le espressioni comiche così tipiche di un manga del Sol Levante. Un connubio surreale così come l’opera narrativa di Aurélia.
E se Joann Sfarr, nella divertente introduzione al volume, si dichiara imbarazzato e al tempo stesso curioso di leggere questo racconto poiché conosce entrambi i protagonisti, noi possiamo limitarci a sbirciare tra le pagine, sollevandoci all’idea che un po’ tutti potremmo trovarci in situazioni da Fragola e Cioccolato.

matteo benedetti

la rubrica in fumo è diretta da gianluca testa


Aurélia Aurita – Fragola e Cioccolato
Coniglio, Roma 2009
Pagg. 144, € 14
ISBN 9788860631886
Info: la scheda dell’editore

[exibart]

1 commento

  1. Bellezza e poesia fuori corso? di Matilde Perriera, Liceo Classico, Caltanissetta. Piccolo capolavoro sconosciuto sulla discriminazione. La società cubana anni ‘70 con le sue contraddizioni, le difficoltà, le emozioni forti. Tesi antidogmatiche, libertà di idee, comportamenti violenti, intolleranza ideologica, angoscia di rapporti prematrimoniali, pregiudizi che soffocano brillanti iniziative e coraggiose impennate, microstorie che scoprono torbide verità della macrostoria, difficile situazione degli omosessuali sotto Fidel Castro. Tanti gli entrelecement nel nucleo portante con battibecchi scoppiettanti in un appartamento ingentilito dal bagliore della voce di Maria Callas fra David e Diego, un uomo etero e un omosessuale, un castrista militante e un raffinato cultore della cultura nazionale. Chi, alla fine, imparerà tanto e da chi? Quanto mai attuali i 110 minuti di Tomás Gutiérrez Alea, Juan Carlos Tabío, il regista che, per la sua urgenza di comunicare, reinterpreta le pagine di Senel Paz in “Fragola e cioccolato” (1994). La commedia agrodolce, briosa, ironica, apparentemente leggera avvicina lo spettatore alla campagna istituzionale contro l’omofobia promossa nel 2009 da Mara Carfagna, Ministro per le Pari Opportunità, polemica nei confronti degli atteggiamenti selettivi generati contro le “spie del capitalismo”. Il giovane universitario è sconvolto per la delusione sentimentale con Vivian; con smaccati atteggiamenti, viene avvicinato da Diego in procinto di allestire una mostra d’arte. Malgrado la reticenza iniziale, nasce l’amicizia, intessuta dalla profonda ammirazione del ragazzo comunista per Diego, personaggio meravigliosamente umano, dolce e forte allo stesso tempo, vittima di paure patologiche, di avversioni immotivate e irrazionali in una società che ostacola la creazione di menti aperte, di liberi pensatori nei confronti dell’ambiente costrittivo e acritico in cui è cresciuto. David, seppur infastidito dai vezzeggiativi effeminati, è attratto dai dialoghi serrati di Jorge Perugorría, dalla varietà dei suoi interessi culturali, dalla possibilità offertagli di leggere opere d’autore proibite e di ascoltare musiche introvabili; con crescente ammirazione, ne apprezza l’ospitalità, la generosità, la cordialità disinteressata. Vladimir Cruz, avvinto in una spirale di crescita, conosce Nancy, vicina di casa del nuovo “amico”, ufficialmente vigilante del regime, che, delusa dall’ideologia, tenta il suicidio e diventa un pilastro dell’avventura esistenziale di David; Mirtha Ibarra, indotta dallo stesso Diego, offre al “neofita” la prima esperienza sessuale, liberandolo dalla cocente delusione procuratagli da Vivian e dalle limitazioni imposte in pubblico a Diego. Il profondo abbraccio fra Vladimir Cruz e Jorge Perugorría, quando quest’ultimo decide di lasciare Cuba per sottrarsi alla persecuzione politica causata dalla propria “diversità”, testimonia la maturazione spirituale di David. Orso d’argento a Berlino e 4 premi al 15° Festival dell’Avana per un film che, ambientato nel 1979, introietta un messaggio di fondamentale importanza in un luogo che sarebbe dovuto essere così ideologicamente aperto. No allo Stalking. Combattere la violenza come mentalità e come pratica di vita, “giudicare qualcuno solo per il bene o il male che fa agli altri e non perché lo si crede diverso … in una società in cui i nastri di partenza per la corsa della vita dovranno essere gli stessi per tutti” (Mara Carfagna).

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